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IMMIGRAZIONE

Rapporto shock in Francia rivela uno "tsunami" di droga

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Uno "tsunami bianco" di coca, quello che sta investendo la Francia, nelle sue periferie. E a spacciare sono cartelli del narcotraffico nordafricani, ormai padroni delle banlieue. Sono loro all'origine delle sommosse.

Esteri 09_08_2025
Polizia a Parigi (La Presse)

Un dossier riservato del ministero dell’Interno francese, visionato in anteprima da Le Monde, ha mandato in tilt l’intero entourage di Emmanuel Macron. Dalle oltre settanta pagine fitte di numeri e allarmi emerge una verità che a Parigi serpeggiava da tempo, ma che nessuno osava pronunciare a voce alta: la cocaina è diventata un rischio sistemico per la Francia. «Lo tsunami bianco è ormai una minaccia esistenziale per il nostro Paese», ha attaccato duramente il ministro dell’Interno Bruno Retailleau, evocando scenari da crisi nazionale. «La droga è una cancrena per la Francia e per i francesi. E sta guadagnando terreno», l’aveva anticipato, a marzo 2024, l’ex ministro dell’economia, Bruno Le Maire, durante un’audizione in Senato.

Il rapporto dell’Ufficio Anti-Narcotici (Ofast), redatto in collaborazione con il ministero di Place Beauvau, racconta uno scenario che sembra uscito da un thriller politico, ma è crudelmente reale: mercato di cocaina e cannabis in piena espansione, violenza record, un giro d’affari stimato in 7 miliardi di euro l’anno, “narco-corruzione” e 2.729 punti di spaccio individuati in giro per la République.

Nel dossier la Francia appare come una piramide criminale perfettamente oliata. In cima, un centinaio di grandi importatori che manovrano le rotte dal Sudamerica e dal Marocco; alla base, oltre 200 mila persone impegnate nella distribuzione al dettaglio; nel mezzo, 5.000 capibanda e migliaia di semi-grossisti che alimentano i punti di spaccio disseminati nel Paese.

«I gruppi che oggi più minacciano la sicurezza nazionale provengono dalla strutturazione criminale dei trafficanti di cannabis marocchini delle città, loro stessi e le loro famiglie, in gran parte discendenti di prima e seconda generazione da immigrati dal Nord Africa e, in misura minore, dall’Africa subsahariana», annota l’Ofast. Sono loro, i nuovi padroni di Francia: i cartelli che controllano il più grande mercato (criminale) di casa Macron. Dominano interi quartieri, hanno trasformato la Francia in un campo di battaglia e sono sempre loro a decidere quando farla diventare davvero rumorosa, dettando i tempi delle rivolte in carcere o nelle strade di Parigi, alle quali il mondo intero assiste puntualmente, attonito.

Le strade francesi, evidenzia ancora il rapporto dell’Ofast, sono diventate «teatro di guerre territoriali che si risolvono a colpi di kalashnikov o granate». I numeri sono spietati: 367 omicidi e tentati omicidi legati al narcotraffico nel 2024, con 110 morti e 341 feriti. Ogni colpo d’arma da fuoco, ogni esplosione, è il prezzo di una guerra che si combatte non solo tra bande, ma contro lo Stato stesso.

 

Il ministro dell’Interno Bruno Retailleau non nasconde la sua inquietudine. «I numeri fanno impallidire quelli del Sud America», confida. Nel solo 2024, i sequestri di cocaina sono schizzati a 53 tonnellate, con un incremento del 130% nel solo 2024. Le città francesi sono ormai frontiere contese dove la Repubblica perde sempre più terreno. «Dal 2021, il numero di omicidi e tentati omicidi è aumentato del 33%», avverte il rapporto dell’Ofast. La rete nazionale di punti di spaccio ha innescato scontri armati in tutto il Paese. Nel 2024, 173 città sono state colpite, contro le 161 dell’anno precedente. In cima alla lista nera, Marsiglia, Grenoble e Tolosa. Ma anche centri medio-piccoli come Villeurbanne, Échirolles e Digione registrano impennate di violenza, segno della diffusione capillare e eterogenea degli atti criminali. E in tutte si registra una forte concentrazione di immigrati di origine africana.

