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ABBIATEGRASSO

Qualcosa non torna nel caso dell'aggressione a scuola

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Ci sono molte cose che non convincono nel caso del sedicenne che ha accoltellato la professoressa: a cominciare dal reperirimento delle armi per proseguire con il padre che ha detto di non sapere nulla. Più che di genitori assenti bisognerebbe parlare di genitori che non sanno più distinguere la fisiologia dalla patologia. E poi le parole del ministo Valditara sui danni da lockdown. Qualcuno pagherà per questo immane disastro? Infine la soluzione magica dello psicologo a scuola: teniamo i ragazzi in un costante clima di allarme, abbiamo patologizzato ogni pensiero divergente e poi ci devono pure imporre lo psicologo, che per norma deve essere scelto? 

Educazione 31_05_2023

Vorrei condividere con i gentili lettori della Nuova Bussola Quotidiana qualche riflessione sugli avvenimenti di Abbiategrasso che hanno visto ieri l'arresto del ragazzo che ha aggredito l'insegnate a scuola ed è detenuto in un ospedale psichiatrico.

Premettendo che ci sono molte informazioni sulla vicenda che non mi convincono, comincio con la strana dichiarazione del padre del sedicenne: «Non ne sapevo nulla». Il ragazzo ha portato in classe un coltello da caccia di trenta centimetri e una scacciacani, aveva avuto sei note disciplinari (disponibili registro elettronico), i genitori erano stati convocati il giorno stesso del crimine per discutere della situazione del ragazzo e il padre non ne sapeva nulla. Incredibile, commenterà qualcuno; non del tutto, secondo me.

Quante volte mi è capitato di incontrare genitori che vedevano quotidianamente un figlio con evidenti disturbi che, di fronte a un atto eclatante hanno commentato nello stesso modo? Più che di genitori assenti bisognerebbe parlare di genitori che non sanno più distinguere la fisiologia dalla patologia, considerata la quantità di problemi clinici che sfilano quotidianamente in televisione e sui media in generale e che vengono considerati «normali». Non mi stupisce che, ad un certo punto, un ragazzo che ha un evidente malessere venga giustificato con un «è il suo carattere… è sempre stato così...».

Passiamo poi alle parole del ministro dell’istruzione e del merito, Giuseppe Valditara: «Dopo l'esperienza del Covid gli episodi di bullismo si stanno moltiplicando, proprio perché si è interrotta quella relazione interpersonale che è fondamentale nello sviluppo educativo. […] Non riesco a immaginare come un insegnante possa essere aggredito in una classe: questo testimonia un problema sociale rilevante ed è in parte anche conseguenza di quello che è successo negli anni passati con il Covid, in quanto, la didattica a distanza ha rotto le relazioni umane. La scuola è invece una grande comunità educante e il rapporto di personalizzazione è decisivo. [...] Voglio che si colga l'occasione per riflettere sull'introduzione dello psicologo a scuola: è un momento particolarmente difficile, il disagio dei ragazzi, anche a seguito del Covid, è molto aumentato».

Ah: la didattica a distanza ha rotto le relazioni umane e, dopo il Covid, il disagio dei ragazzi «è molto aumentato». Mi pare lecito chiedersi perché questa cosa salti fuori solo ora; e perché le istituzioni non abbiamo avuto nulla da eccepire quando, tre anni fa, la Didattica a distanza (DAD) è stata introdotta come misura anti-Covid: non ci voleva un genio, visto che la Bussola aveva dedicato al tema un intero dossier. La cosa più stupefacente – almeno per me – è stato il silenzio degli insegnanti di fronte a questa sciagurata misura, più che inutile: dannosa. Adesso il ministro si accorge che la DAD ha causato gravi disagi ai ragazzi. Qualcuno pagherà per questo immane danno? Chiedo scusa, domanda retorica.

Infine, il cappello dal coniglio: «Voglio che si colga l'occasione per riflettere sull'introduzione dello psicologo a scuola». Ma per favore!

Punto primo: teniamo i ragazzi in un costante clima di allarme (Covid, guerra, siccità, alluvione, «collasso climatico» e chi più ne ha, più ne metta) e poi gli proponiamo lo psicologo perché i ragazzi mostrano un grave disagio? Piuttosto, smettiamola di usare il terrore come strumento di governo. Uno slogan pubblicitario di qualche anno fa recitava: «Prevenire è meglio che curare». O no?

Punto secondo: abbiamo patologizzato ogni pensiero divergente (un esempio a caso), abbiamo incoraggiato forme di disforia e dismorfofobia assicurando i ragazzi che sono «normali»; e adesso introduciamo lo psicologo a scuola (che, tra l’altro, c’è già)? Dopo aver dichiarato che buona parte della popolazione italiana era «fuori dalla società», per tacere di altri insulti: chi si può fidare di un dipendente statale che indaga l’intimità anche familiare dei nostri figli? Se uno studente ha genitori non vaccinati, contrari all’invio di armi in Ucraina, conservatori in materia di morale sessuale e magari cattolici praticanti: chi garantirà loro che non saranno istituiti altri (dopo il vaccino) Trattamenti Sanitari Obbligatori nei loro confronti?

Punto terzo: lo psicologo deve essere «scelto», non può essere imposto perché disponibile a scuola. Nel 1999 l'American Psychologycal Association ha nominato una Task Force; alla prima ha fatto seguito una seconda Task Force, la quale ha infine raggiunto le seguenti conclusioni: «La relazione terapeutica contribuisce in modo sostanziale e coerente all'esito in psicoterapia, indipendentemente dalla tipologia specifica del trattamento» (John C. Norcross, Quando la relazione psicoterapeutica funziona... Efficacia ed efficienza dei trattamenti personalizzati, Sovera, Roma 2012). La relazione terapeutica non può essere imposta, soprattutto a dei ragazzi minorenni.

Piuttosto: che si gettino a mare queste assurde politiche di austerità (altro che bonus psicologo) e si restituisca alle famiglie la possibilità di spendere per la salute dei propri figli. Come prevede l’articolo 36 della Costituzione: «Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa»; e il Magistero della Chiesa che prevede «un salario sufficiente a mantenere sé stesso e la sua famiglia in una certa quale agiatezza» (Rerum Novarum, § 35). Oppure stiamo parlando di carta straccia?