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IL LIBRO DI SCANDROGLIO

Se non poggia sulla legge naturale, ogni legge è ingiusta

La legge umana si fonda sulla legge naturale, che rimanda al fondamento originario della legge eterna. Qui trova senso il concetto di legge ingiusta: essa è una legge umana non giustificata, non legittimata dalla sua corrispondenza alla legge naturale. Il nuovo libro di Tommaso Scandroglio su Leggi ingiuste e male minore

Editoriali 01_03_2021

Proviamo a fare mente locale sulle tante leggi oggi vigenti. Vi obbediamo per timore delle sanzioni, oppure perché così è pressoché sempre stato, oppure perché le ha votate il parlamento. Viceversa ne deroghiamo perché il vantaggio della deroga supera lo svantaggio della sanzione, o perché vogliamo rivoluzionare le leggi finora consolidate, o perché non crediamo in questo parlamento e ne vorremmo un altro. In tutti questi casi, però, si evita di affrontare il tema della legge secondo l’unica cosa che veramente sia importante, ossia se essa sia giusta o meno. E la giustizia della legge non è data né dalla paura delle sanzioni nel caso non la si rispetti, né dal fatto di aver sempre fatto così, né dal voto di un parlamento.

Tommaso Scandroglio dedica un libro [Legge ingiusta e male minore. Il voto ad una legge ingiusta al fine di limitare i danni. Phronesis Editore, pp. 443] al tema della legge giusta e della legge ingiusta e analizza per quali vie sia giusto o ingiusto lottare contro una legge ingiusta.

L’espressione “legge ingiusta” è di per sé una contraddizione. Sant’Agostino sosteneva di non aver mai trovato una legge che non fosse giusta, infatti una legge ingiusta non è nemmeno una legge. San Tommaso pure sosteneva che una legge ingiusta non solo non vincola la coscienza a rispettarla, ma la vincola a non rispettarla proprio perché non è nemmeno una legge. Però per Hobbes non è la giustizia a fare la legge, ma il potere e, quindi, ogni legge, per il solo fatto di essere promulgata dal potere, è giusta. Su questo punto si incontrano il positivismo giuridico alla Kelsen che vede nelle leggi solo dei fatti giuridici validi perché conseguenti ad altre leggi fondamentali fattualmente poste, e lo storicismo secondo il quale in ogni legge finiscono per coincidere vigenza e validità dato che il singolo fatto giuridico e la sua ragione universale coincidono sempre anche se in forma dialettica.

La legge è un ordinamento della ragione. Se crea disordine non raggiunge il proprio scopo, se crea ordine sì. La legge – sia naturale, che morale, che giuridica pur nelle grandi differente tra le tre - è una prescrizione, dice “devi” o non “devi”. La legge è quindi finalistica, in quanto ordina (e corregge il disordine) al fine di permettere alle cose di raggiungere la loro finalità. Senza finalità, infatti, non c’è ordine.

Ora, la ragione dove trova l’ordine finalistico a cui porsi al servizio? Nella mente del legislatore? Nel voto di una assemblea? Nella posizione di un potere? Non sarebbero ordini validi per tutti e sempre. Scandroglio lo spiega bene: la legge umana (o positiva, come dicono i giuristi) si fonda sulla legge naturale, la quale rimanda al fondamento originario della legge eterna. Qui trova senso il concetto di legge ingiusta. Essa è una legge umana non giustificata, non legittimata dalla sua corrispondenza alla legge naturale. Il dramma è che se la legge è solo quella umana, la legge è manipolabile e a disposizione sicché giustizia e ingiustizia si confondono e tra il carnefice e la vittima non ci sarebbe differenza. Se si fonda invece sulla legge naturale non è a disposizione di nessuno.

La parte più consistente del libro di Scandroglio non è tuttavia quella dedicata alle problematiche che ora ho brevemente esposto e che pure fanno da premessa assolutamente necessaria. È piuttosto la parte che esamina il voto dato ad una legge ingiusta al fine di limitare i danni. Qui si entra nel concreto delle lotte contro le leggi ingiuste, che spesso vengono fatte però secondo modalità a loro volta ingiuste. Ciò accade soprattutto quando si vuole correggere una legge per evitare il male maggiore e ridurre il danno, ma in questo modo – fa notare Scandroglio con una analisi dettagliata della casistica più concreta – non si evita il male maggiore, solo lo si dilaziona.

La dottrina del male minore ha tratto in inganno – responsabilmente o meno per le loro coscienze, questo è un altro discorso – molti deputati cattolici e li ha spinti a voler fare il bene attraverso il male. La dottrina del male minore, infatti, è una applicazione della dottrina più generale secondo cui si può fare del male per ottenere un bene. Cosa che Scandroglio nega, con l’avvertenza però di entrare nel merito delle varie possibilità e situazioni per non fare di ogni erba un sommario fascio. In questo senso una delle parti certamente più importanti del libro è l’analisi etica e giuridica dell’utilizzo adeguato del paragrafo 73 dell’enciclica Evangelium vitae di Giovanni Paolo II, il cui testo è stato spesso usato per giustificare scelte di voto nelle aule parlamentari incompatibili con la giustizia.

A porre molti ostacoli ad una corretta concezione dell’azione di lotta contro le leggi ingiuste concorrono oggi due tendenze del pensiero etico e giuridico. La prima è che non esistano i mala in se o intrinsece mala, ossia azioni sempre cattive, inemendabilmente contrarie alla legge naturale e quindi improponibili per la legge positiva. Dalla loro giustificazione il legislatore dovrebbe sempre astenersi in modo non negoziabile e in modo altrettanto tale dovrebbero essere combattute. La seconda – collegata del resto alla prima – è che sia in morale che in diritto esistano solo leggi imperfette. È questa una tendenza molto evidente nella teologia morale di oggi e quindi anche nella concezione di parte cattolica dei problemi giuridici. Il motivo è l’abbandono della dimensione naturale per la dimensione totalmente storica ed esperienziale. La legge è considerata un ideale regolativo, quindi un ideale nei cui confronti le leggi effettivamente statuite possono essere solo una approssimazione. Scandroglio chiarisce queste problematiche esaminandole dall’interno delle vie lecite (o illecite) per lottare contro le leggi ingiuste.