Tailandia contro Cambogia, uno scontro di famiglie e templi
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La Tailandia è impegnata da due giorni in un conflitto a bassa intensità con la vicina Cambogia. La disputa riguarda il controllo di templi antichi, ma è alimentato dalla rivalità fra due famiglie finora amiche, quella di Thaksin Shinawatra e quella di Hun Sen

Ci mancava solo un nuovo conflitto nel sudest asiatico. Un paese considerato da sempre pacifico, quale la Tailandia, che attualmente vive soprattutto di turismo, è impegnato da due giorni in un conflitto a bassa intensità con la vicina Cambogia. L’ideologia non c’entra, questa volta, non è tornata la guerriglia dei Khmer Rossi. C’entra la religione, perché le aree contese sono importanti per la presenza di antichi templi. E soprattutto c’entrano le famiglie al potere, in particolare due, gli Hun che dominano la Cambogia e gli Shinawatra, tormentati leader della Tailandia, che alternano fasi di declino e persecuzione a fasi di potere.
Una prima avvisaglia era stata la scaramuccia scoppiata il 28 maggio, nei pressi di uno dei templi contesi al confine, rivendicato dalla Cambogia, ma presieduto da truppe tailandesi. Un militare cambogiano era stato ucciso nello scontro a fuoco. Il confine è incerto e foriero di scontri da più di un secolo. La frontiera era stata tracciata dai colonizzatori francesi nel 1907, quando la Cambogia faceva parte dell’Indocina. Nel 1941 il Giappone imperiale, invadendo tutta la regione, aveva assegnato alla Tailandia (unica nazione del sudest asiatico non colonizzata) le regioni rivendicate, ma alla fine della guerra erano state restituite all’Indocina, poi, dopo la dichiarazione di indipendenza del 1953, erano state tenute dalla Cambogia. Ma i templi più importanti rivendicati dalla Cambogia, soprattutto Preah Vihear e Prasat Ta Muen Thom, sono rimasti in un territorio che la Tailandia rivendica come proprio e presidia con le truppe.
Lo scontro a fuoco del 28 maggio pareva finito, ma la violenza covava sotto le ceneri. Per cercare di placare i bollenti spiriti della nazione vicina, la premier tailandese, la giovane Paetongtarn Shinawatra aveva telefonato al suo “zio” adottivo, Hun Sen, a Phnom Penh. Ma questi, invece di cessare le ostilità, per motivi ancora ignoti ha reso pubblica la telefonata. La carriera di Paetongtarn è finita, esposta al pubblico ludibrio (adulava Hun Sen e insultava i suoi generali), accusata di agire contro l’interesse nazionale. La Corte Costituzionale la sospendeva, mentre al confine gli incidenti militari si moltiplicavano. Fino allo scontro a fuoco nei pressi del tempio di Prasat Ta Muen Thom a cui sono seguiti duelli di artiglieria e aviazione sempre più gravi, che durano tuttora, mentre questo articolo va online.
Hun Sen, padre dell’attuale primo ministro cambogiano, non è il vero zio di Paetongtarn, ma tratta suo padre, Thaksin Shinawatra, come un fratello. Thaksin, imprenditore di successo delle telecomunicazioni e uno degli uomini più ricchi del suo paese, aveva guidato il governo tailandese dal 2001 al 2006, poi era stato deposto da un colpo di Stato militare a seguito di una grave crisi costituzionale. Dopo cinque anni, nel 2011, era stata eletta sua sorella minore, Yingluck. Ma dopo tre anni di governo funestato dalle proteste dell’opposizione e dalla prima disputa armata di confine con la Cambogia, anche Yingluck è stata deposta da un colpo di Stato militare. Gli Shinawatra sono tornati al potere nel 2024, con l’elezione di Paetongtarn. Ma il loro dominio potrebbe essere finito per la terza volta con lo scoppio del conflitto.
Hun Sen, appunto, ha sempre aiutato Thaksin, i suoi parenti e i suoi sostenitori, ospitandoli in territorio cambogiano dopo i due colpi di Stato. Anche se ora non è più primo ministro della Cambogia, avendo ceduto lo scettro al figlio Hun Manet, mantiene una forte influenza sul suo paese che ha governato quasi ininterrottamente dal 1985 al 2023. Non si capisce, appunto, perché abbia deciso di rompere con gli amici Shinawatra, con cui c’era tuttora un buon rapporto, non solo politico, ma anche economico e caratterizzato da scambi di favori. Anche favori brutali, coma il rimpatrio in Cambogia di dissidenti da parte del governo Shinawatra e l’uccisione, a Bangkok, di un oppositore di Hun Sen. Però, dopo aver esposto Paetongtarn al pubblico ludibrio, ha rincarato la dose, dichiarando di essere in possesso di documenti compromettenti che riguardano Thaksin. I due anziani leader si sono scambiati insulti a colpi di post sui social network, con Thaksin che scrive su X: «Probabilmente dovremmo lasciare che l'esercito tailandese faccia il proprio dovere e dia una lezione a Hun Sen per i suoi modi subdoli». E Hun Sen che gli risponde, a stretto giro di posta, su Facebook: «Ora, con il pretesto di vendicarsi di Hun Sen, [Thaksin] sta ricorrendo alla guerra, la cui conseguenza ultima sarà la sofferenza del popolo».
Mentre le due potenti famiglie si scontrano, la sofferenza ricade sulla gente comune che abita al confine. I cambogiani sparano oltre confine con la loro artiglieria e non badano troppo a cosa colpiscono. I tailandesi, più attenti e meglio armati, rispondono con raid aerei di droni e caccia F-16 che colpiscono i depositi di munizioni in Cambogia. Almeno 14 civili tailandesi sono stati uccisi dal fuoco cambogiano, un civile cambogiano dai raid tailandesi. Il peggio è l’evacuazione, perché 138mila abitanti dei villaggi di confine, soprattutto tailandesi, sono ora sfollati interni. Giusto per aggiungere una crisi umanitaria in più, in un mondo in cui i profughi di guerra sono in costante aumento.