Nuovi diritti = violazioni. Svolta USA in politica estera
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Dal prossimo rapporto sui diritti umani nel mondo, il finanziamento dell’aborto, le leggi contro la libertà d’espressione, i trattamenti per la “transizione di genere” saranno inclusi tra le violazioni della dignità umana. Svolta storica del Dipartimento di Stato. Dietro, il riferimento a Dio.
Il piano inclinato dei “nuovi diritti” si può ribaltare, se c’è la volontà politica di farlo. Lo conferma l’annuncio del Dipartimento di Stato degli USA che dal 2026 cambierà significativamente il modo di stilare il proprio rapporto annuale sul rispetto dei diritti umani nel mondo. In particolare, saranno ritenute violazioni dei diritti umani: i trattamenti ormonali e gli interventi chirurgici diretti alla “transizione di genere” dei bambini; gli aborti finanziati dai governi; le leggi che attentano alla libertà d’espressione; le politiche Dei (acronimo inglese che sta per “diversità, uguaglianza e inclusione”) in tema di assunzioni, ossia le corsie preferenziali in base fondamentalmente alla razza e all’identificarsi come Lgbt; l’eutanasia coercitiva.
Il cambiamento è stato comunicato dal Dipartimento di Stato con un telegramma inviato lo scorso 20 novembre a tutti i consolati e le ambasciate statunitensi. «Questo telegramma contiene istruzioni precise che suscitano profonda gratitudine nei rappresentanti del movimento pro-vita di tutto il mondo», scrive Raimundo Rojas, membro di National Right to Life. Riguardo all’uccisione dei nascituri, a partire dall’anno prossimo, i diplomatici americani dovranno indicare non solo se i governi sovvenzionano l’aborto e le sostanze abortive, ma anche la stima del numero totale di aborti praticati ogni anno in un dato Paese. In breve, l’aborto volontario verrà considerato per quello che è, un gravissimo attacco contro la vita e la dignità umana. Un fatto di portata storica rispetto al recente passato, perché segna un deciso cambio di rotta nella politica estera degli Stati Uniti.
È dagli anni Settanta del XX secolo che il Dipartimento di Stato compila un rapporto annuale sullo stato dei diritti umani in ciascun Paese membro dell’Onu. Questo rapporto è considerato da più parti come lo studio più completo fatto da un singolo governo su tale questione. Ma negli anni, tanto più in questo terzo millennio, la valutazione di quali siano i diritti umani e le loro relative violazioni è cambiata notevolmente in base al “colore” dell’amministrazione, se democratica o repubblicana. Per fare un paio di esempi emblematici, durante i mandati di Barack Obama e Joe Biden alla Casa Bianca, i rapporti del Dipartimento di Stato includevano una sezione sui cosiddetti “diritti riproduttivi”, in ossequio alle richieste delle lobby dell’aborto. Nel primo mandato di Donald Trump, questa sezione era stata semplicemente rimossa. Discorso in parte simile per le nuove categorie – figlie dell’ideologia Lgbt – di “orientamento sessuale e identità di genere”: incluse sotto Obama, ridimensionate durante la prima presidenza Trump.
In questo secondo mandato del tycoon sta quindi avvenendo qualcosa di nuovo. Come sintetizza Rebecca Oas sul Friday Fax: «L’amministrazione Trump non si limita a rimuovere le questioni controverse, ma passa all’attacco». Oltre alla già citata critica all’aborto, nei prossimi rapporti saranno biasimati i governi che favoriscono il transessualismo, ossia quelle che il Dipartimento di Stato chiama «mutilazioni chimiche o chirurgiche» a danno dei bambini.
Ad essere oggetto di critica saranno anche le indagini o gli arresti legati ai cosiddetti “discorsi d’odio”. A questo proposito va ricordato che diversi Paesi occidentali, negli ultimi anni, hanno discusso e approvato leggi che limitano la libertà d’espressione in tema di aborto, pretese Lgbt (vedi le norme su “omofobia” e “transfobia”) et similia, fino ad arrivare – come nel Regno Unito – ad arrestare pacifici difensori della vita nascente, colpevoli di offrire aiuto e anche solo di pregare mentalmente all’interno di una zona cuscinetto. Ricordiamo a proposito il discorso pronunciato da J. D. Vance a Monaco di Baviera nel febbraio 2025, quando il vicepresidente degli USA citò il caso del britannico Adam Smith-Connor (vedi qui) come vittima di uno Stato che calpesta «le libertà fondamentali», tanto da incriminarlo per un “reato” di pensiero.
Tra le violazioni dei diritti umani sarà incluso anche il fatto di facilitare l’immigrazione di massa o illegale «attraverso il territorio di un Paese verso altri Paesi».
Un alto funzionario del Dipartimento di Stato, secondo quanto riporta la BBC, ha affermato, dietro richiesta di rimanere anonimo, che le nuove istruzioni sono intese come «uno strumento per cambiare il comportamento dei governi». Lo stesso funzionario ha spiegato che «gli Stati Uniti rimangono fedeli al riconoscimento della Dichiarazione d’Indipendenza secondo cui tutti gli uomini sono dotati dal Creatore di alcuni diritti inalienabili», aggiungendo che i diritti «ci sono dati da Dio, il nostro Creatore, non dai governi». Un riconoscimento, insomma, che gli unici veri diritti sono quelli fondati sulla legge morale naturale, emanazione della legge divina. Una verità che la moderna concezione dei diritti umani tende a ignorare, come dimostrano le proteste di organizzazioni come Amnesty International, che ha parlato di un «allontanamento dai diritti umani universali verso “diritti naturali” sfuggenti e indefiniti».
Ma la mossa del Dipartimento di Stato, guidato da Marco Rubio, va nel verso giusto, quello appunto di combattere «le nuove ideologie distruttive» su cui si basano le violazioni dei diritti umani, come ha spiegato Tommy Pigott, portavoce del medesimo Dipartimento. Nel movimento pro vita americano c’è chi giustamente auspica un ripensamento della stessa amministrazione Trump rispetto a un altro frutto cattivo delle ideologie odierne, la fecondazione artificiale, che non solo slega l’atto unitivo e quello procreativo ma si accompagna al congelamento e alla morte di innumerevoli embrioni, svilendo la dignità dell’essere umano, trattato come mezzo.
Resta, ad ogni modo, la notevole svolta del Dipartimento di Stato, che potrà influire positivamente su un maggiore rispetto della dignità umana nel mondo.
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