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BUONI SEGNALI

Un gruppo interparlamentare per i cristiani perseguitati

Quarantuno membri di Camera e Senato di varia appartenenza politica (Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia, 5 Stelle, Gruppo Misto) hanno creato il gruppo interparlamentare per la “Tutela della libertà religiosa dei cristiani nel mondo”. Tra gli obiettivi, facilitare il ritorno in patria dei cristiani mediorientali e promuovere trattati bilaterali con i Paesi dove le persecuzioni sono più gravi.

Libertà religiosa 28_02_2019

Nasce il gruppo interparlamentare per la “Tutela della libertà religiosa dei cristiani nel mondo”. Quarantuno membri della Camera e del Senato di Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia, Cinque Stelle e del Gruppo Misto animeranno questa realtà, che si pone questi obiettivi: agevolare il ritorno dei cristiani del Medio Oriente nelle loro terre d’origine dopo la fuga dovuta alle guerre e al terrorismo islamista, il sostegno a progetti concreti per il radicamento di queste comunità e la loro convivenza pacifica con le altre  componenti etnico-religiose, la promozione della libertà di culto nei trattati bilaterali che vengono sottoscritti con quei Paesi in cui la comunità cristiana subisce gravi forme di discriminazione e persecuzione.

L’intergruppo è stato presentato ieri alla sala stampa della Camera dall’onorevole Andrea Delmastro  (capogruppo di Fratelli d’Italia in commissione Esteri), alla presenza di Fouad Abou Nader, presidente dell’organizzazione Nawraj che sostiene i cristiani del Libano, del giornalista Sebastiano Caputo, presidente della filiale italiana della fondazione SOS Cristiani d’Oriente, di Federica Celestini della Modavi Onlus e del giornalista Gian Micalessin, inviato di guerra e autore di Fratelli traditi. La tragedia dei cristiani in Siria.

Il gruppo nasce sotto buoni auspici visto che Delmastro ha annunciato che sta per essere istituito un fondo di due milioni di euro che andrà a finanziare i progetti di ricollocamento dei cristiani fuggiti dalle località del Medio Oriente martoriate da attentati e attacchi e da quelle che hanno conosciuto il dominio dello Stato Islamico. A tal proposito Delmastro ha ricordato le persecuzioni perpetrate dagli islamisti contro le comunità cristiane in Siria, Iraq (specie nella Piana di Ninive) ed Egitto e ha evidenziato che prima del diritto a essere accolti c’è quello a vivere in pace nella terra in cui si è nati. Per questo motivo, lo scopo di fondo di ogni iniziativa sarà quello di ricostruire la presenza cristiana nelle regioni del Medio Oriente.

Delmastro è poi tornato sui dati più eclatanti dell’ultimo rapporto di Aiuto alla Chiesa che Soffre: circa 300 milioni di cristiani che subiscono gravi o estreme violazioni della libertà religiosa in 38 Paesi del mondo; 15 mila fedeli attaccati durante funzioni religiose e 1.200 chiese distrutte nel 2018; circa il 61% della popolazione del mondo che vive in Stati in cui la libertà religiosa è colpita da forti restrizioni. In questa cornice il gruppo lavorerà anche per inserire il tema della libertà religiosa in tutti i trattati bilaterali, con particolare attenzione ai rapporti con Cina, Corea del Nord, Paesi arabi e in generale quelli a maggioranza musulmana. La questione sarà infine posta anche nell’ottica dell’allargamento dell’Ue a quei Paesi dei Balcani scossi dalle guerre etniche e interessati dal fondamentalismo islamico.

Vero motore dell’iniziativa dell’intergruppo è la filiale italiana di SOS Cristiani d’Oriente, associazione umanitaria nata in Francia nel 2013 in seguito alla presa di Maalula da parte di Al-Nusra (allora costola siriana di Al-Qaeda). L’aggressione al villaggio cristiano dove si parla ancora l’aramaico provocò un moto di solidarietà organizzato da un gruppo di ragazzi che, con il passare degli anni, si sono strutturati in una delle principali realtà di cooperazione e sviluppo in Siria e Libano. “Ci sono storie di convivenza e coabitazione tra cristiani e musulmani, non parlo di integrazione perché quello è un esercizio da intellettuali”, così Sebastiano Caputo ha descritto lo spirito con cui opera SOS Cristiani d’Oriente. “Per far radicare i cristiani in Medio Oriente non serve ghettizzarli, perché questo significherebbe renderli un target e farli indentificare come la quinta colonna delle politiche occidentali”, ha spiegato il giornalista illustrando una serie di progetti che mirano a riportare i cristiani al centro del tessuto sociale di alcune comunità libanesi e siriane. “Solo in questo modo possiamo fermare lo scontro di civiltà”, ha sottolineato ancora Caputo, secondo il quale costruire un dialogo senza complessi tra Oriente e Occidente è anche il mezzo migliore per riscoprire le radici spirituali e culturali dell’Europa, dal momento che il Medio Oriente ha conservato una tradizione non contaminata dalla modernità.

Su questa falsariga si è dipanato anche l’intervento di Nader, noto esponente della comunità cristiana maronita libanese ed ex combattente nel conflitto degli anni Ottanta che ha devastato il Paese dei cedri. Nader, con la sua organizzazione Nawray, è oggi impegnato nel dialogo religioso tramite interventi in villaggi in cui viene coltivata una pacifica convivenza tra i fedeli delle varie confessioni. “In tutto il Libano non c’è una sola comunità dove sciiti e sunniti riescano a convivere senza il contributo dei cristiani”, ha detto  Nader: “I cristiani sono il collante dalla società libanese. Solo dove è garantita la loro presenza gli altri gruppi musulmani riescono a dialogare”. Nader ha quindi ricordato che questo delicato mosaico è minacciato dalla difficile gestione di circa due milioni di profughi siriani arrivati a seguito della guerra, una popolazione per il 95% di religione sunnita che sta cambiando gli equilibri del Libano. Agevolare il ritorno dei siriani nel loro Paese diventa dunque fondamentale per la stabilità del Libano che ha sempre rappresentato l’unico esempio nel mondo arabo di democrazia e condivisione nella gestione del governo tra le diverse componenti etniche e religiose.

Anche Federica Celestini della Modavi Onlus, che opera con le comunità cattoliche in Terrasanta, ha parlato di quanto sia importante lavorare per salvaguardare la presenza dei cristiani nel Medio Oriente. La conferenza è stata arricchita dalla testimonianza di Micalessin che dagli anni Ottanta segue le vicende delle comunità cristiane mediorientali. “Nel 2013 mi sono trovato a raccontare il paradosso di un Occidente che difendeva gli amici di Al-Qaeda e tradiva i suoi fratelli cristiani” ha detto il giornalista rievocando l’attacco a Maalula. “Qualcuno pensa che i cristiani siano ospiti in Medio Oriente ma non è così”, ha proseguito: “Quelle terre sono state la culla del cristianesimo 700 anni prima dell’arrivo dell’islam. Questa è la religione che ha forgiato la nostra civiltà, abbiamo un debito con quelle popolazioni”.