«Scappato dalla Siria, ho trovato gli islamisti in Francia»
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Il giornalista siriano denuncia la complicità tra l'estrema sinistra e i progetti sovversivi per imporre la shari’a. In cambio minacce e boicottaggi in nome dell'odio anti-israeliano, ritrovando a Parigi lo stesso clima che aveva lasciato in patria 13 anni fa.
Capelli ricci, occhiali sottili e una barba in erba, Omar Youssef Souleimane, scrittore e giornalista, ha l’aria da eterno adolescente. È scappato dalla Siria 13 anni fa, e lo sguardo tradisce quella malinconia di chi è stato costretto a lasciare casa. Parla velocemente un francese perfetto: le parole gli escono di bocca come se fossero state trattenute per troppo tempo, ma anche nel timore di non avere tempo.
All’indomani del 7 ottobre, il clima in Francia è particolarmente effervescente. La mobilitazione pro-Pal è immediatamente massiccia, evidente, invadente. Souleimane fiuta qualcosa nell’aria e decide di infiltrarsi in quelle manifestazioni. «Non avrei mai immaginato che, tredici anni dopo, nel cuore di Parigi, dove mi ero rifugiato per vivere in libertà, sarei stato costretto a travestirmi per partecipare ad una manifestazione – occhiali da sole, kefiah, bandiera palestinese e fondotinta sul viso – per non essere riconosciuto. Mai avrei pensato di ritrovarmi a manifestazioni in cui uomini barbuti, estremisti dall’aspetto aggressivo, ripetevano gli stessi slogan che sentivo in Siria».
È là che Souleimane vede i deputati di Mélenchon tra riferimenti alla moschea di al-Aqsa e sigle dell’islamismo gridano: «ovunque è l’Intifada» e «Israele è l'unico terrorista in Medio Oriente».
Nascerà allora l’idea di un’indagine sotto copertura per scoprire quali legami ci sono tra La France Insoumisse e i movimenti islamisti: il risultato è Les complices du mal, edito da Plon. Con I complici del male (in italiano) Souleimane squaderna i rapporti controversi tra candidati di LFI e i progetti sovversivi di matrice islamista tesi a imporre norme sociali compatibili con la shari’a.
Se le minacce di morte c’erano già prima che il libro venisse annunciato, con I complici del male in libreria è arrivato anche il boicottaggio.
Il suo libro, ancor prima di essere pubblicato, aveva già fatto talmente rumore che LFI ha provato a fermarlo. Ma perché ce l’hanno tanto con lei?
La France Insoumise ha cercato di bloccarlo perché, penso, abbiano paura delle prove e degli elementi concreti che racconto nel libro, delle accuse che rivolgo loro attraverso questo lavoro. Hanno fatto di tutto, ma la magistratura mi ha tutelato.
Il cuore del libro sono i legami tra una parte della sinistra estrema e gli islamisti, di cui il vettore principale è la causa palestinese nel pieno di un processo di islamizzazione. Come e quando nasce l’idea di infiltrarsi tra le file delle prime manifestazioni pro-Pal?
Jean-Luc Mélenchon ha considerato il massacro di Hamas del 7 ottobre come una reazione contro la violenza di Israele, cioè come se Hamas non fosse colpevole. LFI lo ha confermato in un comunicato stampa il giorno dopo. Sono rimasto molto turbato e ho deciso di infiltrarmi nelle loro manifestazioni. Già da tempo avevo constatato l’alleanza tra il partito della sinistra francese e gli islamisti, poi il 7 ottobre ha fatto scattare la molla per un’inchiesta forte e dettagliata. Ed è nato il libro.
Come mai nessuno ha denunciato prima di lei l’utilizzo degli stessi simboli di Hamas nelle manifestazioni pro-Pal cui hanno partecipato rappresentati della République, di fatto, sposandoli?
Ci sono articoli e documenti che denunciano l’alleanza tra LFI e gli islamisti. Non sono il primo a dirlo. Sono, però, il primo ad aver realizzato un’inchiesta lunga e approfondita. Provengo da un mondo dominato dagli islamisti e non volevo che quegli stessi islamisti, che hanno distrutto il mio Paese d’origine, la Siria, distruggessero anche il mio Paese d’adozione, la Francia.
Senza anticipare il contenuto del libro, che cosa ha scoperto?
