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L'ANNUARIO ISTAT

W i single, la famiglia muore. Per forza, visti gli attacchi

L’Italia sprofonda con la famiglia, cresce la "famiglia" dei single. È la fotografia dell'Annuario Istat. Per forza: difendere la famiglia naturale è omofobia, e se i media la dipingono come cupa, per quale motivo i giovani dovrebbero desiderarla?

Famiglia 31_12_2019

L’Italia sprofonda perché sprofonda la famiglia. È la fotografia della nostra penisola – non certo inattesa, ma per questo meno drammatica – emergente dall’ultimo Annuario Istat che, a parte qualche raro spiraglio di luce (come il lieve aumento, pari all’1,5%, degli stipendi dopo 9 anni), ritrae un Paese senza futuro e, soprattutto, senza voglia di futuro. Sì, perché ancor prima e ancor più di divorzi e separazioni, il dato che maggiormente colpisce è il diffondersi di quella che statisticamente viene classificata come «famiglia unipersonale»: i single, in pratica.

Un fenomeno per celebrare il quale, ieri, Huffington Post titolava: «Una famiglia su tre è composta da una sola persona». Inutile, evidentemente, ribattere che se si è soli non si può essere famiglia, e viceversa. Tuttavia, né l’Istat quando parla di «famiglia unipersonale» né Huffington Post quando quasi ne festeggia la diffusione hanno torto. Nel senso che la cultura individualistica e narcisistica ha proprio nell’individuo isolato il suo emblema e, nella famiglia – quindi nella condivisione e nella relazione – il suo opposto.

Da questo punto di vista, insomma, l’Italia non sta facendo altro che conformarsi al pensiero dominante, che ha nell’io elevato a misura di tutte le cose il proprio paradigma. Un paradigma ideologicamente fondato sul concetto di autodeterminazione assoluta e che può pure vantare una resa economica – i single sono consumatori assai più di mariti e mogli o, più ancora, di padri e madri -, ma che sconta un limite enorme: elimina il futuro. Se si è soli, infatti, non si genera. Certo, la biotecnologia ormai consente anche ai single di diventare genitori, ma fortunatamente si tratta, ad oggi, di casi isolati.

La gran parte di società single difatti tale rimane proprio perché, come si diceva, ha smesso di pensare il futuro. Di progettarlo. Forse perfino di desiderarlo. Ed è questo, al di là di numeri oggettivamente  sconfortanti, l’aspetto più tragico. Come siamo arrivati, pur in un Paese di tradizione cattolica, a questo punto? Le cause, evidentemente, sono molteplici e lo stesso edonismo non si è certo imposto, come mentalità, dall’oggi al domani. Tuttavia una cosa è chiara: lo scenario odierno è anche esito di una decennale guerra culturale ai danni della famiglia.

Basti pensare al modo con cui le famiglie, a partire dalle più numerose, vengono sistematicamente irrise dai media. Illuminanti, a questo proposito, sono le risultanze di una ricerca con cui si sono esaminati 1.100 articoli pubblicati dalle testate tedesche tra il 2011 ed il 2012, rilevando in definitiva come, di queste famiglie, la stampa parli quasi esclusivamente in relazione a problemi – come i troppi oneri finanziari, i conflitti di convivenza e gli alloggi precari – e in oltre il 40% dei casi offrendo comunque un’immagine negativa della famiglia tradizionale.

Siamo persino arrivati al punto in cui, culturalmente parlando, la cosiddetta famiglia tradizionale non può più essere difesa né promossa. Neppure - ed è paradossale - dalle stesse persone omosessuali. Lo dimostra, tra i tanti esempi possibili, quanto accaduto nel marzo 2015, quando uscì nelle edicole il settimanale Panorama con in copertina gli stilisti Domenico Dolce e Stefano Gabbana – gay dichiarati – ritratti con un titolo chiarissimo: «Viva la famiglia (tradizionale)». Ne seguì una polemica che, come noto, costrinse i due a scusarsi pubblicamente.

Ma se la famiglia naturale non può più essere difesa da alcuno, pena l’accusa di bigottismo e di omofobia, e se i media fanno a gara per offrirne una immagine cupa e sconfortante, per quale motivo i giovani italiani dovrebbero desiderare di farsene una, magari mettendo al mondo dei figli? Attenzione: non si sta riducendo la crisi dell’istituto familiare alla sola battaglia culturale contro di esso. Ma certo non si può neppure, oggi, piangere o celebrare il boom della «famiglia unipersonale» fingendo che sia un caso. E che non ci siano forze e poteri che, da decenni, remano proprio in quella direzione.