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FALSO UMANITARISMO

Profughi o migranti? La confusione del cardinale Zuppi

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Discorsi e iniziative per superare la distinzione tra migranti irregolari e profughi. E il presidente della Cei è in prima fila a chiedere corridoi umanitari e di lavoro, che però già esistono e funzionano bene per coloro che seguono i canali legali. E anche Avvenire dipinge una realtà falsa sulla situazione dei profughi nel mondo.

Attualità 26_06_2023

“Migrare è un diritto umano”. Nei giorni scorsi questo slogan è comparso spesso su Facebook, reti social e chat. Che emigrare sia un diritto nessuno lo nega. Tutti sono concordi nel deplorare i governi, ad esempio quello della Corea del Nord, che impediscono ai propri cittadini di espatriare o che lo rendono molto difficile. Le divergenze vertono piuttosto sul diritto o meno di entrare in un paese straniero senza documenti e violandone le norme di ingresso.

Però lo slogan è stato diffuso e condiviso il 20 giugno, vale a dire in occasione della Giornata mondiale del rifugiato che le Nazioni Unite hanno istituito nel 2000 per ricordare le persone costrette a lasciare i loro paesi a causa di un conflitto o perché perseguitate. La scelta del momento in cui ribadire questo diritto quindi è decisamente insolita. E tuttavia, come succede ormai da alcuni anni, molti degli eventi svoltisi in Italia accogliendo la sollecitazione dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) sono stati in effetti dedicati non ai rifugiati, ma a chi emigra o piuttosto agli emigranti irregolari diretti verso l’Europa.

A Caserta, ad esempio, il centro sociale ex Canapificio ha allestito un “presidio antirazzista” durante il quale si è trattato delle rotte migratorie che partendo dall’Africa e dall’Asia si concludono con la traversata del Mediterraneo. La città di Trapani ha organizzato un dibattito intitolato “Agire l’accoglienza. Liberi di scegliere se migrare o restare” in cui i relatori hanno illustrato la scelta “forzata”, come è stato sottolineato, di chi parte e i rischi “del viaggio per inseguire un sogno”, annunciando tra le prossime iniziative l’apertura di un corso di medicina internazionale “che guarda verso l’Africa”. Il comune di Ivrea ha organizzato un convegno intitolato “Violenza di genere e tratta degli esseri umani. Percorsi migratori e prospettive di cambiamento”. L’assessore alle politiche sociali di Napoli, Luca Fella Trapanese ha annunciato eventi e iniziative dicendo: “ogni anno celebriamo insieme ai migranti questa giornata dall’alto valore simbolico…in questi giorni di grande dolore per i migranti morti nei nostri mari, la celebrazione della Giornata mondiale del rifugiato assume un valore ancora più rilevante”.

L’obiettivo, dichiarato o sottinteso, di queste e di tante altre iniziative “fuori tema” è eliminare la distinzione tra emigranti irregolari e profughi: tutti “migranti”, ma per scelta “forzata” e perciò l’Europa, l’Italia hanno il dovere di accoglierli.

Tutti migranti. Oppure tutti profughi, quindi con diritto a ottenere asilo: l’obiettivo è lo stesso. Il 23 giugno, durante la veglia di preghiera “Morire di speranza” promossa dalla Comunità di Sant’Egidio a Roma, il presidente della Conferenza episcopale italiana cardinale Matteo Zuppi, che l’ha presieduta, ha ricordato “i 3.170 profughi che, da giugno 2022 a oggi, hanno perso la vita nel Mediterraneo e lungo le vie di terra, cercando di raggiungere l’Europa” e in particolare “i quasi 600 profughi che sono drammaticamente annegati nove giorni fa davanti a Kalamata in Grecia” che si aggiungono agli altri “188 profughi” morti nell’Egeo nell’ultimo anno. Poi la sua omelia è proseguita con la richiesta di “un sistema legale che garantisca protezione e accoglienza per tutti”: l’Europa – ha detto – deve garantire “flussi che siano corridoi umanitari e corridoi di lavoro, corridoi universitari, ricongiungimenti famigliari”.

Ma spetta alla comunità internazionale e non all’Europa garantire corridoi umanitari e di lavoro, di cui però neanche c’è n’è bisogno perché esistono già i sistemi legali reclamati dal presidente della Cei. Quasi 300 milioni di persone attualmente vivono e lavorano in paesi stranieri avendo usufruito dei canali, delle procedure e delle strutture legali esistenti per emigrare all’estero. 29,4 milioni di persone godono dello status giuridico di rifugiati e 5,2 milioni di protezione internazionale, gli uni e gli altri sotto mandato dell’Unhcr, senza che abbiano avuto bisogno di percorrere migliaia di chilometri e spendere migliaia di dollari affidandosi a organizzazioni criminali. La Convenzione di Ginevra e il diritto internazionale infatti vietano di espellere e rinviare al confine i profughi in fuga e prevedono che non si intraprendano sanzioni penali “a motivo della sua entrata o del suo soggiorno illegale contro un rifugiato che proviene direttamente da un territorio in cui la sua vita o la sua libertà erano minacciate”.

Tutti profughi? I dati forniti dal Ministero dell’interno, a cui chiunque può accedere consultando le pagine web del ministero, dicono che la maggior parte delle persone, che percorrono le rotte di terra dall’Africa e dall’Asia e attraversano il Mediterraneo approdando in Europa illegalmente, non sono profughi. Si dichiarano tali per non essere respinti. Ma dal 2015 a oggi solo dal 4% al 14% dei richiedenti asilo hanno ottenuto lo status di rifugiato e altrettanti protezione sussidiaria.

Proprio di questo si lamenta il quotidiano della Cei, Avvenire, che vuole accolti tutti. Per commuovere i lettori, in un articolo del 19 giugno in cui rimprovera Italia e Unione Europea di non assolvere ai doveri di accoglienza, scrive: “Torturati in campi di detenzione, costretti a odissee senza lieto fine per fuggire dalle guerre, le persecuzioni e le violenze che li funestano a casa. È questo il destino, sotto gli occhi di tutti, di oltre 110 milioni di profughi in tutto il mondo”. Che la vita dei profughi, all’estero e interni, non sia facile, non c’è dubbio, ma, grazie a Dio, il quadro descritto è falso. Unhcr, altre agenzie Onu e decine di migliaia di organizzazioni non governative ogni giorno sono impegnate a rendere quanto più possibile sicura e sopportabile l’esistenza di chi è costretto a vivere lontano da casa, in attesa che vi possa tornare.

“L’Italia, l’Europa ritrovano se stesse grazie all’accoglienza” ha detto il cardinale Zuppi. Non hanno mai smesso di accogliere: direttamente sul loro territorio e indirettamente garantendo di anno in anno, insieme ad altri paesi occidentali, la maggior parte dei fondi necessari affinché i profughi continuino a essere assistiti.

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