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L'EDITORIALE

Perchè i giovani non credono

Sono andati perduti i fondamenti della speranza e della ricerca della felicità. La Chiesa offre un'immagine stanca e prevale una cieca fiducia nella scienza. Ma il riscatto può venire solo dalla gioia di un incontro che ti cambia la vita.

Editoriali 12_07_2011
giovani

Lo slogan sta invadendo tutta la pubblicistica cattolica: i giovani d’oggi sono la prima generazione incredula. Questo accade dopo anni di catechismo parrocchiale e di insegnamento della religione cattolica nelle scuole. Come può essere successo?

E tuttavia non è una novità degli ultimi tempi. Una cinquantina di anni fa – e quindi ancor prima della cesura del ’68 - don Luigi Giussani era partito proprio dalla constatazione di cristianesimo solamente di facciata praticato dai giovani del suo tempo. Li aveva incontrati in treno e li incontrava a scuola: bravi ragazzi che frequentavano preti e oratorio, ma in scuola sparivano nel nulla. Evidentemente lo scollamento tra la generazione dei padri e quella dei figli ha radici profonde, che tuttavia ora emergono in superficie con una fioritura impressionante, manifestata dal palese allontanamento della gioventù dalla Chiesa.

C'è un libretto – quasi un pamphletLa prima generazione incredula (Rubbettino 2010, pp.104, euro 10) di Armando Matteo che ha buon gioco a documentarlo con dovizia di osservazioni e approfondimenti. E’ cambiato l’orizzonte culturale dell’Occidente, dove sono venute a mancare non solo le tradizionali parole e immagini religiose, ma sono andati perduti i fondamenti della speranza della vita, del futuro e della ricerca della felicità. La scienza e la tecnica sembrano aver occupato lo spazio della vita; la programmazione sull’immediato – come un menu à la carte – sembra costituire l’unica ricerca plausibile. La pratica della fede ridotta a sacramentalizzazione si è isterilita, ingabbiandosi con le proprie mani in un cul de sac senza via d’uscita.

L’immagine che la Chiesa
offre di sé a livello pubblico è quella di un’istituzione pesante e pedante, pregna di stanco vecchiume. Gli adulti si riciclano dentro gli stessi schemi politici, economici, religiosi; da essi non sembra venire alcuna prospettiva per il mondo dei giovani. In questa panorama desolato, da dove ripartire? A questo punto il nostro autore lancia rapide proposte, con spunti vivaci e interessanti, ma con una tesi di fondo che sembra rimandare all’infinito ogni prospettiva di risposta.

Infatti pare che innanzitutto debba accadere un nuovo radicale cambiamento del mondo e della Chiesa; solo dopo potrà apparire all’orizzonte una nuova vela per il riscatto dei giovani. Inoltre, in questa lettura pur interessante e stimolante, rimangono occultati nell’ombra due elementi: l’uno di tono pastorale, l’altro di rilievo più sostanziale.

Non viene infatti considerato
l’impatto che sul mondo giovanile hanno ancora le proposte dei nuovi movimenti e dei più recenti richiami mariani. Inoltre non viene considerata la possibilità più elementare, che cioè il cuore dell’uomo, e del giovane in specie, può venire toccato e ancora viene toccato dalla grazia di un incontro, per l’urgenza e la spinta che lo costituisce e che lo rende inquieto sotto tutti i cieli. E’ capitato fin dall’inizio e ha continuato a capitare nei secoli. Perché non potrà accadere ancora?