Sono un prete stufo di fango
La testimonianza di un prete anti-camorra, don Maurizio Patriciello, a proposito dell'ultima puntata di Annozero di Michele Santoro...
Sono un  prete. Un prete della Chiesa cattolica. Uno dei tanti preti italiani.  Seguo con interesse e ansia le vicende del mio Paese. Non avendo la  bacchetta magica per risolvere i problemi che affliggono l’Italia,  faccio il mio dovere perché ci sia in giro qualche lacrima in meno e  qualche sorriso in più.
Sono un uomo che come tanti lotta,  soffre, spera. Che si sforza ogni giorno di essere più uomo e meno  bestia. Sono un uomo che rispetta tutti e chiede di essere rispettato.  Che non offende e gradirebbe di non essere offeso, infangato. Da  nessuno. Inutilmente. Pubblicamente. Vigliaccamente.
Sono un  prete che lavora e riesce a dare gioia, pane, speranza a tanta gente  bistrattata, ignorata, tenuta ai margini. Un prete che ama la sua  Chiesa e il Papa. Un prete che non vuole privilegi e non pretende di  far cristiano chi non lo desidera, che mai si è tirato indietro per dare  una mano a chi non crede.
Un prete che, prima della Messa della  sera, brucia incenso in chiesa per eliminare il fetore sprigionato  dalle tonnellate di immondizie accumulate negli anni ai margini della  parrocchia in un cosiddetto cdr e che vanno aumentando in questi  giorni.
Sono un prete che si arrabbia per le inefficienze dello  Stato ai danni dei più deboli e indifesi. Che organizza doposcuola per  bambini che la scuola non riesce ad interessare e paga le bollette di  luce e gas perché le case dei poveri non si trasformino in tuguri.Sono  un prete, non sono un pedofilo.
So che al mondo ci sono uomini  che provano interesse per i bambini e, in quanto uomo, vorrei morire  dalla vergogna. So che costoro sono molti di più di quanto credono gli  ingenui. So anche che poco o nulla finora è stato fatto per tentare di  capire e curare codesta maledizione.
Piaga purulenta la  pedofilia. Spaventosa. Crudele. Vergognosa. Tra coloro che si sono  macchiati di codesto delitto ci sono padri, zii, nonni, professionisti,  operai, giovani, vecchi e anche preti.
Giovedì sera,  trasmissione Annozero di Michele Santoro. Tantissimi italiani guardano  il programma. Si discute di Silvio Berlusconi. Alla fine esce, come al  solito, il signor Vauro con le sue vignette che dovrebbero far ridere  tutti e invece, spesso, mortificano e uccidono nell’animo tanti  innocenti. Ma non si deve dire. È politicamente scorretto. È la satira.  Il nuovo idolo davanti al quale inchinarsi. La satira, cioè il  diritto dato ad alcuni di dire, offendere, infangare, calunniare gli  altri senza correre rischi di alcun genere. 
Una vignetta rappresenta  il Santo Padre che parlando di Berlusconi dice: «Se a lui piacciono  tanto le minorenni, può sempre farsi prete». Gli altri, compreso  Michele Santoro, ridono. Che cosa ci sia da ridere non riesco a  capirlo. Ma loro sono fatti così, e ridono. Ridono di un dramma atroce e  di innocenti violentati. Ridono di me e dei miei confratelli sparsi  per il mondo impegnati a portare la croce con chi da solo non ce la fa.  Ridono sapendo che tanta gente davanti alla televisione in quel  momento si sente offesa in ciò che ha di più caro e soffre. Soffre per  il Santo Padre offeso e perché la menzogna, che non vuol morire, ancora  riesce a trionfare. Per bastonare Berlusconi, si fa ricorso alla  calunnia. E gli altri ridono.
Vado a letto deluso e amareggiato,  sempre più convinto che con la calunnia e la menzogna – decrepite come  la befana o come le invenzioni di qualche battutista e di qualche  sussiegoso giornalista-presentatore televisivo – non si potrà mai  costruire niente di nuovo e stabile. E il giorno dopo scopro che alla  Rai, finalmente, stavolta qualcuno s’è indignato. Spero solo che adesso  Vauro e Santoro e qualcun altro che non sto a ricordare non facciano,  loro, le vittime. E che in Italia ci sia più di qualcuno che comincia a  farsi avanti e, senza ridere, dice chiaro e tondo che non si può  continuare a infangare impunemente quegli onesti cittadini dell’Italia  e del mondo che sono i preti.
(tratto da Avvenire 23-1-2011) 

