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INTERVISTA

Zen: «A Hong Kong rischiamo un’altra Tienanmen»

A 31 anni esatti dal massacro di piazza Tienanmen a Pechino, nubi scure volteggiano su Hong Kong: «I giovani coraggiosi che difendono l’autonomia e la libertà di Hong Kong, sono picchiati, arrestati, torturati». «Purtroppo, vista la situazione ai vertici del Partito comunista a Pechino, non ci possiamo aspettare molto di buono». «Come cristiani ci mettiamo nelle mani di Dio, difendendo la verità e la giustizia, pregando per la conversione dei nostri persecutori». Parla il cardinale Joseph Zen, vescovo emerito di Hong Kong.

Esteri 04_06_2020 English Español

Il 4 giugno 1989 il governo cinese mise fine a mesi di proteste e richieste di riforme democratiche, inviando i carri armati a schiacciare letteralmente i manifestanti che da settimane occupavano l’enorme piazza Tienanmen, nel cuore di Pechino. Fu un massacro il cui bilancio reale non è mai stato accertato – va da poche centinaia a diverse migliaia di morti – e che sconvolse l’opinione pubblica internazionale.

A distanza di 31 anni si osserva con preoccupazione un’analoga dinamica che riguarda l’ex colonia britannica Hong Kong, tornata nel 1997 sotto la sovranità della Cina, ma con l’accordo che avrebbe mantenuto per 40 anni lo stesso sistema garantito dal Regno Unito.

Invece da alcuni mesi Hong Kong si trova in una situazione di grande disagio sociale e politico, minacciata di perdere l’autonomia promessa nella sua mini costituzione, la Basic Law, a causa dell’imposizione di una legge sulla sicurezza nazionale voluta direttamente dal governo centrale cinese: una legge non ancora scritta ma già approvata dagli organi legislativi di Pechino. Tutto questo desta enorme preoccupazione a livello internazionale. Il Cardinale Joseph Zen, arcivescovo emerito di Hong Kong, è sicuramente una delle voci autorevoli della resistenza a questi cambiamenti nel territorio. Nell’anniversario dei fatti di piazza Tienanmen gli abbiamo rivolto alcune domande.

L’anniversario del massacro di piazza Tienanmen, sempre ricordato con una fiaccolata a Hong Kong, quest’anno sembra avere un sapore particolare. Che ne pensa?
Certo, quest’anno con tutte le cose che sono capitate, noi siamo quasi quasi alla vigilia di un’altra Tienanmen. Questo perché in questo tempo hanno veramente usato tutti i modi per schiacciare le nostre legittime proteste, la polizia è diventata quasi come le belve. Sono sorpreso nel vedere che i nostri giovani coraggiosi che vogliono difendere l’autonomia e la libertà di Hong Kong vengano arrestati, picchiati, torturati. Con questa minaccia della legge per la sicurezza nazionale, siamo veramente preoccupati. Quest’anno ovviamente non ci permettono la solita commemorazione che facciamo ogni anno, e questo aumenta la nostra inquietudine e anche la nostra indignazione per la privazione della libertà di cui abbiamo sempre goduto in tutti questi anni.

Secondo lei, la pressione internazionale può aiutare a risolvere i problemi molto complessi in cui si trova Hong Kong in questo momento e convincere la Cina ad avere un atteggiamento diverso?
Non lo sappiamo, anche perché c’è da tener presente che anche nel governo cinese, nel partito comunista, ci sono delle divisioni. Possiamo sperare che ci sia ancora qualcuno moderato che consigli di non essere troppo duri. Ma si ha l’impressione in questo momento che il leader cinese è in una situazione in cui ha paura e quindi voglia mostrarsi forte e di conseguenza voglia imporre questa legge che - dovrebbe essere chiaro - farà del male a tutti: non solo alla gente di Hong Kong, ma anche alla comunità internazionale, e alla Cina stessa. Ma in questo momento si fanno pazzie, ci si intestardisce per andare contro tutto il mondo, e quindi non c’è un granché di buono da aspettarsi.

La situazione che sta vivendo Hong Kong, che influenza può avere sulla nomina del nuovo vescovo titolare della città, dopo un anno e mezzo che si è ancora sotto amministrazione apostolica?
Noi sappiamo che a Roma sono in una situazione di incertezza. Noi non abbiamo notizie sicure, ma dai mass media apprendevamo che all’inizio ci fosse l’idea di fare vescovo mons. Joseph Ha, che sarebbe molto buono, in quanto fa le cose secondo l’insegnamento della dottrina sociale della Chiesa. In questo tempo è stato molto con i giovani, è un leader di cui abbiamo bisogno. Però, dall’altra parte, dicono che “questo vescovo Ha ha avuto posizioni critiche sul governo e invece ci sarebbe bisogno di un vescovo che gode della benedizione di Pechino”. Questo è sbagliato, perché non possiamo avere criteri politici sopra quelli religiosi! Noi dobbiamo avere un leader che ci guidi in questi tempi, non uno che ceda volentieri alle pressioni del partito comunista. È più di un anno e siamo sulle spine, anche perché in tutto questo tempo il Vaticano ha cercato di compiacere il governo di Pechino, non ha mai detto niente sulle cose malvage che sono state fatte. Ora tutto il mondo vede come la brutalità della polizia sta torturando i nostri giovani: li picchiano, li arrestano, e non è stata detta dal Vaticano una parola in loro soccorso. Questo ci lascia preoccupati.

Come un cristiano dovrebbe vivere tempi così difficili?
Un cristiano crede nella misericordia di Dio, crede in Gesù morto e risorto, crede che noi dobbiamo sempre fare in coscienza quello che il Signore si aspetta da noi. Noi abbiamo la dottrina sociale della Chiesa, per fortuna, che ci dice di essere buoni cittadini, ma sulla base della giustizia e dell’amore. Allora di fronte a questa situazione orribile ed apocalittica, alla vigilia quasi di un’altra Tienanmen, cosa possiamo fare? Noi ci fidiamo della bontà di Dio, noi ci mettiamo nelle sue mani, avendo il coraggio di difendere la verità e la giustizia, pregando anche per quelli che ci fanno soffrire, perché si convertano, perché capiscano che fare la giustizia e il bene è a vantaggio di tutti. Abbiamo solo questo da scegliere. Confidiamo anche nell’aiuto della Madonna Ausiliatrice.