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ROMA

Zona rossa, quando il Comune diventa magnaccia

Vendere il proprio corpo riguarda la legge naturale, quei famosi principi non negoziabili di Benedetto XVI, mai andati, almeno loro, in pensione. Lo Stato, dunque, almeno non dovrebbe promuovere la prostituzione, contrariamente a quel che propone di fare il IX Municipio di Roma, con lo "zoning".

Famiglia 15_11_2014
Quartiere a luci rosse (Amsterdam)

Si chiama zoning ma si pronuncia “quartiere a luci rosse”: dedicare una zona della città di Roma – si pensa a quella che va dall’Eur alla Pontina – al meretricio (clicca qui). 

È un’idea promossa dal presidente del municipio IX di Roma, Andrea Santoro, che l’ha battezzata “Michela”, in omaggio ad una prostituta sopravvissuta per miracolo ai suoi aguzzini nel 2012. Le motivazioni sono quelle classiche quando si parla di prostituzione. Ad esempio, il format, dicono in molti, “funziona” all’estero. Niente più maltrattamenti, le lucciole pagano pure le tasse, il tutto avviene in un contesto controllato ed ordinato, il decoro e il pubblico pudore sono fatti salvi e i passanti non dovranno più volgere lo sguardo altrove per evitare di assistere a spettacoli indecenti. Lo zoning sessuale pare tanto assomigliare ad una discarica, ad un centro di raccolta di rifiuti (umani): concentriamo e delimitiamo lo sporco civico, questa è la soluzione.

Tutti felici dunque? Tutti fuorché la morale naturale. Eh sì, perché anche vendere il proprio corpo riguarda la legge naturale, quei famosi principi non negoziabili di Benedetto XVI, mai andati, almeno loro, in pensione. Le facoltà sessuali – al pari della vita, della libertà e dell’integrità fisica – sono un bene indisponibile e non certo da prezzare. E dunque lo Stato, che dovrebbe tutelare la persona nella sua interezza, non può legittimare – seppur di tangente inventandosi un’isola sessuabile – una condotta che andando ad intaccare un bene così prezioso non fa che intaccare di riflesso anche il bene comune. Al più può tollerare, cioè non punire, perché giustamente il fenomeno non si combatte con le manette, bensì con una profonda azione culturale, soprattutto tenendo a mente che la maggior parte delle donne che battono i marciapiedi lo fanno perché schiave. E dunque non avrebbe senso recludere chi è già reclusa dal suo lenone.

Dire no allo “zoning” non è uno dei tanti moralismi da baciapile cattolico, bensì una radiografia della natura umana che chiede di venire rispettata, anche quella delle prostitute.

Ed infatti è curioso che tutti, almeno in pubblico, abbiano repulsa della prostituzione, compresa quella volontaria, e poi tutti o quasi apprezzino una trovata per incoraggiare la prostituzione. Curioso poi che oggi sempre più vada di moda al fine di eliminare alcuni problemi sociali la soluzione di legittimare il problema. È l’uovo di Colombo. Se qualcosa si oppone al bene comune, non bisogna sconfiggerlo, bensì regolamentarlo, così continuerà con l’avvallo dello Stato o delle sue amministrazioni locali ad erodere il bene comune, ma lo farà secondo tutti i crismi del codice e quindi tutti staremo tranquilli. Perché una prostituzione esercitata alla luce della legge ha un effetto camomilla sulle anime belle e possiede anche un secondo effetto, l’effetto incentivante. La zoning presto infatti si riempirà di prostitute e clienti perché zona franca.

L’importante, sui temi sensibili come questo, dunque, non è capire se il lavoro più vecchio del mondo sia giusto o sbagliato – questo lo lasciamo agli specialisti di morale – l’importante è che avvenga in modo pulito, tecnicamente controllabile, con tanto di richiesta di occupazione di suolo pubblico (ci arriveremo, non temete), con presidi medici per tutelare la salute della donna e del cliente. Sono gli stessi ingredienti presenti in certi cocktail micidiali che il diritto e la politica già ci ha fatto bere in altre occasioni: no alle mammane, sì all’aborto sicuro in ospedale; no ai suicidi improvvisati di gente che si butta dai cornicioni, sì alla dolce morte in cliniche specializzate dove si varca l’estrema soglia con sottofondo di musica di Mozart; no al far west della provetta e al fai da te, sì a regole certe e protocollate da Sua Santità lo Stato. Il male per farlo bene bisogna organizzarlo.

Ed invece la soluzione alla prostituzione non è la sua agevolazione. Lo diceva anche Don Oreste Benzi, il quale a Rimini, in accordo con le forze dell’ordine, aveva fatto piazza pulita delle lucciole. Come? Semplicemente facendo pattugliare le strade per dare civicamente fastidio ai clienti. Ma Don Benzi, se da una parte scacciava la prostituzione, dall’altra andava in cerca delle prostitute, una ad una. Fedele al cattolicissima massima che ci ricorda che dobbiamo essere severi con il peccato, ma misericordiosi con il peccatore.