Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Borgo Pio
a cura di Stefano Chiappalone

testimonianza

Trent'anni fa a Castel Gandolfo sulle note dell'Ave verum

Un incontro memorabile con San Giovanni Paolo II raccontato da padre Raymond J. de Souza al National Catholic Register.

Borgo Pio 29_07_2025
© LAPRESSE 30-12-1978 RELIGIONE NELLA FOTO: PAPA GIOVANNI PAOLO II. BUSTA 3152/1

Il recente ritorno di Leone XIV a Castel Gandolfo ha spinto padre Raymond J. de Souza a condividere con i lettori del National Catholic Register il ricordo di un incontro memorabile con San Giovanni Paolo II, avvenuto esattamente trent'anni fa nella residenza estiva dei Papi.

All'epoca il giovane de Souza era tra gli studenti partecipanti a un seminario estivo a Roma organizzato da Michael Novak, padre Richard John Neuhaus, George Weigel e padre Maciej Zięba. A "lavori in corso" ricevettero con sorpresa un invito alla Messa celebrata dal Santo Padre, che in quei giorni si trovava a Castel Gandolfo. Era il 26 luglio 1995, festa dei Santi Gioacchino e Anna, quando vennero introdotti nella cappella privata. Padre de Souza ricorda, tra l'altro, i due affreschi raffiguranti la resistenza polacca durante l'assedio svedese a Częstochowa e il miracolo della Vistola, voluti da Pio XI che era stato nunzio in Polonia... e senza immaginare che, pochi decenni dopo, in quella cappella avrebbe celebrato la Messa un Papa polacco. 

«Dopo la Santa Comunione, il Santo Padre rimase in un lungo silenzio», racconta padre de Souza. Poi fece un cenno al segretario, mons. Dziwisz, che scosse la testa in segno di diniego. Il Papa gli aveva chiesto se il gruppo presente avesse preparato un canto, ma non lo avevano fatto. «Allora cominciò a cantare lui. Da solo. Era l'Ave verum corpus natum (Salve, vero Corpo, nato dalla Vergine Maria...). Cantava senza accompagnamento, usando la melodia di Mozart. Continuava da solo, con voce potente, e pensai che nessuno avrebbe avuto il coraggio di unirsi al Papa. Da parte mia, allora non conoscevo l'inno e non so cantare. Poi ho sentito Michael Novak, seduto accanto a me e a solo un braccio di distanza dal Papa, unirsi a lui. Conosceva l'Ave verum e sapeva cantare. I due slavi [la famiglia di Novak era di origini slovacche], il santo e lo studioso, cantavano insieme quell'inno eucaristico e mariano. Era semplice e di intensa bellezza. Lo ricordo ancora oggi ogni volta che ascolto l'Ave verum, che ora è il mio inno eucaristico preferito».