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PSEUDO RELIGIONI

Per Kamala il Natale è Kwanzaa, festa del Black Power

Kamala Harris, più che augurare il buon Natale, ha augurato buona Kwanzaa alla comunità afro-americana. L'origine di questa festività, inventata nel 1966 da Maulana Karenga è profondamente anti-cristiana e affonda le sue radici nel marxismo.

Esteri 30_12_2020
Kamala Harris

Il prossimo vice presidente degli Stati Uniti, Kamala Harris, ci ha tenuto a fare i suoi personali auguri alla comunità afroamericana di buon Kwanzaa. Con un video pubblicato su Twitter ha voluto condividere i ricordi d'infanzia legati alla festa, i "suoi ricordi familiari preferiti, infatti,", ha detto, "sono tutti legati ai festeggiamenti della Kwanzaa. "Festeggialo quest'anno, anche su Zoom, e felice Kwanzaa". Un messaggio passato inosservato ai più. In primis per il contenuto criptico. 

Le celebrazioni Kwanzaa sono pressoché sconosciute in gran parte dell'Occidente, specie in Europa. Nascono negli anni '60 per intuizione di Maulana Karenga, che s'inventò una specie di festa pensata solo per gli afroamericani. Anzi tecnicamente qualcosa che fosse in grado di dare alla comunità afro l'opportunità di festeggiare se stessa. Con simbolismi rubati, e mistificati, dalla tradizione giudaico-cristiana, la Kwanzaa è puro marxismo culturale, teso a preparare gli afroamericani al sogno del rovesciamento della democrazia negli Usa. Nata esplicitamente in chiave anti cristiana come alternativa al Natale, va celebrata tra il 26 e il 31 dicembre. Tutto nasce nel 1966 quando Karenga, dopo le rivolte di Watts - sei giorni di guerra civile durante i quali la comunità nera mise a ferro e fuoco Los Angeles - pensò di dare una vera e definitiva alternativa alla solennità del Natale, sfuggire alla mentalità dominante e da quella festa inventata da un "Gesù psicotico che aveva inventato una religione di suprematisti bianchi". 

E' in questo spirito che nasce la festa inventata da Karenga. Ma quando l'ambizione di diventare il leader di quel movimento che sarà antesignano dei Black Lives Matter lo porterà a importare la festa nelle scuole degli Stati Uniti negli anni '90, la favola intorno alla Kwanzaa cambierà leggermente. Verranno apparentemente cancellati i riferimenti a Gesù suprematista e rimase tutto il resto. E quindi il nome Kwanzaa che deriva dalla frase swahili matunda ya kwanza, che significa "primizie" - la festa delle primizie tipica nell'Africa meridionale, celebrata in dicembre/gennaio, da cui Karenga rimase ispirato - e  il racconto del festival zulu Umkhosi Wokweshwama decisivo per il nome della festività con una "a" aggiuntiva, affinché avesse sette lettere simboliche. Sette come le candele che fanno da logo, simile alla menorah, alla festa. Una nera, che si accende il primo giorno, e che è il simbolo della comunità afro; tre verdi, come il colore caratteristico del Continente africano per richiamarne lo splendore dei paesaggi; tre rosse, come il sangue versato dagli antenati e come il "realismo sovietico", esibite per evocare il raduno degli oppressi e il rovesciamento dell'ordine costituito.  

Karenga è stata un figura di spicco nel movimento Black Power degli anni '60 e '70, ha co-fondato con Hakim Jamal il gruppo nazionalista nero dell'Organizzazione degli Stati Uniti che è stato coinvolto in violenti scontri con il Black Panther Party nel 1969 - i padri dei BLM a cui, oggi, tanti ex detenuti e membri illustri come Susan Rosenberg e la Shakur (la prima donna ad essere definita dall'FBI, "la più pericolosa dei terroristi") tengono corsi di formazione. L'unico scopo di Karenga era quello di sollecitare la comunità afroamericana a riscoprire le proprie radici africane e promuovere il rispetto reciproco, e creando, allo stesso tempo, animosità nei confronti dei bianchi. Ironia della sorte, viene arrestato e condannato nel 1971 per aggressione criminale, violenza sessuale e altri reati. Karenga ha abusato, violentato e tenuto prigioniere diverse donne. Ne ha anche ammesso i crimini, sostenendo che le donne stavano cercando di ucciderlo. Nel 1975, gli è stata concessa la libertà condizionata e ha continuato a dedicarsi al femminismo e a vari studi africani. Nel frattempo, aveva già istituito la sua festa per il movimento panafricano, sottolineandone la premessa essenziale, "deve esserci una rivoluzione culturale prima di una rivoluzione violenta. La rivoluzione culturale dà identità, scopo e direzione". 

Proprio come molte celebrazioni del raccolto africano durano sette giorni, Kwanzaa ha sette principi noti come Nguzo Saba che Karenga così ha elencato: umoja (unità); kujichagulia (autodeterminazione); ujima (lavoro collettivo e responsabilità); ujamaa (economia cooperativa); nia (scopo); kuumba (creatività); e imani (fede). Gli stessi principi che rispecchiano precisamente quelli che furono abbracciati dall'Esercito di liberazione simbionese, un gruppo terroristico americano rivoluzionario e filo-marxista degli anni '70. Quando Karenga fondò per la prima volta la Kwanzaa, lui e i suoi seguaci realizzarono anche una bandiera del nazionalismo nero e con tanto di giuramento: "Promettiamo fedeltà al rosso, al nero e al verde, la nostra bandiera, il simbolo della nostra eterna lotta, e alla terra che dobbiamo ottenere; una nazione di neri, di tutti noi, totalmente uniti nella lotta, per l'amore nero, la libertà nera e l'autodeterminazione nera".

La filosofia alla base della Kwanzaa è conosciuta come Kawaida, una variazione del marxismo classico, che prevede anche la profonda inimicizia verso i bianchi. I praticanti di Kawaida credono che la propria identità razziale "determini le condizioni di vita, le possibilità e la comprensione di sé" - proprio come i marxisti identificano la classe come il fattore determinante delle proprie condizioni di vita, della propria esistenza. La Kwanzaa in Africa non è una festa, anzi è persino ad oggi sconosciuta, e, inoltre, Karenga ha basato la festa sulle radici dell'Africa orientale. Ma durante la famosa tratta degli schiavi transatlantica a cui si alluderebbe, i neri furono prelevati dall'Africa occidentale, il che significa che Kwanzaa e la sua terminologia swahili non fanno parte dell'eredità neanche della maggior parte degli afroamericani, e hanno riferimenti un po' distorti.

A fronte di tutto ciò, resta inspiegabile il perché la Harris abbia augurato "felice Kwanzaa" a sé stessa e rievocato la sua infanzia. Kamala è nata e cresciuta in California, a Oakland, da madre indiana e padre giamaicano. Dopo il divorzio dei genitori resterà con la madre e crescerà nell'induismo - come dimostrano le fotografie che lei stessa ha diffuso della sua infanzia. Quando Karenga s'inventa il Kwanzaa, Kamala ha due anni e prima che la festa diventi nota in tutto il Paese ne passeranno almeno venti di anni. Cosa c'entra allora Kamala con il mondo afroamericano? Perché si è inventata la dolce infanzia nella rivendicazione di una festa che celebra una comunità che non è la sua? E quale messaggio ha voluto mandare al Paese e ai Black Lives Matter?