Pfizergate, uno schiaffo ai cittadini dell'Ue
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Dopo la sentenza della Corte di Giustizia, la Commissione ammette con il New York Times di aver cancellato i messaggi. Un colpo di scena gergognoso che scredita tutta l'istituzione oltre che la Von Der Leyen.

Si moltiplicano le ambiguità e falsità della Commissione sullo scandalo Pfizer ed i messaggi tra la Presidente von der Leyen e l’amministratore delegato del colosso farmaceutico Albert Bourla, di cui ci siamo occupati più volte, che hanno portato all’acquisto complessivo (senza alcuna gara) di diverse centinaia di milioni di dosi di vaccino anti-Covid 19, di cui 215 milioni sprecati per un valore di oltre 4 miliardi di euro. Poco meno di un mese fa, lo scorso 10 luglio, il Parlamento europeo aveva bocciato la mozione di sfiducia per le dimissioni di Ursula von der Leyen, accusata in via principale di opacità gestionale e mancanza di trasparenza per il rifiuto della Commissione di divulgare i messaggi di testo tra von der Leyen e l'amministratore delegato dell'azienda produttrice di vaccini Pfizer durante la pandemia COVID-19.
In quella circostanza, come da noi descritto su queste pagine, la Presidente von der Leyen non aveva affrontato alcun tema della Mozione e delle osservazioni di diversi altri organi europei (Ombudsman, Corte di Giustizia e Parlamento), scegliendo di descrivere il “Pfitzergate” una macchinazione dei teorici della cospirazione. Talmente contraddittoria ed imbarazzante la giustificazione sostenuta da Ursula e dalla maggioranza che le ha confermato la fiducia che, il 30 luglio è scaduto il termine entro il quale la Commissione europea avrebbe potuto appellarsi alla sentenza del maggio scorso sullo scandalo del tribunale dell'UE, senza che la Commissione presentasse ricorso o nuove osservazioni, come aveva invece promesso pubblicamente.
La sentenza della Corte di Giustizia è dunque valida e così la sua decisione che, come scrivemmo allora, stabiliva che la Commissione europea non aveva fornito motivazioni credibili per respingere la richiesta del “New York Times” di consegnare i messaggi di testo scambiati tra il suo presidente e il direttore generale di Pfizer e che sarebbe stata obbligata, in caso di mancato ricorso, a dare libero accesso a tutti i documenti e messaggi intercorsi tra Ursula von der Leyen e Albert Bourla di Pfizer ai giornalisti della testata americana. La Commissione nel commentare il suo mancato ricorso, ha voluto comunicare che avrebbe «rispettato» la sentenza fornendo una «spiegazione migliore» del motivo per cui non aveva pubblicato i messaggi di testo, potenzialmente incriminanti, scambiati negli anni tra von der Leyen e Albert Bourla.
Venerdì 1 agosto l’ennesimo colpo di scena vergognoso ed imbarazzante per tutte le istituzioni e l’intera credibilità europea. Dalla Commissione a Bruxelles viene inviata una lettera al “New York Times” spiegando di aver esaminato i testi nel 2021, ma poiché contenevano solo informazioni logistiche e «di breve durata» relative all'accordo multimiliardario sui vaccini, «non erano stati considerati degni di essere registrati come documenti ufficiali»; la presidente poi «ha cambiato telefono più volte», perdendo i testi scambiati cou Bourla. Da non crederci!
Eppure, non è uno scherzo, è una burla sfacciata verso tutti gli europei, il principio di trasparenza e la serietà delle istituzioni che ci governato da Bruxelles. Il caso chiuso per Ursula von der Leyen, pensando che NYT e tutti noi, inclusi centinaia di parlamentari europei, la Corte di Giustizia e l’Ombudsman possiamo credere che i testi non contenessero nulla di interessante sulla base della valutazione di un funzionario pagato dalla Commissione stessa e che tali messaggi siano andati irrimediabilmente perduti.
Oltre a ciò, la lettera della Commissione al New York Times svela il modo alquanto bizzarro in cui a Bruxelles interpretano la sentenza della Corte di Giustizia. Primo: la Commissione afferma che il capo dello staff di von der Leyen ha esaminato i testi durante «l'estate del 2021» prima di decidere di non archiviarli, mentre la prima richiesta di accesso alle informazioni da parte dell'organo di stampa è stata presentata a maggio 2021. Quindi la Commissione era in possesso dei testi al momento della richiesta e ha deciso di non renderli pubblici né di conservarli, pur sapendo benissimo che sussisteva l'obbligo legale di fornirli al NYT il prima possibile.
Secondo: la Corte ha rilevato diverse carenze da parte della Commissione, la più importante delle quali è che era illegittimo non divulgare i testi in primo luogo e, in secondo luogo, che la Commissione non ha fornito alla Corte una spiegazione sufficiente del motivo per cui non lo ha fatto o non poteva farlo. A fronte di ciò nulla è stato argomentato. La Commissione è determinata nel non voler dare attuazione, né rispettare la sentenza della Corte di Giustizia, sebbene ciò potrebbe implicare un’altra causa legale pluriennale o un’ulteriore prova di sfiducia in Parlamento. Tra l’altro, oltre al discredito che la von der Leyen e la Commissione gettano sulle istituzioni e la loro trasparenza, la sfacciata volontà di non rispettare la decisione della Corte di Giustizia ne svuota efficacia e utilità.
Rimangono solo due ragionevoli alternative: il Consiglio europeo e i capi di Stato e Governo chiedono e ottengono la pubblicazione dei messaggi, si riservano la valutazione sui comportamenti di von der Leyen e impongono invalicabili strumenti di trasparenza negli atti della Commissione oppure, lo stesso Consiglio Europeo propone una unanime modifica dei Trattati in cui si sancisce la chiusura della Corte di Giustizia, sostenendo così il comportamento tenuto di fatto dalla Commissione in questa vicenda. In ogni caso, i cittadini europei escono da questa vicenda “cornuti e mazziati».