Ho scoperto elementi gravi. Legami tra parlamentari e associazioni islamiste radicali e antisemite in Francia, come Urgence Palestine, il collettivo che Bruno Retailleau vuole sciogliere. Ci sono islamisti che portano avanti progetti direttamente con deputati de LFI. Le manifestazioni a cui ho partecipato in Francia mi hanno ricordato alcune manifestazioni siriane per la Palestina, dove l’atmosfera è dominata dall’odio e dove Hamas e Hezbollah sono incoraggiati alla distruzione di Israele. Ho capito che questa “complicità nel male” non era una semplice coincidenza: i deputati di LFI e gli islamisti non si incrociano per caso durante le manifestazioni a sostegno della Palestina.
Il libro si apre con un episodio che la vede protagonista. Appena dopo gli attentati di Charlie Hebdo, in metro, la chiamano “ebreo” non come un semplice errore di identità, ma come un insulto antisemita. Che cosa ha significato vivere una cosa simile in Francia, a Parigi, quella che si dice la capitale d’Europa?
È stato molto spaventoso essere aggredito in Francia. C’è stato persino qualcuno che ha cercato di colpirmi perché pensava fossi ebreo. È stato orribile, terribile. Ha risvegliato in me episodi vissuti da bambino in Siria. In quel momento ho deciso di indagare più a fondo, per comprendere le cause e le origini della crescente atmosfera islamista in Francia. Ed anche di impegnarmi, come ero già impegnato in Siria contro gli islamisti. Provengo da una famiglia salafita (scuola dell’islam sunnita ndr.), integralista, e a 18 anni ho lasciato quella famiglia in Siria. Mi sono liberato. So bene cosa significa quando gli islamisti manipolano l’ambiente, l’atmosfera o lo spazio pubblico.
È lo stesso motivo per cui riceve minacce di morte da dopo il 7 ottobre?
Sono impegnato contro gli islamisti e gli antisemiti ed automaticamente ricevo insulti e minacce, sia in arabo che in francese. Penso che ormai faccia parte del nostro quotidiano: quando ci si impegna in questa causa, si viene aggrediti, perseguitati, insultati. Ecco perché ho voluto parlarne anche nel mio libro.
Nella Siria in cui è cresciuto, com’era il rapporto con gli ebrei e cosa le veniva insegnato? Come sono visti ebrei e cristiani laggiù?
Dipende dalla classe sociale con cui si entra in contatto. Alcuni cristiani vivono tranquillamente, senza problemi. Ma in certe città o villaggi dominati dagli islamisti, i cristiani sono aggrediti in massa. Quanto agli ebrei, no, non è più possibile vivere oggi in Siria se si è ebrei.
«Morte a Israele» è lo slogan più ripetuto in televisione e alla radio. Ho trascorso del tempo anche in Arabia Saudita negli anni 2000, durante l’Intifada palestinese. Gli ebrei erano la materia principale delle lezioni al mio college. Gli insegnanti ci invitavano a fare donazioni: “un dollaro per uccidere un ebreo”. Per loro, eliminare un ebreo da Israele significava salvare un musulmano.
Alle ultime legislative il partito della sinistra di Mélenchon, insieme ai suoi alleati, ha ottenuto il record di voti islamici. Che cosa crede che questo significherà per il futuro del Paese?
LFI strumentalizza gli islamisti per ottenere voti. Portano avanti un discorso molto pericoloso, separatista, perché considera i musulmani in quanto tali e non come francesi, quindi come una comunità separata dalla Francia. In questo modo, i musulmani votano per LFI perché ritengono che sia l’unico partito che li difende. E sui social media arabi, LFI viene spesso presentato come un partito glorioso, anche perché ostenta il suo odio per la Francia.
D’altronde sono più di 5 milioni di musulmani in Francia.
E allo stesso tempo gli islamisti utilizzano LFI come cavallo di Troia.
Crede che ci sia la consapevolezza su cosa sia la shari’a e quanto sia una minaccia per la tenuta sociale del Paese?
In effetti, c’è la volontà da parte degli islamisti in Francia di applicare la shari’a nello spazio pubblico per cambiare le norme sociali, non solo in Francia, ma in tutta Europa. È soprattutto l’aspirazione dei Fratelli Musulmani, basta leggere le loro dichiarazioni, discorsi e piani: puntano ad infiltrarsi nella società, creare piccole comunità e influenzare l’opinione pubblica. È ciò che già si osserva in Francia in alcuni quartieri o Comuni. Ritengo che la società francese non sia consapevole fino in fondo dei pericoli a cui va in contro e della minaccia che rappresenta la shari’a.
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