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libertà

Scuole, le parentali alla prova del controllo di Stato

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Dopo la paritarie anche le scuole parentali, a fronte della crescita degli ultimi anni, stanno cominciando a conoscere il controllo marcato dello Stato. Il caso del Trentino deve accendere un campanello d'allarme. 

Editoriali 11_06_2025

Il processo di centralizzazione scolastica, avviato dallo Stato italiano subito dopo l’Unità, sebbene condotto tra le mille peripezie che da subito hanno travagliato il nostro scalcagnato Paese, possiamo dire che ha pienamente conseguito il suo obiettivo ed è ormai andato a regime: per la stragrande maggioranza degli italiani, è assolutamente naturale che l’educazione/istruzione delle nuove generazioni sia totalmente nelle mani dello Stato, che poi significa nelle mani del Governo di turno, quali che siano i suoi orientamenti politici, filosofici o religiosi.

Le grandi battaglie per la libertà di scelta educativa, portate avanti nella seconda metà del secolo scorso da una agguerrita minoranza cattolica, sono ormai alle spalle. Allo Stato, ora, non resta altro da fare che perfezionare il controllo su quegli ultimi residui di istruzione non statale, paritaria e parentale, che tentano disperatamente di sopravvivere all’onda d’urto di un centralismo che gode di un così ampio consenso (o, meglio, indifferenza) popolare.

Controllo: è questa la parola chiave dei tempi attuali. Il 6 giugno appena trascorso, è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale una nuova Legge, la n. 79, che introduce – fra le altre cose - nuove restrizioni per il sistema delle scuole paritarie, con ulteriori misure drastiche per arginare il fenomeno dei cosiddetti “diplomifici, nuove regole per gli esami di idoneità e l’obbligo per tutte le scuole paritarie, a partire dall’anno scolastico 2025/26, di adottare la pagella elettronica, i registri online e il protocollo informatico, accelerando in tal modo il processo di digitalizzazione del settore privato dell’istruzione. Le famiglie delle scuola paritarie, dal prossimo anno scolastico, riceveranno le pagelle via web, email o altre modalità digitali, mentre le comunicazioni scuola-famiglia dovranno essere in formato elettronico.

L’introduzione del registro elettronico, occorre precisarlo, ha aumentato a dismisura le funzioni di controllo in  tempo reale sia per le scuole al loro interno, sia per le famiglie, che adesso hanno modo di sapere in tempo reale dove sono, cosa stanno facendo e che voti stanno prendendo i propri figli. Qualche vantaggio organizzativo c’è stato, ma anche l’effetto collaterale di un considerevole incremento di ansia e invadenza per i genitori, e di assottigliamento delle capacità di responsabilità da parte dei ragazzi.

In sostanza, si ha l’impressione che le scuole paritarie, un po’ alla volta, debbano trasformarsi sempre di più in piccoli cloni della scuola statale, sia sotto il profilo organizzativo che educativo. Cambia solo l’ente gestore, ma le possibilità di movimento del privato diventano sempre più irrisorie; tutto questo, in cambio di un assai modesto sussidio statale.

Una vera possibilità di autonomia didattica e organizzativa resta in capo solo alle scuole parentali, sebbene la tenaglia dei controlli stia cercando di eliminare anche questa piccola sacca di resistenza. Il Consiglio di Stato - a fronte della richiesta da parte di un gruppo di genitori che chiedevano alle scuole la cancellazione dei dati personali dei propri figli (secondo la normativa sulla privacy), sostenendo di non avere più obblighi nei confronti delle istituzioni scolastiche - ha recentemente ribadito che l’opzione dell’istruzione parentale non esclude il ruolo di vigilanza delle autorità scolastiche, facendo riferimento a una serie di sentenze e a quanto riportato dall’articolo 23 del Decreto legislativo n. 62 del 2017, che regola l’istruzione parentale. A ruota, è arrivato anche il rifiuto da parte dei Dirigenti Scolastici, che reputano un loro obbligo effettuare verifiche annuali sull’andamento degli apprendimenti; la norma, in definitiva, permette sì una organizzazione autonoma, ma richiede un controllo della scuola, responsabile il Dirigente, attraverso un esame di idoneità e il monitoraggio degli obblighi di istruzione.

E’ di questi ultimi giorni, poi, il grido di allarme, risuonato nelle stanze del Consiglio regionale Trentino, per il boom di “iscrizioni” all’istruzione parentale, passate 49 a 398 studenti in pochi anni. In risposta alla interrogazione di un consigliere, è stato spiegato che «quello della scuola parentale è un fenomeno che si sta espandendo in particolare nelle aree montane, dove spesso ci si trova a fare i conti con piccoli plessi scolastici e l’eventuale organizzazione di pluriclassi può risultare poco attraente o ritenuta poco efficace dalle famiglie (…) determinando, in diverse zone un ricorso all’istruzione parentale in misura tale da far registrare, in alcuni casi, un numero di bambini e ragazzi che studiano in casa superiore a quello di realtà urbane ben più grandi». Risposta della Amministrazione di fronte a questa legittima e comprensibile iniziativa delle famiglie? «Serve una regolamentazione più stringente».

Comprendere il fenomeno per arginarlo, non certo per valorizzarlo e sostenerlo: è questa la logica che muove i nostri governanti, a livello locale come nazionale. E’ la logica del controllo da parte del Grande Fratello di orwelliana memoria, la medesima che ha svuotato di ideali dall’interno la nostra società e, in particolare, i nostri giovani, trasformando la scuola italiana nella perfetta attualizzazione di un romanzo distopico.