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CASO NADIA GEERTS

Tilt a sinistra: una laicista minacciata dai jihadisti

Nadia Geerts, docente di filosofia di Bruxelles, atea militante e laicista radicale, ha scritto sulla rivista Marianne un articolo di solidarietà intellettuale con Samuel Paty, il professore di storia decapitato dagli islamisti in Francia per aver mostrato in aula le vignette su Maometto. Adesso, però, lei stessa è minacciata. Con chi starà la sinistra? Il Belgio multiculturale la difenderà?

Libertà religiosa 02_02_2021 English Español
Nadia Geerts

Nadia Geerts vive a Bruxelles, è una professoressa nota per via del suo attivismo nel mondo dell'antirazzismo e del laicismo. Femminista, professoressa di filosofia all'Haute École Bruxelles-Brabant (HE2B) è anche editorialista della famosa rivista di sinistra francese Marianne, all'indomani della decapitazione del professore aveva scritto Io sono Samuel Paty. Un laconico omaggio ad un collega sacrificato sull’altare dell’islamismo che le è costato la gogna su pubblica piazza.

Davvero in pochissimi hanno condiviso la sua presa di posizione e il desiderio di conservare la memoria del professore decapitato. Ed in breve è iniziato un calvario personale durato tre mesi. Solo pochi giorni fa, infatti, ha avuto il coraggio di denunciare tre mesi di persecuzione in stile Mila. Le hanno dato dell'islamofoba, poi della razzista fino ad arrivare, in breve, alle minacce di morte. La sua foto è rimbalzata nella rete infinita dei social. Profili da oltre 50mila iscritti hanno iniziato ad accusare la Geerts di “promuovere il privilegio bianco” con il sostegno al professore decapitato dagli islamisti. La denuncia pubblica ha voluto essere un modo per imporre, in qualche misura, il sostegno della scuola dove insegna e delle autorità tutte. Un sostegno che tenuto privato, evidentemente, era tardato ad arrivare. Così, giovedì il collegio docenti dove insegna - non si sa per quanto ancora - ha deciso di produrre una nota in cui esprime la piena solidarietà alla docente. E il Ministero delle Pari opportunità della Vallonia ha presentato un esposto alla procura di Bruxelles inoltrando minacce e insulti. 

“Ora che l'odio verso di me si è liberato, come posso ancora essere sicura che la mia integrità fisica e morale sia garantita, come insegnante e come cittadina?”, ha scritto la Geerts, lasciando intendere  che con ogni probabilità non ritornerà sul posto di lavoroLa Geerts non è una sprovveduta. Conosce il mondo della comunicazione, e il post di denuncia sul suo blog è arrivato anche in Francia. La scuola l’ha abbandonata. Il sostegno è solo simbolico, dice. Ed è arrivato a distanza di mesi. Nessuno mai ha condiviso il tributo a Samuel Paty. Nessuno, scrive ancora Nadia Geerts, l’ha difesa da quella che ella stessa ha definito “un’eccessiva influenza ed ingerenza degli attivisti filo-islamici sia sui social che nel mondo della scuola”.  

Alla professoressa che fino a ieri lottava per il sogno di una scuola laica in Belgio, vinceva premi ed era portata a modello da tutto il mondo della scuola, non va giù che da oggi il suo liceo – come ha dichiarato il preside - concederà la libertà di indossare simboli di appartenenza religiosa. Nadia Geerts oggi è vittima di quel laicismo che ha lasciato un vuoto enorme, occupato in men che non si dica dall’islam. Teme un attentato simile a quello che è costato la vita a Samuel Paty: “Con il ritorno a scuola e l’orario reso pubblico, tutti gli studenti sapranno dove sono e quando, e questo potrebbe essere comunicato a chi ha brutte intenzioni”.

In questi mesi il clima d’odio e di violenza non ha fatto che aumentare, anche se per la rivista Marianne gli attacchi sono tutti per la Geerts solo perché femminista. La verità è che siamo in Belgio, a Bruxelles, dove attualmente vive circa la metà dei musulmani del paese – la popolazione islamica ha superato i 300mila: ossia circa il 25% della popolazione della capitale. Questo fa di Bruxelles una delle più grandi città islamiche d'Europa. In Belgio, il problema dell'islam radicale ha avuto origine negli anni Sessanta, quando le autorità belghe incoraggiarono l'immigrazione di massa dalla Turchia e dal Marocco come manodopera a basso costo. In seguito, arrivarono migranti dall'Egitto e dalla Libia. Le fabbriche hanno chiuso, ma i migranti sono rimasti e hanno messo radici. Oggi, la maggior parte dei musulmani presenti in Belgio sono figli di immigrati di terza o quarta generazione. 

Prima della comparsa dello Stato islamico, il più noto gruppo salafita del Belgio era Sharia4Belgium, che ha svolto un ruolo importante nel processo di radicalizzazione dei musulmani del paese. Sharia4Belgium è stato messo al bando nel febbraio 2015, quando il suo leader, Fouad Belkacem, è stato condannato a 12 anni di carcere. Pur essendo uno dei Paesi più piccoli dell'Europa Occidentale, il Belgio è diventato la principale fonte europea di jihadisti che combattono in Siria e Iraq. Ma anche in Europa: tanti attentati e attentatori sono passati dal Belgio. “Tra vent'anni”, scriveva Le Figaro nel 2008, “Bruxelles sarà musulmana”.

Non ci sono statistiche recenti circa le pressioni che subiscono gli insegnati nelle scuole del Belgio come quelle più recenti diffuse in Francia, dove l’islam orienta l’insegnamento dei docenti. Ma è facilmente immaginabile, date le premesse, come il clima non sia lontano da quello di Parigi. La Geerts è così solo l’ultima vittima di quell’antirazzismo che è diventato un’ideologia. E non stupisce, allora, che solo martedì scorso, il sindaco di Ollioules, nel Var, abbia visto bocciata la proposta di dare il nome di “Samuel Paty” al liceo “Eucalyptus”, vista la mancanza di entusiasmo generale. Secondo il sito France Bleu, consultato da un sondaggio interno, il 100% degli insegnanti, l'89% dei genitori e il 69% degli studenti si sono opposti al progetto comunale. Una memoria non gradita o un rischio troppo alto per la loro incolumità?