In questo scenario emerge la Dz Mafia, organizzazione criminale marsigliese che domina le cronache. Il nome richiama “Dzayer” (Dz), termine che in dialetto arabo-algerino indica l’Algeria, evocando le radici del gruppo. Considerata un ibrido tra un cartello messicano e una mafia tradizionale, la Dz Mafia è ritenuta responsabile di oltre 250 omicidi dal 2010 — almeno quelli che le autorità sono riuscite a documentare. Così sfacciati e senza tema di rivendicare la loro esistenza continuamente, lo scorso ottobre hanno persino organizzato una clamorosa “conferenza stampa”: narcotrafficanti con i volti coperti, il nome della Dz Mafia ben in vista, per prendere le distanze da due omicidi che avevano scioccato Marsiglia — l’uccisione con una brutalità inedita di un ragazzo di 15 anni, bruciato vivo, e quella di un padre di famiglia, autista di Uber, assassinato su commissione da un quattordicenne.

È la nuova arroganza dei clan che si manifesta in mille modi. Non ultimo, il caso Bagnols-sur-Cèze, nel difficile quartiere degli Escanaux, lontano dall’immagine luminosa di sole e lavanda della Provenza. Qui i trafficanti hanno distribuito volantini nelle buche delle lettere offrendo spesa, riparazioni e materiale scolastico per farsi perdonare i disagi dello spaccio. Non più ombre nelle periferie, ma bande che agiscono da Stato parallelo, amministrando il territorio in chiave criminale e rendendosi indispensabili alla vita del quartiere.

«Se ci sono spacciatori, è perché ci sono consumatori», insiste il ministro dell’Interno Bruno Retailleau. Nel 2023, il 3% dei francesi ha dichiarato di aver usato cocaina almeno una volta nell’anno: 1,1 milioni di persone, quasi il doppio rispetto ai 600mila del 2017, secondo l’indagine Eropp dell’Osservatorio Francese sulle Droghe e le Dipendenze (Ofdt). E sulle Tv francesi e sui social, è stato proprio il ministro Bruno Retailleau a volere un vero “elettrochoc” con una campagna pubblicitaria andata in onda già lo scorso anno: immagini di spinelli, cocaina e un cadavere in fiamme, con lo slogan, «ogni giorno, ci sono persone che pagano il prezzo della droga che comprate». Il ministro aveva respinto le accuse di eccessiva brutalità, ribadendo: «Basta tolleranza verso l’uso ricreativo: fumare uno spinello significa avere le mani sporche di sangue».

Il rapporto spiega, poi, un dettaglio in più: «la violenza è spesso delegata a una forza lavoro reclutata ad hoc, per compensi tra i 2mila e i 10mila euro». Sono i “minori non accompagnati” algerini e marocchini, attratti dal denaro facile e difficili da perseguire penalmente, i principali manovali nei punti di spaccio.

È in questa manovalanza giovanile che affonda la radice stessa delle rivolte che periodicamente infestano e distruggono la Francia: non sono jacquerie figlie di un disagio sociale, ma ultraviolenza dell’ozio e della non volontà d’integrazione. Da queste colonne abbiamo indicato, spesso da soli, chi erano i protagonisti di tutte le notti di devastazione: figli di famiglie poligame sahariane e maghrebine, di giorno sentinelle degli spacciatori, protetti dal fatto che i minorenni difficilmente finiscono in carcere, e di notte protagonisti delle sommosse. Il rapporto dell’Ofast svela proprio come lo spaccio sia l’ossatura di tutte le rivolte che perseguitano la Francia, sostenuto da un ozio assistito fatto di sussidi statali che permettono di vivere senza lavorare.

Alexandre Del Valle, politologo francese, ci spiega che «la sinistra alimenta questo fenomeno con una propaganda antifrancese, anti-polizia, anti-repubblica e anti-scuola, mentre nelle banlieue cresce un odio tribale e rovesciato, amplificato da rapper violenti e lobby wokiste, al grido “ci avete colonizzato, ora tocca a noi”».

Un cocktail che somiglia sempre più a una bomba a orologeria. La Francia sta seduta sopra la miccia, pronta a esplodere.