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LETTERA

Tre grazie, due motivi di preoccupazione e una preghiera

Alla vigilia della partenza per un pellegrinaggio in Terra Santa, uno sguardo sugli ultimi mesi di esperienza pastorale a Ferrara, costellati dal riconoscimento della preoccupazione educativa ma anche da un inquietante ritorno dell'intolleranza verso chi esce dal pensiero dominante. Mentre nella Chiesa dilaga la confusione...

Editoriali 16_06_2017
Monsignor Luigi Negri

Carissimo direttore,

approfitto della tua ben nota generosità per fare il punto su questi sei mesi conclusivi della mia esperienza pastorale a Ferrara–Comacchio. Sono stati molto duri, impegnativi, ma anche di grande soddisfazione perché mi sono reso conto che questo popolo cui ho accudito con tutte le mie energie intellettuali e morali, ha recuperato in questi anni il senso della sua identità; l’originalità della sua vita umana e cristiana; e l’impeto missionario a comunicare Cristo - vita nuova sperimentata da noi - a tutti gli uomini che ci vivono accanto. Per questo mi lascia pieno di letizia nonostante la fatica di questi momenti.

Vorrei ringraziare fra tutti i miei giovani di Ferrara e Comacchio che mi hanno inviato una lettera tanto vera quanto commovente, che ha colpito l’aspetto più profondo della mia azione educativa, quello di aiutare i giovani ad avere un rapporto positivo con la realtà. Poi ciascuno fa nella sua vita le scelte che ritiene giusto fare, ma è molto importante che qualcuno l’abbia aiutato a stare in contatto con la realtà.

E per la vicenda di Manchester (il commento di monsignor Negri all'attentato del 22 maggio, pubblicato dalla NBQ, che ha provocato molte reazioni, ndr) ringrazio anche tutti coloro che sono intervenuti a esprimere un senso di gratitudine per un gesto che voleva essere esclusivamente di carità nei confronti di questa realtà giovanile, così sostanzialmente non accudita, non seguita, non educata. Vedo però con preoccupazione, ed è una preoccupazione grave, che si insinua di nuovo nei nostri rapporti una buona dose di intolleranza. Io non ho mai detto che l’atteggiamento che avevo assunto su Manchester fosse l’unico possibile, e mi sono ben guardato dal giudicare chi per motivi validi non intendeva assumerlo. Ma è incomprensibile, e molto preoccupante, che attraverso una serie di insulti si sia delegittimata la mia possibilità di intervenire. Se uno la pensa diversamente dalla maggioranza - presunta o reale - sembra non avere più nessun diritto di parola. Sono sconcertato da questo fatto perché mi sembra che si riproponga nella nostra vita sociale una tendenza all' intolleranza che non è certo foriera di grandi possibilità culturali, umane e sociali.

Anche se non me ne sono molto preoccupato, molti hanno anche notato che tra quelli che sono intervenuti più duramente, delegittimandomi sia come intelligenza che come sensibilità umana e cristiana, c’erano quelli che alcuni hanno chiamato miei “compagni di viaggio”. Non so se questi abbiano fatto un viaggio con me in questi più di 60 anni di fedeltà alla presenza imponente e autorevole di monsignor Giussani nella mia vita. So solo che se lo avessero fatto non si macchierebbero di queste meschinità e queste intolleranze.

Tra tutti ringrazio l’antico collega Leonardo Lenzi, per la singolare capacità di dissentire dalle mie posizioni e allo stesso tempo cogliere con rispetto l’istanza profonda della mia vita, della mia azione pastorale: l’educazione. 

Tante cose mi verrebbero ancora da dire, ma parto per un pellegrinaggio in Terra Santa, nel quale come tutti i cristiani che sono stati abituati a fare periodicamente un ritorno alle origini storiche del cristianesimo, vorrei consegnare al Signore e alla Madonna i prossimi anni della mia vita: non so come si moduleranno, ma so che continueranno la mia dedizione al mistero di Cristo e della Chiesa. 

Poiché noi siamo figli della Chiesa, ne sentiamo vivamente le grandezze e le povertà, i limiti e le difficoltà. Sentiamo la fatica di una Chiesa che è dilaniata da più o meno sostanziali scismi, una Chiesa che con la preoccupazione di superare la dottrina la avvilisce continuamente come l’hanno avvilita – tanto per fare un esempio - gli interventi del Generale dei Gesuiti: prima sulla validità delle parole di Cristo, e poi sul demonio definito irresponsabilmente una «figura simbolica creata» da noi. 

La Chiesa soffre - non può non soffrire -, almeno nei suoi membri più consapevoli, di questa confusione dilagante e di questo accanimento ideologico ad affermare il proprio punto di vista come l’unico possibile. Quindi mi auguro di recuperare il senso della mia vocazione cristiana ed episcopale, ma anche che tutta la Santa Chiesa sia aiutata a uscire da questa situazione gravissima in cui viene tenuta.

Ti ringrazio della tua ospitalità e assicuro che in Terra Santa pregherò per te, per la tua famiglia, per quanti lavorano per la Nuova Bussola Quotidiana, per il grande lavoro che compie per la difesa dei diritti di Dio, del popolo e dell’intera umanità.

* Vescovo emerito di Ferrara-Comacchio