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DOMODOSSOLA

Sollevato il don che ha benedetto le nozze civili

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Dopo la benedizione delle nozze civili del sindaco di Domodossola, il vescovo di Novara solleva don Vincenzo Barone da vicario dell'Ossola. Ma tace sull'errore commesso. Il sospetto che più che il fervore poté il clamore.

Editoriali 12_09_2023

È costata cara al parroco di Domodossola la benedizione del matrimonio civile del sindaco. Secondo quanto la Bussola è in grado di apprendere, don Vincenzo Barone è stato sollevato dall’incarico di Vicario dell’Ossola, che aveva ricevuto su mandato del vescovo di Novara Franco Giulio Brambilla.

La notizia, che non è stata confermata sul sito della diocesi, è però stata fatta circolare già venerdì sera tra i sacerdoti dell’Ossola in modo che tutti sapessero che il “fattaccio” di don Vincenzo era stato adeguatamente punito.

A succedere a don Barone come vicario, è don Luigi Preioni, che è stato nominato pro tempore vicario dell’Ossola. Il vescovo ha sostanzialmente richiamato in servizio il sacerdote che era già stato vicario e al quale era succeduto proprio don Barone, per mettere una pezza di fronte a una situazione imbarazzante che stava creando non pochi grattacapi al vescovo.

Come la Bussola ha documentato, infatti, don Barone non solo ha giustificato la benedizione dei due sposi in sala consiliare con ragioni di amicizia e vicinanza senza alcun riscontro nelle leggi canoniche della Chiesa, ma ha tirato in ballo persino Amoris Laetitia. Peccato che l’esortazione apostolica di Papa Francesco nulla dica a proposito di queste benedizioni, ma venga usata ormai, anche a causa di alcuni suoi passaggi ambigui, come grimaldello per giustificare le fughe in avanti più ardite nel campo della dottrina.

Le polemiche erano state vibranti nei giorni scorsi. Oltre agli articoli di giornale, anche alcuni sacerdoti avevano stigmatizzato il comportamento di don Barone. Come don Alberto Secci, un parroco della zona che aveva accusato il confratello di cercare solo visibilità e applausi. Dunque, polemiche finite e palla al centro. Con qualche importante sottolineatura.

La principale è che in questa vicenda il vescovo non è intervenuto pubblicamente per spiegare al sacerdote e soprattutto ai fedeli che non è consentito benedire le nozze civili di chicchessia, fosse anche il sindaco del paese. Benedire un matrimonio civile significa benedire un’unione che la Chiesa non riconosce e che giudica come peccaminosa, al di là di tutto quello che si vorrebbe dire usando i processi aperti da Amoris Laetitia. Dunque, se da un lato Brambilla non si è esposto, anche forse per non dover spiegare che Amoris Laetitia non si può stiracchiare per farle dire quello che non dice, dall’altro ha agito più per salvare la faccia che per amore di verità.

Sembra che a muovere il vescovo sia stato più il caos suscitato dalle polemiche scaturite dopo la cerimonia in sala consigliare, con tanto di recita del Padre Nostro, che il desiderio di ristabilire un minimo di verità su ciò che la Chiesa ammette e ciò che invece per sua natura non può accettare, in questo caso la benedizione di un’unione che non è regolare.

Più che il fervore, potè il clamore. Più per quieto vivere, che per verità. Verrebbe da chiedersi che cosa sarebbe successo se i giornali non avessero montato la polemica e se la cosa fosse scivolata via come un semplice episodio di folclore da strapaese, buono per cinque righe in cronaca. Avrebbe agito in questo modo il vescovo? Qualche sospetto è lecito coltivarlo, anche alla luce del fatto che Brambilla, sulla questione, non è intervenuto, quindi si può sempre pensare che abbia deciso di sostituire don Barone non per quello che ha fatto, ma per calmare le acque dopo la reazione che c’è stata dopo il suo gesto.