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MEDIO ORIENTE

Tregua a Gaza e ritorno degli ostaggi. Non è la pace, ma un primo passo importante

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L'accordo raggiunto fra Israele e Hamas, grazie alla mediazione di Donald Trump, è un primo passo verso la pace. Tornano in libertà gli ostaggi israeliani, in cambio di migliaia di prigionieri palestinesi, cessate il fuoco e ritiro parziale israeliano. Le reazioni sono positive a Gaza e a Tel Aviv. Tutti contenti, ma i punti più ambiziosi del piano di Trump sono ancora da discutere.

Esteri 10_10_2025
Festa a Tel Aviv per l'accordo di pace (La Presse)

Spiragli di pace tra Israele e Hamas. Dopo 734 giorni di dura ed estenuante guerra, è stato raggiunto un accordo sulla prima fase del piano, che prevede la fine dei combattimenti e il rilascio dei primi ostaggi. Sui media arabi e su alcuni social, prima dell’annuncio ufficiale, circolavano delle immagini in cui si vedeva il generale israeliano, Nitzan Alon, stringere la mano al primo ministro del Qatar, Mohammed bin Abdulrahman bin Jassim Al Thani. Una stretta di mano con un doppio significato: innanzitutto, venivano archiviati definitivamente gli strascichi dell’attacco israeliano del 9 settembre scorso, a Doha, su un edificio in un elegante quartiere della capitale che aveva come obiettivo Khalil Al-Hayya, oggi tra i negoziatori in Egitto, e altri dirigenti di Hamas e in seconda battuta, sicuramente per la soddisfazione per l’intesa raggiunta. Sullo sfondo di una delle foto pubblicate si intravvedevano anche gli altri negoziatori sorridenti che si stringevano le mani.

«Sono molto orgoglioso di annunciare che Israele e Hamas hanno entrambi firmato la prima fase del nostro piano di pace. Ciò significa che tutti gli ostaggi saranno rilasciati molto presto e Israele ritirerà le sue truppe oltre la linea concordata, come primo passo verso una pace forte e duratura». È quanto ha scritto Donald Trump sul suo profilo Truth. Ha poi proseguito: «Questo è un grande giorno per il mondo arabo e musulmano, per Israele, per tutte le nazioni circostanti e per gli Stati Uniti d’America, e ringraziamo i mediatori di Qatar, Egitto e Turchia, che hanno collaborato con noi per rendere possibile questo evento storico senza precedenti». Ha infine chiosato la sua dichiarazione con un “benedetti gli operatori di pace”. Parole dell’avvenuto accordo che rapidamente hanno raggiunto le cancellerie e le redazioni di tutto il mondo.

Anche i vertici di Hamas hanno confermato che si è arrivati ad un’intesa: «Dopo seri e responsabili negoziati tra il movimento e le fazioni della resistenza palestinese in merito alla proposta del presidente Trump, a Sharm el-Sheikh, con l’obiettivo di porre fine alla guerra di sterminio contro il nostro popolo e di ottenere il ritiro delle forze che occupano Gaza, il Movimento di resistenza islamica annuncia la conclusione di un accordo che prevede la fine della guerra, il ritiro delle forze di occupazione, l’ingresso di aiuti e uno scambio di prigionieri». Soddisfatto del risultato raggiunto anche il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu che ha dichiarato: «È un grande giorno».

Nella Striscia e in Israele sono esplose scene di giubilo. Gli abitanti di Gaza hanno svegliato la gente e urlavano come strilloni: «Ci sono buone notizie, la guerra è finita, è stato raggiunto un accordo per il cessate il fuoco». Per due anni hanno subito crudeltà ed umiliazioni incredibili, che ora sperano di non rivivere mai più. Anche a Tel Aviv, in Piazza degli Ostaggi, c’è stata una grande festa con balli e canti. «Sono felice, sono confusa. La mia testa non riesce a elaborare tutte le informazioni. Credo che alla fine andrà tutto bene», ha detto Tala Herkin, madre di Maxim Herkin, un ostaggio israeliano, probabilmente ancora in vita e che verrà rilasciato in base all'accordo.

