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ROMA

Soffiata del delatore: la Polizia entra in chiesa a Messa

Un delatore spiffera alla Polizia municipale e gli agenti entrano in chiesa a Messa per controllare il rispetto delle norme anti-Covid. Succede in una chiesa di Roma Centro il primo dell'anno. Ma il sacerdote ha sempre rispettato distanziamento e mascherine. Eppure è bastata una soffiata per provocare un'irruzione che non è consentita né dal Concordato né dalla Costituzione. L'episodio mostra le falle del protocollo Cei: dopo aver lasciato campo libero allo Stato di decidere sulla vita liturgica, gli è stato dato anche il potere di esercitare il controllo sul culto.

Libertà religiosa 03_01_2021

La polizia è tornata in una chiesa durante la Messa su segnalazione di un delatore. Succede il 1° dell’anno a Roma in una chiesa del Rione Ponte. Con la fine del 2020, pensavamo di esserci lasciati alle spalle le tristi immagini degli agenti che interrompono le celebrazioni per contestare al celebrante l’inosservanza delle norme anti covid. E invece il caso si è puntualmente ripresentato all’inizio del 2021 sotto forma di una vera e propria incursione per verificare il rispetto del Protocollo Messe sancito da Cei e governo italiano.

Quello del controllo degli agenti di polizia nelle chiese è sempre stato un grande interrogativo senza risposta dopo la firma dell’accordo tra il cardinal Bassetti e il ministro Lamorgese. Ce lo chiedevamo anche nel maggio scorso quando sono ricominciate le Messe con presenza di popolo. Chi controllerà che i preti eseguano il protocollo? Ecco la risposta.

Dopo mesi di relativa tranquillità, in cui la Chiesa ha schivato la “scure” governativa dei divieti e delle proibizioni toccate invece ad altre realtà, ecco che il primo giorno dell’anno ci ha presentato un episodio che getta una luce oscura nell’osservanza del Concordato.

L’articolo 5, comma 2 dell’accordo tra Santa Sede e Repubblica Italiana, che modifica le norme del Concordato dice che «salvo casi di urgente necessità, la forza pubblica non potrà entrare per l’esercizio delle sue funzioni negli edifici aperti al culto, senza averne dato previo avviso all’autorità ecclesiastica».

E invece gli agenti hanno bussato nella chiesa affidata ad un istituto di vita religiosa, che per evitare “ritorsioni” ci ha chiesto di non rendersi identificabile.

È stato lo stesso priore ad annunciarlo ai fedeli nel corso della Messa delle 10.30 per ricordare ai fedeli il rispetto delle normative anti covid (distanziamento e mascherina): «Questa mattina abbiamo ricevuto la visita della Polizia Municipale alla Messa delle 8.30», ha detto il sacerdote all’inizio della celebrazione aggiungendo che gli agenti si sono mossi su «segnalazione di un vicino». Non è dato sapere chi ha inviato la richiesta di verifica alla Polizia, però è certo che il sacerdote – così come tutta la comunità sacerdotale – è solito osservare le norme anti covid, tanto che anche nell’ultimo notiziario dato ai fedeli e datato 27 dicembre, il padre scriveva con carattere grassetto: “Vi chiediamo di seguire attentamente le indicazioni sanitarie che ben conoscete al fine di proteggere la libertà di culto e i più fragili. Grazie per la vostra comprensione!”. Perciò siamo di fronte a una chiesa che osserva regolarmente le disposizioni, come del resto tutte le chiese ormai presenti in Italia. E dunque?

Al telefono con la Bussola il Padre è cortese, ma non ha intenzione di aggiungere altro salvo specificare che gli agenti sono stati «gentili».

Il punto, però, non è la gentilezza degli agenti, ci mancherebbe anche questo, ma è la stessa incursione che desta più di una preoccupazione per la tenuta della libertà di culto in questo Paese.

Non sappiamo al momento in quale momento della celebrazione sono arrivati gli agenti: se prima della campanella d’introito o durante lo svolgimento del Santo Sacrificio o addirittura alla fine. E neppure se il controllo ha previsto un’interruzione dell’atto di culto. In questo caso la violazione delle norme concordatarie e della stessa Costituzione sarebbero due.

Quel che è certo è quanto il padre ha raccontato due ore dopo ai fedeli e confermato anche alla Bussola: la polizia è entrata – gentilmente - in chiesa per verificare il rispetto delle norme anti covid e lo ha fatto solo perché un delatore ha invitato gli agenti a controllare. Ma la polizia non può entrare in chiesa se non, appunto, per urgente necessità (ad esempio fermare un omicidio) e comunque dopo aver almeno informato il vescovo. Non erano certo queste le condizioni che i vigili romani si sono trovati davanti agli occhi nel corso della prima messa dell’anno nella chiesa.

Oltre alla grana del rispetto della libertà di culto, l’episodio ne apre anche un altro che era facile intuire: accettare di negoziare con il Governo la regolamentazione della liturgia, ha portato la Chiesa a lasciarsi controllare in casa sua per permettere allo Stato di verificare il distanziamento e le mascherine. E magari anche che la comunione venga distribuita in mano e non in bocca. Non è una bella notizia per la libertas Ecclesiae.