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ANALISI DI UN FENOMENO/1

Sinodo, i giovani intesi come "categoria sociale"

Nel prossimo Sinodo sui giovani, i giovani saranno intesi come categoria sociale? Sempre la Chiesa si è interessata dei giovani, ma soprattutto in funzione educativa, tanto che qualche anno fa si parlava di “emergenza educativa”. Nella liturgia, la "gioventù" è la vita nuova portata da Gesù. Ma non una categoria sociale.

Ecclesia 24_09_2018
I giovani all'incontro del Circo Massimo di Roma

Il Sinodo sui giovani nasce con qualche anticipata delusione e scontentezza da parte di alcuni per le recenti nomine papali, che però fanno esultare altri. Nasce anche con qualche rivendicazione per aver attenuato certe richieste dei giovani “tradizionalisti”. Per quanto si possa solidarizzare con chi è a disagio ripetendo: «Chi è debole, che anch’io non lo sia? Chi riceve scandalo, che io non ne frema?» (2Cor 11,29), un minimo di conoscenza storica insegna che sgambetti del genere furono frequenti in sinodi e concili dall’antichità al Vaticano II, per cui, come annotava Congar, la conoscenza della storia decongestiona i problemi. Ciò che è nuovo è la posta in gioco, cioè probabili prospettive sulla vita affettiva con qualche frase a metà strada, appunto per “avviare dei processi”. Preghiamo che ciò non avvenga.

A parte queste considerazioni, le problematiche su Amoris laetitia e sulla condotta di alcuni prelati continueranno a predominare, costringendo il Sinodo a restare un poco sottotraccia. Il che pone la questione della non opportunità di un Sinodo dei Vescovi a distanza di soli tre anni dal precedente. Ha senso ogni tre anni scuotere la pastorale con attenzioni nuove? Bastano tre anni per assimilare le svolte? Le quali, così riavvicinate, non rischiano di compromettere la pastorale di fondo invece di aiutarla? Se poi si aggiungono i raduni nazionali e i sinodi diocesani, si crea un accavallamento di categorie e di preminenze che fanno perdere la testa. E prova ne sia il fatto che 7 anni or sono mons. Franco Giulio Brambilla propose di spostare l’attenzione dai tria munera - ministero della parola, culto, governo ecclesiale, che corrispondono a Gesù Cristo profeta, sacerdote e re - ai “cinque ambiti” del convegno della Chiesa italiana a Verona (cf La Rivista del Clero Italiano 6/2011, pp. 389-407). Tre funzioni così vitali per la vita cristiana sono barattabili con i cinque ambiti di Verona? E poi quanti ricordano ancora quali sono i cinque ambiti di Verona?

I giovani come categoria sociale. Sempre la Chiesa si è interessata dei giovani, ma soprattutto in funzione educativa, tanto che qualche anno fa si parlava di “emergenza educativa”. Così si parlava del rapporto genitori/figli, scuola/scolari, Chiesa/giovani, società/giovani ecc. Sembra però che questo approccio, che pure è presente, non sia l’approccio del Sinodo, il quale intende rapportarsi ai giovani come una nuova categoria di persone con un loro peso interlocutorio e in un certo senso contrattuale. Ciò corrisponde a una evoluzione della società, quando certe persone che ci sono sempre state, diventano ad un certo punto un soggetto interlocutorio e politico, come ad esempio la “classe operaia”.

Forse è dal 1985 che si è consolidato un approccio del genere. Infatti il 1985 fu proclamato dall’ONU Anno internazionale della gioventù. L’iniziativa fu assunta da Giovanni Paolo II con la lunghissima Lettera ai giovani Parati semper (31.1.1985: EV 9/1452-1531) e la Lettera ai sacerdoti Ritibus in sacris per il Giovedì Santo sul lavoro pastorale verso i giovani (31.3.1985: EV 9/1437-1451). Da qui presero vigore le Gmg. In relazione a quanto sopra e rileggendo questi due documenti, viene da pensare se oggi sia opportuno un Sinodo sui giovani: basterebbe rileggere i documenti di Giovanni Paolo II e applicarli. In ogni caso l’Instrumentum laboris ha un’intensità e un afflato spirituale decisamente più basso di quei due documenti, almeno a parere di chi scrive. C’è in più, è vero, l’analisi delle difficoltà sociali dei giovani di oggi. Ma sarà il Sinodo a porvi rimedio?

