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Sanzioni alla Russia

Via al blocco del petrolio. Ma ci credono in pochi

Via libera al sesto pacchetto di sanzioni alla Russia, ma il tema centrale del petrolio è cosparso di dubbi nonostante la von der Leyen dica che sarà tagliato il 90% delle importazioni. Ma gli Stati - Germania, Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca - hanno preso solo dei generici impegni e molto in là nel tempo. 

Attualità 01_06_2022

Le sanzioni sono l’esclusivo strumento per la pace? No, soprattutto quando la clava finisce per colpire i propri cittadini ed imprese. Dopo il discorso del Presidente Von der Leyen dello scorso 4 maggio e diverse settimane di lunghe trattative con i paesi centro europei (Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia) lunedì, primo giorno della Riunione Straordinaria del Consiglio Europeo, i leader dell'UE hanno raggiunto un compromesso che vieta le importazioni di petrolio russo via mare entro la fine dell'anno, senza però arrivare a un embargo totale.

L'embargo parziale includerà il petrolio e i prodotti petroliferi, ma consentirà un'esenzione temporanea per l’importazione di greggio tramite oleodotti. Il Presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha salutato l’accordo come un successo, dicendo che l’intesa «copre immediatamente più di 2/3 delle importazioni di petrolio dalla Russia, tagliando un'enorme fonte di finanziamento per la sua macchina da guerra», nell’obiettivo di sottoporre la Russia alla «massima pressione per porre fine alla guerra».

Gli ambasciatori dei paesi europei a Bruxelles dovrebbero formalizzare la decisione oggio, dando il via libera al sesto pacchetto di sanzioni alla Russia. La Presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen, la prima ad aver proposto un bando totale dei prodotti petroliferi e gas russi, ha dichiarato che la decisione presa lunedì «taglierà di fatto circa il 90% delle importazioni di petrolio dalla Russia all'UE entro la fine dell'anno», poiché Germania e Polonia si sono impegnate a rinunciare alle forniture attraverso un oleodotto nel loro territorio.

Ma su questo punto, i dubbi permangono e l’impegno dei due paesi non è per nulla formalizzato. La Repubblica Ceca invece ha ottenuto un'esenzione di 18 mesi durante i quali sarà possibile importare prodotti realizzati con il petrolio russo. Dall'inizio della guerra della Russia contro l'Ucraina, l'UE ha pagato alla Russia un totale di 56,5 miliardi di euro, in cambio di forniture di combustibili fossili, con pagamenti per il petrolio che hanno raggiunto quasi 30 miliardi di euro, contabilizzati in forniture di greggio.

Il testo concordato tra i capi di stato e governo europei è comunque un passo indietro rispetto alla proposta iniziale della Commissione, che prevedeva il divieto immediato di tutte le importazioni di petrolio. Diversi Paesi dell'UE che dipendono fortemente dalle forniture di petrolio russo attraverso gli oleodotti, hanno voluto introdurre meccanismi di garanzia ed esenzioni specifiche, affinché la decisione, non distruggesse le proprie economie e il benessere sociale dei propri paesi.

In particolare, la scelta di non vietare l’importazione di idrocarburi attraverso gli oleodotti, è stata una richiesta fondamentale dell'Ungheria (appoggiata da Repubblica Ceca e Slovacchia) data la dipendenza dal petrolio fornito dalla Russia attraverso l'oleodotto Druzhba. Altro limite dell’accordo europeo è la mancanza di definizione dei tempi sulla durata delle esenzioni alle importazioni di petrolio fornito tramite oleodotti.

Il comunicato finale del vertice afferma che i leaders europei «torneranno sulla questione dell'eccezione temporanea per il petrolio greggio fornito tramite oleodotto il prima possibile». Viktor Orban ha chiesto anche garanzie sulla possibilità di acquistare petrolio via mare se le forniture russe venissero sospese od interrotte l'oleodotto Druzhba. Una preoccupazione fatta propria dalla Commissione che ha previsto, «in caso di improvvise interruzioni delle forniture, misure di emergenza per garantire la sicurezza dell'approvvigionamento».

I ministri di Croazia Davor Filipovic e ungherese Peter Szijjarto hanno, a margine della riunione dei capi dei governi europei, siglato un accordo per l’utilizzo delle infrastrutture energetiche, raffinerie ed oleodotto adriatico, per far fronte all’approvvigionamento ungherese e di altri paesi centro europei.

Altre misure proposte come parte del sesto pacchetto di sanzioni includono l'esclusione della più grande banca russa, Sberbank, dal sistema di pagamento internazionale SWIFT, la messa al bando di altre tre emittenti statali russe e l'inserimento nell'elenco delle persone bandite dalla UE di coloro che hanno commesso crimini di guerra in Ucraina. I leaders europei hanno invece affrontato i temi della difesa comune e della sicurezza alimentare, attraverso Bulgaria e Romania, anche a seguito degli effetti che si produrranno sull’approvvigionamento di beni alimentari dalla guerra della Russia in Ucraina.

Il nostro paese, senza nucleare e risorse energetiche dell’Adriatico, dispone di una limitata capacità energetica propria e dunque, non è né autosufficiente, né (vedi l’accordo croato-ungherese), potrà esser utile ad altri paesi del centro Europa. Una parte dei problemi sono stati ricordati, oltre alla necessità una strategia europea e un tetto comune al prezzo del gas, dall’Amministratore di Eni, Descalzi al Corsera del 31 maggio: «Il gas è già aumentato di 5-6 volte da inizio guerra» ma noi saremo in grado di sostituire «interamente il gas russo nell’inverno 2024-2025». E sino ad allora? La politica pare accecata da una vis sanzionatoria, recentemente rappresentata dal ministro degli Esteri Di Maio, ma l’aumento del costo della vita rilevato dall’Istat e l’aumento dei prezzi di prodotti alimentari del 50% negli ultimi due anni, insieme a quelli energetici, porteranno cittadini ed imprese alla chiusura e fame.

La risposta di Mosca alle decisioni di Bruxelles? La Russia troverà altri acquirenti per i propri prodotti petroliferi.