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dopo la sentenza

Ouellet condannato, scintille tra Santa Sede e Francia

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Dopo la condanna del cardinal Ouellet, la Santa Sede parla di "presunta sentenza" e sembra adombrare il mancato riconoscimento di quanto stabilito dai giudici di Lorient.  

Ecclesia 15_04_2024

La Santa Sede rompe il silenzio sul processo civile che coinvolge uno dei cardinali a lungo più potenti in Curia, il canadese Marc Ouellet. Lo fa a più di una settimana dalla sentenza pronunciata dal tribunale di Lorient che ha condannato il prefetto emerito del dicastero per i vescovi nell'ambito del procedimento nato dalla denuncia di Sabine Baudin de la Valette, l'ex suora cacciata definitivamente dalle Domenicane del Santo Spirito nel 2021 a seguito di una visita apostolica da lui condotta a Pontcallec.

Non è tenera la reazione della Segreteria di Stato che, come si apprende da una comunicazione del direttore della Sala Stampa Matteo Bruni, ha tramesso una nota verbale all'ambasciata francese presso la Santa Sede lamentandosi di aver «appreso solo dalla stampa della presunta decisione del tribunale di Lorient». Un'asserzione che però deve aver fatto saltare sulla sedia più di qualcuno in Francia per il ricorso all'espressione "presunta sentenza" che sembra significare il mancato riconoscimento da parte della Santa Sede di quanto stabilito dai giudici di Lorient.  

Nella nota verbale inviata dalla Terza Loggia si afferma che il «cardinale Marc Ouellet non ha mai ricevuto alcun atto di citazione dal tribunale di Lorient». Questo è un aspetto già emerso nel corso del processo e di cui anche noi ci eravamo occupati: il porporato non si era presentato in udienza e non aveva nominato un rappresentante legale a differenza dei visitatori dom Jean-Charles Nault e madre Maylis Desjobert e della comunità religiosa.

Secondo quanto affermato dai giudici di Lorient, la convocazione del cardinale sarebbe stata effettivamente depositata presso l'organismo europeo preposto. Tuttavia, quest’ultimo non avrebbe restituito il documento, motivo per cui la legge francese prevede in questi casi un termine di sei mesi, affinché l’interessato abbia il tempo di essere informato.

Nella sentenza, il tribunale di Lorient ha sostenuto che la notificazione della citazione sarebbe stata trasmessa e che ad essa sarebbero seguiti dei solleciti, ma l'ufficiale giudiziario non avrebbe ottenuto risposta, nemmeno il rifiuto di riceverla. 

La Segreteria di Stato, precisando che il «cardinale Marc Ouellet ha effettivamente condotto una visita apostolica all’Istituto delle Dominicane dello Spirito Santo, in ottemperanza ad un mandato pontificio» sembra rispondere ai giudici francesi che nella sentenza avevano contestato la presunta mancanza di un mandato papale scritto a Ouellet per condurre una visita apostolica che sarebbe stata al di fuori della sua competenza di prefetto del dicastero per i vescovi. Il tribunale di Lorient aveva anche sostenuto che «nel diritto canonico come in quello civile, chi afferma di essere delegato deve provare la sua delega».

In diversi punti della sentenza è stato tirato in ballo il diritto canonico, sostenendo de facto che nell'ambito della visita apostolica che ha portato all'espulsione della suora non sarebbe stato pienamente rispettato. Giudizi che la Segreteria di Stato sembra aver ritenuto, legittimamente, un'invasione di campo. Nella nota trasmessa all'ambasciatore francese si afferma duramente che «un’eventuale sentenza del tribunale di Lorient potrebbe sollevare non soltanto questioni rilevanti che riguardano l’immunità, ma qualora si fosse pronunciata in merito alla disciplina interna e all’appartenenza ad un istituto religioso, potrebbe aver dato luogo a una grave violazione dei diritti fondamentali alla libertà religiosa e alla libertà di associazione dei fedeli cattolici».

Certo, sorprende che una reazione così vigorosa capace di evocare persino il diritto alla libertà religiosa e di far sfiorare un incidente diplomatico con la Francia arrivi nel caso di una suora espulsa (e rimasta, secondo la pronuncia dei giudici di Lorient, senza sostentamento economico dopo 34 anni di vita comunitaria) a seguito di una visita apostolica condotta da un potente cardinale di Curia. A quanto risulta pubblicamente, non c'è stata un'analoga protesta lo scorso giugno quando la polizia tedesca, su mandato del pubblico ministero, ha fatto irruzione degli uffici dell'arcidiocesi di Colonia ed ha perquisito computer e documenti alla ricerca di una presunta lettera del cardinale Rainer Maria Woelki indirizzata alla Congregazione per la dottrina della fede nel 2018. Né la voce della Segreteria di Stato - a differenza di quella della Penitenzieria apostolica ancora guidata dal cardinale Mauro Piacenza -  si è alzata fino a questo punto quando in Australia e altrove hanno iniziato il loro iter normativo disegni di legge che volevano obbligare i sacerdoti a violare il segreto confessionale.