Le sorprese della liturgia. L’Instrumentum laboris è molto parco nel citare testi liturgici. E per forza: i testi dell’attuale Messale non conoscono la categoria de “i giovani”, se non per dire una volta che un tal santo esercitò il ministero tra i giovani e che una santa subì il martirio da giovane. Tutte le altre volte vecchiaia e giovinezza sono intese come: a) la condizione di peccato o prima di Cristo (vecchiaia); b) la vita nuova portata da Gesù Cristo (giovinezza). In questo senso la liturgia prega - innaturalmente se ci si ferma alla condizione fisica e temporale umana - di passare dalla vecchiezza alla novità di vita (ad novitatem vitae de vetustate transire) o addirittura dagli squallori della vecchiaia di risorgere alla nuova infanzia grazie all’acqua battesimale e allo Spirito (a cunctis squaloribus vetustatis ablutus, in novam infantiam ex aqua et Spiritu Sancto resurgere mereatur).

Per quanto possa sembrare strano e spiazzante in riferimento alla nostra categoria de “i giovani”, così è e l’ho dimostrato riportando tutti i testi in un articolo su RPL 2/2018, pp. 65-68. Al limite, partendo da qui, bisognerebbe chiarire ai giovani che quando sono nel peccato, sono in realtà nella vecchiaia, da cui possono recedere attraverso la penitenza sacramentale.

Come l'Instrumentum Laboris cita la Bibbia. Alcune citazioni si riferiscono a qualità o situazioni giovanili: la gioia della giovinezza (Qo 11,9; Sap 2,6; 1Cor 13,7; Ct passim) e la Chiesa collaboratrice della gioia (2Cor 1,24) (n. 76); la forza della giovinezza (Pr 20,29) con il riferimento a Giosuè e Mosè giovani (Dt 31,7.23; Gs 1,6-7.9) e con il testo giovanneo: «ho scritto a voi, giovani, perché siete forti» (1Gv 2,14) (n. 77). Si citano le incertezze di una missione giovanile, come in Ger 1,6.8 e la conseguente maternità della Chiesa secondo Is 49,15-16 (n. 78). Infine la giovane regina Ester è un esempio di «ardimento giovanile» e di «dedizione femminile» (Est 4,16) (n. 83).

Quando si passa al tema vocazionale, si evocano la chiamata dei primi discepoli da parte di Gesù (Gv 1,36-39) (n. 92), la chiamata degli apostoli e di Paolo (Mc 3,14-15; Gv 21,15-19; Rm 1,1; 1Cor 1,1) (n. 94), nonché del giovane ricco (Mt 19,16-22; Mc 10,17-22; Lc 10,25-28) (n. 84). Tutte chiamate ecclesiali (1Cor 1,26; Mc 2,14.17; 1Cor 12,4-6) (nn. 95 e 98) e che suppongono un cammino pasquale e di croce (Rm 6,4-5; Eb 12,2) (n. 93).

La chiamata esige un discernimento e sul discernimento si citano il giovane Salomone che richiede un cuore docile e viene esaudito (1Re 3,9.11-12) (n. 83) e Samuele (1Sam 3,1-21) (n. 81) con l’esigenza di ascoltare anche gli adulti (Eb 5,14) e con la conclusione alquanto stiracchiata che «i sogni degli anziani e le profezie dei giovani accadono insieme» (ovvio riferimento ad At 2,14-36). Nella stessa linea, la parabola del padre e dei due figli (Lc 15,11-32) rimarca l’esigenza della «figura di adulto che tanti giovani cercano nella loro esistenza e che purtroppo non trovano» (n. 79).

