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IL CASO/DOPO LE PAROLE DI FRANCESCO

Unioni civili, il Magistero ha già chiarito: sono sbagliate

La dichiarazione di Bergoglio sulle coppie omosessuali presenta contenuti gravemente erronei. Mentre i diritti fondamentali (vita, salute, libertà, etc.) vanno riconosciuti a tutti, e in certi casi si può tollerare l’abuso dei diritti comuni, vi sono diritti specifici che riguardano determinate classi di soggetti o situazioni. Il preteso riconoscimento giuridico delle unioni omosessuali rientra in questa terza categoria, ma non è moralmente lecito, perché è un male. A ribadirlo un documento della Congregazione per la Dottrina della Fede del 2003, in cui risulta evidente l’inconciliabilità tra il Magistero e le parole di papa Francesco.
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Ecclesia 23_10_2020

Dell’ormai famigerata uscita di Papa Francesco sulle coppie omosessuali isoliamo l’affermazione riguardante la legittimazione delle coppie omosessuali, tralasciando quella relativa alla “famiglia” arcobaleno: «Ciò che dobbiamo fare è una legge di convivenza civile (sinonimo di unione civile, ndr). Hanno diritto a essere protetti legalmente. Io ho difeso questo».

Il contenuto di questa dichiarazione è gravemente erroneo e quindi non condivisibile. Vediamo il perché. I diritti fondamentali, come vita, salute, educazione, libertà, eccetera, devono essere riconosciuti alle persone in quanto persone. Non vi sono altre condizioni per riconoscerli che la seguente: l’esistenza in vita della persona (naturalmente questi diritti possono essere compressi o negati per giusti motivi: pensiamo alla carcerazione che elimina o comprime grandemente la libertà personale). Dunque, i diritti fondamentali devono essere riconosciuti a tutti, persone omosessuali comprese, ovviamente (nota bene: voler ad esempio diffondere il credo Lgbt non è esercizio della vera libertà, ma solo uso distorto del libero arbitrio).

Poi vi sono i cosiddetti diritti comuni, che sono funzionali ai diritti fondamentali: diritto di proprietà, di credito, diritto al lavoro, etc. Lo Stato che ha a cuore il bene comune potrebbe tollerare il loro uso distorto. Ad esempio una coppia omosessuale compra casa (esercizio del diritto di proprietà) per andare a convivere. Il diritto per essere tale deve essere sempre esercitato per un fine buono: comprare casa per instaurare una convivenza omosessuale significa usare un diritto snaturandone il fine, pervertendo la sua intima ratio, che deve essere sempre orientata alla giustizia, perché comprare casa darebbe alla coppia omosessuale la possibilità di convivere e quindi di rafforzare la loro unione omosessuale. Come detto, l’ordinamento giuridico che si ispira al diritto naturale riconoscerebbe che quel diritto è abusato, ma potrebbe evitare di vietare l’esercizio di quel diritto (che in quel caso cesserebbe anche di essere tale) per un bene maggiore.

Veniamo alla terza tipologia di diritti che riguarda l’affermazione di Bergoglio. Vi sono alcuni diritti specifici che riguardano o alcune classi di soggetti (per esempio, il diritto di coniugio per i nubendi capaci del matrimonio, il diritto di educazione in capo ai genitori) oppure alcune situazioni (es. legittima difesa). Le unioni civili o qualsiasi altra forma legale di convivenza omosessuale rientrano nel novero di questi “diritti”. Mettiamo tra virgolette la parola “diritti” perché non sono tali e non sono tali perché mai si può legittimare un male morale, come la convivenza omosessuale. Se l’omosessualità è condizione da censurare sul piano morale, ne consegue che anche la relazione omosessuale lo sia. E riconoscere giuridicamente, ossia legalizzare, come vuole Papa Francesco, le coppie omosessuali significa legittimare il male, elevare ad istituto, conferire struttura giuridica a ciò che per sua natura è antigiuridico e quindi contra ius come la relazione omosessuale e questo non è mai permesso dalla morale naturale. Se è sempre illecito approvare un male morale, ne consegue che è sempre illecito approvare giuridicamente un male morale. Inoltre, come ulteriore effetto deleterio, si provocherebbe sul piano giuridico e poi nel percepito collettivo un’equiparazione tra unione omosessuale e matrimonio.

Dunque è doveroso riconoscere in capo alle persone omosessuali i diritti fondamentali, opportuno oggi tollerare l’abuso dei diritti comuni da parte di queste persone laddove fossero esercitati per rafforzare/facilitare qualsiasi espressione della loro omosessualità, vietato legittimare diritti specifici relativi alla condizione omosessuale come le unioni civili o l’omogenitorialità o l’assegnazione di abitazioni a nuclei omosessuali. Se il Papa teme che le persone omosessuali possano essere calpestate nella loro dignità, non è necessario legalizzare le unioni civili, bensì occorre riconoscere loro - come sempre si è fatto - i diritti fondamentali e i diritti comuni, sempre che questi ultimi vengano esercitati a fin di bene.

La Congregazione per la Dottrina della Fede nel 2003 pubblicò un documento, approvato da Giovanni Paolo II, esattamente su questo tema, dal titolo Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali. Papa Francesco si trova in netta contraddizione con il suo contenuto.

La Congregazione per la Dottrina della Fede, infatti, in modo adamantino scriveva: «In presenza del riconoscimento legale delle unioni omosessuali […] è doveroso opporsi in forma chiara e incisiva. Ci si deve astenere da qualsiasi tipo di cooperazione formale alla promulgazione o all’applicazione di leggi così gravemente ingiuste nonché, per quanto è possibile, dalla cooperazione materiale sul piano applicativo. [5] Le legislazioni favorevoli alle unioni omosessuali sono contrarie alla retta ragione perché conferiscono garanzie giuridiche, analoghe a quelle dell’istituzione matrimoniale, all’unione tra due persone dello stesso sesso. Considerando i valori in gioco, lo Stato non potrebbe legalizzare queste unioni senza venire meno al dovere di promuovere e tutelare un’istituzione essenziale per il bene comune qual è il matrimonio. […] Occorre riflettere innanzitutto sulla differenza esistente tra il comportamento omosessuale come fenomeno privato, e lo stesso comportamento quale relazione sociale legalmente prevista e approvata, fino a diventare una delle istituzioni dell’ordinamento giuridico. Il secondo fenomeno non solo è più grave, ma acquista una portata assai più vasta e profonda, e finirebbe per comportare modificazioni dell’intera organizzazione sociale che risulterebbero contrarie al bene comune. […] La legalizzazione delle unioni omosessuali sarebbe destinata perciò a causare l’oscuramento della percezione di alcuni valori morali fondamentali e la svalutazione dell’istituzione matrimoniale [6]».

Prosegue il documento della CDF: «Concedere il suffragio del proprio voto ad un testo legislativo così nocivo per il bene comune della società è un atto gravemente immorale [10] La Chiesa insegna che il rispetto verso le persone omosessuali non può portare in nessun modo all’approvazione del comportamento omosessuale oppure al riconoscimento legale delle unioni omosessuali. […] Riconoscere legalmente le unioni omosessuali oppure equipararle al matrimonio, significherebbe non soltanto approvare un comportamento deviante, con la conseguenza di renderlo un modello nella società attuale, ma anche offuscare valori fondamentali che appartengono al patrimonio comune dell’umanità [11]».

L’inconciliabilità tra il pensiero del Papa e il Magistero appare lapalissiana.