Un pride cattogay. Zan e Avvenire: missione compiuta
Due anni fa era saltato dopo un articolo della Bussola, quest'anno l'incontro tra Zan e Moia di Avvenire si farà. Il giornalista del quotidiano dei vescovi ormai testimonial della causa cattogay sarà accolto con tutti i crismi dal Padova Village, la festa gay dell'estate ideata proprio dal deputato firmatario della legge bavaglio. Intanto le blasfemie dei pride continuano. Ai vescovi sta bene?
Avvenire sbarca al Gay pride, stavolta è la volta buona. Due anni fa l’annunciato evento era stato rimandato all’ultimo a causa di un puntuale e studiato imprevisto famigliare di Luciano Moia, ma eravamo stati facili profeti. Quest’anno infatti sembra essere tutto pronto per lo sbarco da protagonista del quotidiano dei vescovi al Padova Pride Village. Atto secondo, verrebbe da dire. Con la partecipazione, venerdì, di Luciano Moia, redattore del quotidiano dei vescovi ormai titolare della sezione del giornale dedicata all’agenda omosessualista, si realizza il tanto atteso incontro, sfumato due anni fa grazie alla denuncia della Bussola.
Quest’anno gli organizzatori del Pride Village hanno fatto le cose “per bene” e hanno dato meno nell’occhio, ad esempio non chiamando un ecclesiastico, ma concentrandosi a invitare la vera testa di legno dell’operazione cattogay-avvenieresca: Luciano Moia, che viene presentato con tutti i crismi che si convengono ad un ospite d’onore. «Da oltre vent’anni caporedattore del mensile di Avvenire dedicato alla famiglia, prima Noi genitori & figli, ora Noi famiglia & vita». Letto sul sito del Padova Pride dove si fa largo uso dell’orgoglio omosessuale, nei privè, negli show e negli eventi (per una carrellata di foto QUI), fa un certo effetto non c’è che dire.
Ma in realtà Moia non arriva neanche a mani vuote dato che venerdì presenterà la sua ultima fatica editoriale “Figli di un dio minore? Le persone transgender e la loro dignità” (Edizioni San Paolo 2022). Si sa che i libri si presentano dove si è invitati e dove si pensa si possa trovare il pubblico giusto ad acquistarli e il Padova Pride Village è praticamente il Meeting di Rimini della causa gay, la Festa dell’Unità dell’orgoglio omosessualista, la Woodstock della libertà gaia quindi quale miglior location per la presentazione e la vendita del libro che parla di transessuali e affini senza pretendere nemmeno di suscitare un po’ di dibattito?
Difficile immaginare, infatti, di andare nella fossa dei leoni e denunciare quello che è l’ormai acclarato vittimismo degli attivisti omosessuali, che attribuiscono all’altrui libertà false discriminazioni imponendone a loro volta di vere agli altri imponendo una falsa emergenza di diritti non concessi e da conquistare. Né poi, si potrà accampare la scusa che in realtà il giornalista andrà a titolo personale dato che il suo curriculum nel giornale dei vescovi è ben presentato.
Anche l’ospite che affiancherà Moia (in foto) è di quelli da cartellone: si tratta di Alessandro Zan che del pride è l'ideatore e al cui nome è collegato il discusso disegno di legge contro l’omofobia che punta a mettere il bavaglio proprio a quei cattolici che dissentono dall’omosessualismo dilagante. Praticamente i vescovi mandano una mosca cocchiera a sostenere la causa omosessualista a casa dei suoi carnefici.
I vescovi sanno che stanno andando ospiti e col cappello in mano da chi fa il tifo per mettere ai servizi sociali quei giornalisti o politici o liberi cittadini che definiscono – in linea col Catechismo e il Magistero della Chiesa – l’omosessualità un grave peccato e una grave devianza contronatura? E se lo sanno, lo approvano?
A proposito di cattolici. Mentre Moia farà la sua performance si tacerà sicuramente delle decine e decine di blasfemie che si stanno compiendo nel corso di questa estate nei vari pride sparsi per il Paese: crocifissi, Madonne, Santi, caricature del Papa: tutto nei pride è oscenamente e volutamente irriso e vilipeso. Dovrebbe ormai essere chiaro a tutti che i Gay Pride non sono altro che un immenso festival del sacrilegio anticristiano e anche la città del Santo deve purtroppo registrarne alcuni. Curioso che proprio i vescovi non lo sappiano, anzi, non vedano l’ora di farne parte come dimostra la presenza di Moia come inviato speciale in vista di nuove ed entusiasmanti ospitate di vescovi che – vedrete – nei prossimi anni non tarderanno.
Al pride ci sarà anche Lella Costa, di professione comica, ma da poco anche testimonial della “Chiesa” valdese per l’8 per mille. La militanza gay ha bisogno di testimonial, di uomini e donne utili alla causa. Lella Costa è una di questi, Moia aspira a diventarlo, ma in nome di chi? Dei cattolici? Dei vescovi? Nessuno che alzi la mano e dica non in mio nome?
Il fatto è che i pride, anticristiani lo sono visceralmente e naturalmente, per costituzione, per mission perché la dottrina cristiana è ancora l’ultimo baluardo rimasto a difesa della natura e della dignità dell’uomo contro la dittatura dell’omosessualismo, contro la gendercrazia, contro la lesbomania normalizzante. Vescovi italiani permettendo, i quali, in quanto editori, è strano che non si alzino in piedi per impedire che il loro buon nome venga utilizzato per una causa che non è altro che una tappa – l’ennesima – della marcia di avvicinamento alla rivoluzione cattogay dentro le strutture ecclesiastiche.
Ma oggi la Chiesa non dice più nulla di controcorrente sull’omosessualismo dilagante nel mondo. Lo accetta, lo assimila nel linguaggio tanto che oggi sentire un pastore parlare di omofobia è diventato ormai comune, e quando serve lo promuove e lo difende come è accaduto per le tante veglie contro il superamento dell’omotransfobia svoltesi sugli altari delle chiese.
Un’ulteriore e drammatica prova della perdita di autonomia di pensiero di una Chiesa che ha smesso di essere di antitesi al mondo e di resistenza alle sue ideologie. E che segue come se fosse una nuova Rivelazione la cronaca, l’attualità, lo svolgersi delle mode, insomma: quello che la storia ci dice di volta in volta essere verità, giustizia e libertà.