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CAMPAGNA FALLIMENTARE

Uno zuccherino alle signore, l'ipocrisia di Trenitalia

La disastrosa campagna di Trenitalia per l'8 marzo con una misera caramellina solo per le donne della Business. Ma come dare torto all’azienda? In effetti è questo che si offre oggi alle donne: tanti insulsi zuccherini e zero sostanza. Le filippiche sul sessismo, i neopuritanesimi alla “Se non ora quando”, le insultanti quote rosa. Volete fare qualcosa per le donne (e anche per gli uomini)? Cominciate a ridarci gratis i gabinetti, oggi a pagamento. E magari puliti. 

Editoriali 07_03_2019

Rari, misteriosi e densi di significato come le coincidenze significative junghiane, appaiono ogni tanto sulla cronaca degli episodi-simbolo che - in un solo flash disarmante e intuitivo - restituiscono interi trattati di sociologia. 

È il caso dell’iniziativa disastrosamente fallimentare di Trenitalia che tutta la nazione sta sbertucciando: “In occasione della Festa della Donna, il prossimo 8 marzo sui treni Frecciarossa e Frecciarossa 1000, se sei una cliente e viaggi in Executive, o se acquisti un Menù Easy Gourmet o usufruisci del servizio Bar o del Ristorante, riceverai in omaggio una caramella gelèe Caffarel al limone. L’offerta è valida solo l’8 marzo e le caramelle saranno regalate salvo esaurimento scorte”.

Una caramella (una, si badi) peraltro con il francesismo dall’accento sbagliato e il nome dello sponsor in neretto (giusto perché i conti devono tornare per tutti). 

Da notare l’idea dell’elegante pendant del colore giallo limone che ricorda quello della mimosa. 

Prima di passare - presumibilmente - a offrire un sacchetto di altrettanto gialle bucce di patata per le signore che, invece, viaggiano in Economy, i responsabili del marketing di Trenitalia si sono resi conto dell’orrore e hanno ritirato immediatamente l’iniziativa. Troppo tardi: il post era già esploso sui social, corredato da esilaranti commenti tra cui uno, memorabile, che recitava grossomodo: “Corro a Casablanca a cambiare sesso! Quando mi ricapita un'offerta del genere?”.

Adesso  c’è qualcuno nell’azienda ferroviaria che vorrebbe non essere mai nato, ma al di là delle pur giustificatissime ironie, l’iniziativa rivela le ipocrisie e le prese in giro nascoste dietro la retorica femministoide della Festa della Donna. 

Le donne trattate come bambine deficienti: lo zuccherino di una finta galanteria da parvenu, l’affettazione retorica sull’8 marzo che poi in realtà si traduce in una presa per i fondelli. Un quadro perfetto.

Omaggiare con una caramella (per giunta sponsorizzata) signore che pagano il biglietto Roma-Milano alla modica cifra di 480 euro è una cafonata che in confronto i Casamonica passano per i fratelli di Lord Brummel. Come al solito, il commento delle femministe non è pervenuto: preferiscono baloccarsi con le parole, come Michela Murgia, con il concetto di patria e matria e gli asterischi finali al posto del genere delle parole. Vabbé, si sapeva..

In un crescendo di grottesche situazioni da circo, si scopre che le femministe hanno invece partecipato allo sciopero dei mezzi pubblici previsto proprio per l’8 marzo! La graziosa elargizione di Trenitalia è stata così affondata in un tripudio di nonsense. 

Ma, dopotutto,  come dare torto all’azienda? In effetti è questo che si offre oggi alle donne: tanti insulsi zuccherini e zero sostanza.  Le filippiche sul sessismo, i neopuritanesimi alla “Se non ora quando”, le insultanti quote rosa, le buffonate su presidenta e avvocata, i salamelecchi e gli inchini da cicisbei settecenteschi e poi, da anni: zero sicurezza,  zero asili, zero sostegno alla maternità, zero occupazione come risulta dagli auto-licenziamenti femminili di massa contenuti nel rapporto dell’Ispettorato nazionale del lavoro relativo al 2016 (governo Renzi-Gentiloni): le donne che hanno lasciato il posto di lavoro sono state 29.879. Tra le madri, solo 5.261 sono passate ad altra azienda, mentre tutte le altre (24.618) hanno dovuto farlo per la difficoltà di assistere il bambino (costi elevati e mancanza di nidi) o di conciliare lavoro e famiglia. 

A voi di Trenitalia piacciono i diritti delle donne? Parliamone. Ad esempio del fatto che avete eliminato in quasi tutte le stazioni le fontanelle d’acqua e che se una signora volesse lavarsi le mani, bere un sorso, prendere una medicina, o sciacquare il visetto al bambino  è costretta a spendere un euro o più dal distributore, per giunta, automatico. Con la scusa secondo cui i barboni e i drogati ci si andavano a sciacquare (già sintomo di vostre intollerabili mancanze di controlli) avete preso due piccioni con una fava, costringendo gli utenti a pagare, ancora e ancora, come se i vostri biglietti fossero regalati.

Dato che sicuramente siete anche contro ogni discriminazione, per l’8 marzo, in onore delle donne, vi proponiamo la campagna “Riapriamo i rubinetti delle fontanelle”, in modo che ne possano giovare tutti, anche uomini, anziani e bambini. 

Vogliamo parlare di diritti? Parliamo, allora,  anche di quello di fare una pipì, aggiustarsi il trucco o cambiarsi un assorbente in bagno senza dover spendere un altro euro. Vi proponiamo una seconda idea: “Per l’8 marzo Trenitalia, in onore delle donne, riapre al pubblico servizi igienici puliti, sicuri e gratuiti per tutti”. 

Altro che caramelline: se volete fare i cavalieri, mettetevi le mani in tasca e una sulla coscienza.