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RELAZIONE SULLA PRIVACY

Pedopornografia e altre derive, gli allarmi del Garante

La pandemia ha compresso il diritto alla privacy e accresciuto il rischio di derive autoritarie. Come l’algocrazia, cioè il potere di controllo delle piattaforme online, che per le censure anti-Trump ha superato il limite. Il 2020 ha segnato un boom di pedopornografia e di adescamento di minori sul Web. Gli allarmi del Garante per la privacy, Pasquale Stanzione, nella sua Relazione annuale.

Attualità 03_07_2021

A causa della pandemia, la compressione del diritto alla privacy è stata abnorme. In nome della “deificazione” del diritto alla salute, la riservatezza dei nostri dati personali e sensibili è stata pressoché azzerata. La profilazione dei comportamenti individuali ha raggiunto livelli parossistici, alimentata da una caccia all’untore senza precedenti.

Ora, però, con il graduale ritorno alla normalità, dovrebbe allentarsi la morsa sulle persone, o almeno questo è il ragionevole auspicio della stragrande maggioranza degli italiani. Altrimenti i rischi di derive autoritarie aumenterebbero, come ha peraltro evidenziato ieri Pasquale Stanzione, presidente dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali, nella sua Relazione annuale.

Da una parte l’invadenza del potere statuale, dall’altro lo strapotere delle piattaforme online: una sorta di tenaglia che ha stretto in un abbraccio soffocante le libertà individuali, mettendo a rischio anche gli equilibri democratici. Non a caso il Garante ha parlato apertamente di rischio “algocrazia”, cioè di vite umane nelle mani di algoritmi imperscrutabili e ‘onnipotenti’. «La permanenza della condizione pandemica - ha detto Stanzione - ci ha insegnato a convivere con le limitazioni dei diritti, tracciando tuttavia il confine che separa la deroga dall’anomia, dimostrando come la democrazia debba saper lottare, sempre, con una mano dietro la schiena. Quella della democrazia liberale contro le derive autoritarie è una vittoria da rinnovare giorno per giorno mai dandola per acquisita».

Occorre, secondo il Garante, sfuggire «alla tentazione delle scorciatoie tecnocratiche della biosorveglianza. E se la traslazione on line della vita e la funzionalizzazione, a fini sanitari, della tecnica è stata possibile senza cedere allo stato di eccezione, ciò non ha comunque potuto impedire una profonda trasformazione sociale, culturale e perfino antropologica di cui la pandemia è stata un catalizzatore, rivelando quanto sia profonda l’interrelazione tra la nostra vita e il digitale».

Stanzione è molto diretto anche sul tema delle piattaforme. «A partire dai primi mesi di lockdown e con effetti, tuttavia, verosimilmente destinati a perdurare, alle piattaforme è stata affidata la stragrande maggioranza delle nostre attività quotidiane; la parte più significativa degli scambi commerciali è avvenuta on-line, persino le prestazioni sociali più rilevanti (dalla scuola all’università, dai servizi amministrativi alla giustizia) sono state erogate da remoto». La pandemia ha insomma consegnato ai gestori delle piattaforme le chiavi della nostra identità digitale e spesso, come nel caso delle censure a Trump, questo controllo si è spinto troppo avanti. «La sospensione degli account Facebook e Twitter di Donald Trump - ha evidenziato il Garante - ha rappresentato plasticamente come le scelte di un soggetto privato, quale il gestore di un social network, possano decidere le sorti del dibattito pubblico, limitando a propria discrezione il perimetro delle esternazioni persino di un Capo di Stato».

Tra le emergenze più incalzanti affrontate dal Garante nella sua Relazione annuale c’è senza dubbio quella della pedopornografia. Nel 2020 si è registrato un incremento di circa il 132% rispetto al 2019 dei casi trattati dal Centro nazionale per il contrasto della pedopornografia e un aumento del 77% dei casi di vittimizzazione dei minori per grooming (l’adescamento, ndr), cyberbullismo, furto d’identità digitale, sextorsion (l’estorsione di denaro o di ‘favori’ sessuali dietro minaccia di pubblicare materiale compromettente di natura sessuale, ndr).

Il 68% degli adolescenti risulta essere stato, nel 2020, testimone di casi di cyberbullismo. «Sono dati allarmanti, che non possono non esigere un’assunzione di responsabilità collettiva rispetto a soggetti, quali i minori, le cui vulnerabilità possono renderli le vittime elettive delle distorsioni del web», ha commentato Stanzione, che peraltro negli ultimi mesi è intervenuto nei confronti di Tik Tok, social network di video e musica usato in particolare dai giovanissimi. Il Garante ha chiesto e ottenuto misure per la verifica dell’età di chi si iscrive alla piattaforma e ha lanciato una campagna informativa, insieme a Telefono Azzurro, per richiamare i genitori a vigilare sull’iscrizione dei propri figli ai social network.

Per contrastare il fenomeno del revenge porn, il Garante ha attivato un canale di emergenza per aiutare le persone che temono la diffusione di foto o video intimi senza il proprio consenso. L’Autorità assicura procedure di intervento a tutela delle vittime di cyberbullismo e ha avviato una campagna di sensibilizzazione per il contrasto al fenomeno. L’Autorità ha inoltre fornito indicazioni su come difendersi dai software dannosi, in particolare dai ransomware, i programmi informatici che prendono “in ostaggio” un dispositivo elettronico.

C’è da sperare che la Relazione del Garante per la privacy possa far riflettere, tra le altre cose, anche sulla necessità di un graduale riequilibrio tra la privacy e il diritto alla salute, che preservi la persona sul piano sanitario ma anche degli altri diritti garantiti dalla Costituzione e dalle leggi vigenti.