Qui finiscono le citazioni sui giovani che li riguardano direttamente. Vi sono poi citazioni e richiami che soltanto possono essere adattati ai giovani ma che non li riguardano in modo specifico, perché sono dimensioni di tutta la vita cristiana: la vocazione in Cristo secondo Col 1,16 (n. 88); il precetto dell’amore (Gv 13,34) (n. 140); l’ascolto della parola, il prendere il largo, l’annunciare il regno di Dio (Lc 5,4; Sal 119,9.105; Lc 4,43) (nn. 91, 186, 172); il tesoro della vita cristiana custodito in un vaso di creta (2Cor 4,7) (n. 142); gli scarti che diventano testata d’angolo (Sal 118,22; Lc 20,17; At 4,11; 1Pt 2,4) (n. 42); la Chiesa che da ricca si fa povera e attrae i giovani (2Cor 8,9) (n. 194) e cammina con loro come Gesù con i due discepoli di Emmaus (Lc 24,13-35) (n. 175).

Vi sono citazioni alquanto stiracchiate. Il dialogo ecumenico e interreligioso attrae i giovani e va condotto con dolcezza e rispetto secondo 1Pt 3,16 (n. 197): ahimè, 1Pt 3,16 non riguarda il dialogo ecumenico, ma il tipo di risposta a fronte dei persecutori o di chi parla male dei cristiani. E poi è vero che i giovani sono particolarmente sensibili a tale dialogo? In un solo numero si citano testi che in qualche modo chiedono di superare «il rischio di rinchiudersi in un’appartenenza elitaria e giudicante» (Mt 15,22-28; Lc 9,51-55; 18,10-14; 15,11-32; Mc 15,39; Gv 9,41) (n. 176): il solo testo pertinente è Lc 18,10-14 (il fariseo e il pubblicano al tempio). E poi la problematica è dei giovani o dei vecchi che erano giovani negli anni ’70? In ogni caso, come mai in un solo numero scomodare così tanti versetti?

Ci sono alcune assenze impressionanti, ad esempio una sola citazione scritturistica e per lo più indiretta (Mt 13,44-46: n. 109) nei numeri “tecnici” sul discernimento vocazionale e sull’arte dell’accompagnamento (106-136): possibile che l’AT e il NT non abbiano nulla da insegnare al riguardo? E infine la ciliegina sulla torta, cioè il testo mai citato di 1Pt 5,5: «Anche voi, giovani, siate sottomessi agli anziani».

Insomma, sembra che quanto ad ispirazione biblica l’Instrumentum laboris si trovi un po’ a disagio e che un certo numero di citazioni siano un po’ ideologiche. Per cui mi viene in mente una risposta del card. Anastasio Ballestrero († 1998) a una domanda su che cosa avrebbe detto alle giovani vocazioni di oggi: «Mah! Io posso solo fare degli auguri ai giovani: che trovino degli educatori e dei formatori che abbiano la testa meno piena di problemi e più ricca di certezze, che abbiano il cuore grande e che si fidino di Dio e non vogliano costruire delle vocazioni al laboratorio o a tavolino. Per me il problema non sono i giovani, ma sono quelli che stanno con i giovani, che li aiutano a diventare vecchi prima del tempo, e li aiutano a diventare burbanzosi e saccenti inutilmente. Che ascoltino il Signore con semplicità e anche se loro non riescono a capire dove arriveranno si fidino di chi li conduce e cioè il Signore» (Intervista a cura di P. Giustino Zoppi, Festa attorno ad un padre. Il Messaggero del S. Bambino Gesù di Praga - Arenzano, ottobre 1989, n. 10, p. 27).

Ma c’è un tassello mancante che spiega tutto, compresa la non citazione di 1Pt 5,5: gli anziani. Ne parleremo la prossima volta.
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