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il ritorno del caudillo

Spagna: Sánchez ridiventa premier con la complicità europea

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"Costretto" a radunare una coalizione di separatisti (e ovviamente di socialisti) purché al governo non vada il Partito Popolare. E c'è chi teme che l'obiettivo sia la Chiesa.

Esteri 16_11_2023
AP Photo/Manu Fernandez) Associated Press/LaPresse

Pedro Sánchez ieri ha aizzato la sua maggioranza e confermato gli accordi, oggi otterrà la nomina di Primo Ministro spagnolo, dopo aver svenduto la Costituzione, strappato condanne e provvedimenti giudiziari dei secessionisti e imbarcato alleati che vogliono distruggere l’unità del Paese. Una conferma di come il potere sia ormai l’unico obiettivo dei partiti socialisti europei che, al loro congresso elettivo di Malaga dei giorni scorsi, non hanno sfiorato nemmeno per sbaglio la volgare e indecente presa di potere del caudillo spagnolo.

Ieri Pedro Sánchez ha mostrato tutta la sua arrogante debolezza: «bisogna far di necessità virtù» e lo ha fatto difendendo la promessa di amnistia nei confronti dei suoi alleati separatisti, secessionisti e delinquenti per «sanare la frattura civile provocata dal Partito Popolare in Catalogna», per averne impedito la secessione, aggiungendo un attacco durissimo proprio al Partito Popolare, accusato di essersi unito «al club di Trump, Orban, Le Pen e Abascal».

Per questa ragione, si è giustificato Sanchez, egli è stato costretto a costruire una coalizione con tutti coloro che si opponessero alla deriva dei partiti di centro destra, maggioranza nei governi regionali, ma che seguirebbero una «agenda reazionaria a braccetto con Vox». Sánchez ha anche ribadito, dopo l’ordine dato alla polizia nei giorni scorsi di usare il manganello, verso chiunque protestasse contro il blitz, che è legittimo il diritto dei cittadini a manifestare pacificamente nelle strade, avvertendo che però per governare il Paese contano i voti dei deputati eletti dal popolo.

Da qui l’assoluto disinteresse di Sánchez per la petizione di protesta contro il suo operato e l’amnistia promessa firmata da più di 150 tra ex ministri, ex deputati ed ex senatori di goni partito del Paese, inclusi membri del PSOE. La drammatizzazione scenografica, per converso la necessità del bel caudillo alla guida del governo, era stata perfettamente studiata in tutti i dettagli, con Euronews che descriveva il dispiegamento di più di 1000 agenti di polizia antisommossa fuori dal Congresso dei deputati, come necessario per evitare l’assalto alle istituzioni da parte di facinorosi come a Brasilia e Washington. 

Peccato che sia Sánchez il premier uscente, quello stesso Sanchez che, pur presiedendo il semestre del Consiglio europeo ha deciso di evitare la discussione del report sullo Stato di Diritto nei Paesi Ue, dove sarebbero ovviamente stati attaccati per le loro riforme sia la Polonia, sia l’Ungheria di Orban, per non dover giustificare il proprio blitz.  I rappresentanti di diversi gruppi politici (tra cui quello socialista) del Parlamento europeo, perciò, hanno inviato una lettera al governo di Sánchez, accusandolo di proteggere l'Ungheria per evitare che il proprio governo debba rispondere della situazione dello Stato di diritto in Spagna.

Paradossalmente, sarebbe dunque Sanchez a difendere Orban per evitare di finire egli stesso sulla graticola, dopo le avventate e spericolate promesse nella formazione del proprio governo. Tuttavia, come avevamo previsto nei giorni scorsi, la schizofrenia benevola del Commissario europeo alla Giustizia è sempre più palese, dopo la richiesta di illustrare ragioni e fondamento della legittimità della amnistia e le forti preoccupazioni, lunedì ha escluso ogni ipotesi di intervento nei confronti del Governo perché l’amnistia non sarebbe un abuso dei fondi europei.

Ieri, infine, lo stresso Reynders ha fatto sapere che vuole solo incontrarsi con i ministri del governo spagnolo «il prima possibile» per un confronto sul testo, pur non essendoci il rischio di alcuna sanzione. Dunque, sarebbe legittimo chiedersi perché, le riforme giudiziarie e l’introduzione di alcune nuove leggi di Ungheria e Polonia non hanno implicato l’uso distorto di fondi comunitari, siano però riuscite a convincere Reynders a bloccare i fondi europei legittimamente dovuti ai due paesi.

Nonostante la compiacenza di Reynders e della Commissione europea e lo scontato giuramento e conferma alla guida del governo di Sánchez, sono moltissime le istituzioni spagnole che si sono  dichiaratamente opposte alla legge di amnistia che sta alla base dell’accordo di governo tra Socialisti e indipendentisti-secessionisti, tra esse quella inaudita del Consiglio Generale del potere giudiziario (CGPJ), le moltissime associazioni di magistrati e giudici, quelle dei procuratori nazionali, decine di associazioni di avvocati e professori universitari.

I numeri in parlamento sono per ora dalla parte di Sanchez ma, nella stessa giornata di ieri, i partner separatisti del nuovo esecutivo hanno già avvisato minacciosamente il caudillo iberico, il governo e la maggioranza dureranno «finché Sanchez manterrà la sua parola», ottenendo intanto che al fuggitivo e pluricondannato leader dei catalani Carles Puigdemont venga assegnata una scorta per la sua sicurezza. Dopo le elezioni dello scorso 23 luglio, dopo il fallimento dell'investitura del leader dei Popolari Alberto Núñez Feijóo il 3 ottobre, Sua Maestà il Re Felipe VI aveva scelto Pedro Sánchez come candidato all'investitura.

Lunedì 13 novembre, la Presidente del Congresso, la socialista Francina Armengol, ha annunciato che Sánchez sarebbe stato il candidato per l'investitura il 15 e 16 novembre, cioè ieri e oggi. Sánchez è arrivato al dibattito iniziato ieri, avendo chiuso tutti gli accordi necessari per ottenere la maggioranza con l'appoggio di Sumar, ERC (Sinistra repubblicana), Junts, EH Bildu (Paesi Baschi Uniti), PNV (Partito Nazionalista Basco), BNG (Blocco Nazionalista Galiziano) e, ovviamente di socialisti, un totale di 178, cui potrebbe aggiungersi anche il voto della Coalizione Canaria che porterebbe a 179 i voti a favore, contro 171 di Popolari, Vox e del rappresentante della  Navarra.

Dopo l’investitura, la nomina formale da parte del Re e la formazione del governo, primo scoglio per nulla scontato, mentre c’è chi teme che il vero obiettivo di questa legislatura e del governo sarà l'erosione totale  della credibilità della Chiesa Cattolica, di cui i falsi numeri emersi dall’indagine sui crimini sessuali dei sacerdoti, potrebbe esser solo il primo passo.
 



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