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ROMANZO QUIRINALE

Rodotà e il pericolo di avere un Presidente di parte

Il congresso interno del Pd continuerà anche alla quinta votazione di questa mattina. Prove generali dei parlamentari Pd in diaspora per vedere quanti convergeranno su Rodotà e cadranno nelle braccia di Grillo. Ma Rodotà è una mistificazione.  Non è né fuori dei giochi né di garanzia.
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Politica 20_04_2013
Stefano Rodotà

Il Partito democratico voleva di fatto occupare tutte le massime istituzioni a costo di spaccare il Paese per salvare se stesso. Questo pericolo sembra ora scongiurato, dopo il fallimento delle proposta Prodi. Scongiurato a grave prezzo, ma scongiurato. Emerge però il nuovo rischio che ad occupare la massima carica dello Stato sia il movimento di Grillo che può attrarre i voti della sinistra a causa della frantumazione della sinistra stessa. “Saranno costretti a votare Rodotà”, ha infatti detto. Ma un partito che è “costretto non è più un partito ma un vagabondo che cerca comunque un tetto sotto cui passare la notte.  Quando si rischia di affogare ci si afferra al primo ramo che sporge. Così i parlamentari della sinistra cercheranno di afferrare al ramo Rodotà, cadendo nelle braccia di Grillo. Bersani si era già- inchinato supplice davanti ai Grillini, ora lo potrebbe fare la diaspora dei parlamentari Pd. Come Prodi avrebbe non unito ma gettato il Paese in una situazione di guerra continua, così sarebbe anche per Rodotà. Questo bisogna dirlo chiaro, data la nuvoletta di santità politica che ormai aleggia sul suo capo e data l’insistenza con cui Grillo – e molti altri – lo presentano come indipendente, fuori dai giochi, di garanzia.  

Nella quinta votazione di questa mattina, il Pd ha dichiarato di votare scheda bianca. Ma il Pd non c’è più. Il Presidente Bindi e il Segretario Bersani sono dimissionari. Il clima è di “tutti a casa”. I ras locali controllano le loro pattuglie di deputati. In questo marasma anche l’indicazione di votare scheda bianca certamente non verrà seguita. Anzi, può essere stata data proprio per verificare sul campo quanti voteranno Rodotà. Il congresso interno al Pd continua, nonostante il tragico smacco di ieri sera con Prodi. E’ per questo che bisogna fare chiarezza sul candidato Rodotà e sfatare la favola bella dell’indipendente al di sopra delle parti e dell’uomo di garanzia.

Ieri, parlando ad Udine per la campagna elettorale in Friuli Venezia Giulia, Grillo lo ha nuovamente presentato come un accademico che è sempre stato fuori dai giochi. Ma Stefano Rodotà è sempre stato dentro ai giochi. E’ stato eletto in Parlamento nel 1979, nel 1983, nel 1987 e nel 1992. Dal 1983 al 2004 ha fatto parte dell’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa e in Europa ha ricoperto incarichi sul tema della riservatezza, esperienza che lo ha poi condotto in Italia alla nomina a capo dell’autority sulla privacy. Come mai Grillo e i grillini non ci dicono a quanto ammonta la pensione di Rodotà? Perché quella di Amato l’hanno fotografata al millesimo e di quella di Rodotà non si sa nulla? Perché i vitalizi di parlamentari diventano leciti quando si tratta del proprio candidato? Rodotà ha forse rinunciato a qualche prebenda economica? Perché sono finiti i tempi in cui Grillo se la prendeva proprio con Rodotà come esempio di superpensionato?  Rodotà è il “vecchio che avanza”, ossia proprio ciò a cui i grillini si contrappongono. Il fatto che sia stato votato dal popolo 5 stelle – ma con quale garanzia di democraticità interna? – non consente a nessuno di dire che “il popolo vuole Rodotà”. 

Stefano Rodotà è uomo della sinistra, spesso ha assunto posizioni da sinistra estrema, criticando l’evoluzione dello stesso Partito comunista nelle sue varie fasi di democratizzazione. Come uomo della sinistra è di parte e spaccherebbe il Paese. Lo spaccherebbe anche perché ha posizioni molto spinte sulle questioni eticamente sensibili. Il Presidente dura in carica sette anni, non qualche giorno. Non si tratta di far fare la nuova legge elettorale e basta. Per questo il Presidente deve dare garanzie di equilibrio anche sulle grandi questioni morali di cui il Parlamento si dovrà occupare nel prossimo futuro. Non vorrei sentire il futuro Presidente della Repubblica che tira le orecchie al Parlamento o al Governo perché non hanno ancora legiferato sul fine vita o perché hanno legiferato in un senso piuttosto che in un altro. 

Mai come stavolta il popolo italiano vuole un Presidente autorevole in cui riconoscersi. Dopo Napolitano la Presidenza della Repubblica ha assunto un ruolo politico. Il Presidente non lo elegge ancora il popolo, perché siamo in una repubblica parlamentare, però il popolo vuole sentirlo proprio e non di parte. Rodotà non può svolgere questa funzione e negarlo significa mistificare le cose.