Nonostante i mugugni dei partiti di estrema destra, guidati rispettivamente da Bezalel Yoel Smotrich, leader del partito Sionismo Religioso, e da Itamar Ben-Gvir a capo del partito di estrema destra Otzma Yehudit (Potere Ebraico), il primo ministro ha convocato, ieri, il gabinetto di sicurezza per approvare l’accordo raggiunto con Hamas. Ma entrambi i ministri ultraortodossi si sono dichiarati contrari. «C'è un'immensa paura delle conseguenze per lo svuotamento delle prigioni e per il rilascio di leader terroristi che faranno di tutto per continuare a versare fiumi di sangue ebraico qui, Dio non voglia», ha scritto Smotrich su X.

«È un primo passo verso la pace. È una buona notizia e ne siamo felici – ha detto il patriarca di Gerusalemme dei Latini, Pierbattista Pizzaballa -. Dobbiamo rallegrarci di questo passo importante che porterà un po' più di fiducia per il futuro e porterà anche nuova speranza, soprattutto alla popolazione, sia israeliana che palestinese. In questo tempo così delicato – ha concluso - tutti dobbiamo unirci alla giornata di preghiera per la pace indetta da Papa Leone XIV domani 11 ottobre».

Si tratta, in sostanza, di un passo verso la pace. Ma va anche detto, però, che quello che è stato raggiunto è, di fatto, un cessate il fuoco, non di un accordo definitivo di pace. Le questioni più spinose restano ancora sul tavolo che rischia di saltare. L'accordo tra Israele e Hamas, annunciato da Trump, è bene precisarlo, interessa soltanto ciò che accadrà nei prossimi giorni e settimane, ma non riguarda l’insieme del piano in venti punti presentato la scorsa settimana dal presidente americano. Questioni come la futura amministrazione di Gaza e il disarmo dei miliziani di Hamas dovranno ancora essere negoziati. Il gruppo terroristico ha precisato, su un suo profilo, che mai abbandonerà i diritti del suo popolo finché non saranno conseguite libertà, indipendenza e autodeterminazione. Ma anche il ritiro dell’esercito israeliano dovrà essere meglio precisato. Israele dovrebbe ritirarsi entro 24 ore dalla firma, ma rimarrebbe a presidiare l’area di Rafah, sul confine con l’Egitto. È evidente che per il governo Netanyahu è un cedimento. Il ritiro dalla Striscia impedisce ciò che fin dall’inizio, per il primo ministro israeliano, è stato l’obiettivo dell’operazione militare: la cacciata definitiva dei palestinesi da Gaza.

Ieri mattina, Netanyahu si è sentito telefonicamente con Trump. «Il Primo Ministro ha ringraziato il Presidente Trump per tutti i suoi sforzi e per la sua leadership globale - ha dichiarato il portavoce di Netanyahu -. Il Presidente Trump si è congratulato per la sua leadership determinata e le azioni da lui intraprese. I due – ha concluso - hanno concordato di proseguire la loro stretta collaborazione». Trump, che domenica prossima, dopo la firma dell’accordo del cessate il fuoco, sarà in Israele, è stato invitato a parlare alla Knesset.

In questa prima fase dell’accordo, due sono i vincitori: Donald Trump che ha imposto a Netanyahu il principio negoziale che in questi anni è stato il più grande ostacolo alla pace, ottenendo anche un’ampia collaborazione internazionale, compresi attori regionali importanti, dal Golfo alla Turchia. L’altro vincitore è Hamas, scelto per i negoziati come rappresentante degli abitanti di Gaza, sollecitati, fino a poche settimane fa, a ribellarsi all’organizzazione terroristica, per ottenere legittimazione politica e diritto di sopravvivenza.