Non solo Congo, il jihad contro i cristiani si espande a macchia d'olio in Africa
La strage nella chiesa di Komanda, nel Congo orientale, è stata compiuta da Adf, un gruppo jihadista operativo da un trentennio. Gli stessi jihadisti sono attivi anche nel vicino Uganda. I gruppi islamici radicali, affiliati ad Al Qaeda o all'Isis, sono ormai dilaganti nell'Africa nera, dalla costa occidentale al Mozambico.
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Le Adf (Forze Democratiche Alleate), il gruppo jihadista da anni insediato nella Repubblica Democratica del Congo, ha attaccato una chiesa cattolica a Komanda, nella provincia orientale di Ituri. È successo nella notte tra sabato 26 e domenica 27 luglio, poco dopo la mezzanotte. In quel momento nella chiesa c’erano molti fedeli convenuti per una veglia notturna di preghiera. Alcuni si stavano preparando a ricevere la cresima di lì a poche ore. Decine di persone sono state uccise a colpi di arma da fuoco e di machete nella chiesa e nei suoi dintorni. Altre sono morte nell’incendio delle case e dei negozi ai quali i terroristi, dopo averli saccheggiati, hanno dato fuoco prima di andarsene.
Finora si contano 43 vittime – 19 donne, 15 uomini, 9 bambini – e almeno 15 feriti. Ma il bilancio è provvisorio. Mancano infatti all’appello numerose persone che però potrebbero essere tra quelle che hanno lasciato la città per timore di altri attacchi. Secondo i mass media locali sono migliaia le famiglie in fuga, molte dirette, sperando che siano più sicure, verso le due città principali della regione: Kisangani, capoluogo della vicina provincia di Tshopo, e Bunia, capoluogo dell’Ituri. Komanda si trova lungo la strada che collega Beni, nella provincia di Nord Kivu, a Bunia, una arteria molto pericolosa dove negli ultimi mesi si sono registrati decine di morti. Tuttavia la chiesa attaccata si trova nel centro di Komanda, in un quartiere che quindi si riteneva relativamente sicuro tanto più data la presenza stabile di forze di sicurezza.
Le Adf si sono costituite in Uganda nel 1996, inizialmente per combattere il governo. Il loro fondatore è Jamil Mukulu, un cristiano convertito all’islam e avvicinatosi all’ideologia islamista durante un soggiorno in Arabia Saudita. Arrestato in Tanzania nel 2015, è accusato di crimini contro l’umanità. Dopo alcuni anni di militanza in Uganda, le Adf si sono trasferite nella vicina Repubblica Democratica del Congo e hanno stabilito le loro basi operative nell’area montuosa al confine tra i due paesi. Nel 2016 hanno giurato fedeltà all’Isis, lo Stato Islamico, e nel 2019 hanno aderito all’Iscap, la Provincia dell’Africa centrale dello Stato Islamico di cui fa parte anche Ansar al-Sunna, il gruppo jihadista formatosi in Mozambico nel 2017.
Le Adf sono responsabili di gravissimi attentati, di stragi, di attacchi a chiese e strutture religiose, quasi sempre messi a segno in Congo, ma di recente anche in Uganda. Alla fine del 2021 i governi dei due paesi avevano avviato contro di loro una operazione militare congiunta, chiamata Shujaa (“eroe” in lingua Swahili), che era riuscita a infliggere consistenti perdite ai combattenti costringendoli a ridurre attività e raggio d’azione. Dal 2023 però il governo congolese e anche la Monusco, la grande missione Onu di peacekeeping attiva in Congo dal 1999, sono stati sempre più impegnati a contrastare un altro gruppo armato, l’M23, forte del sostegno del Rwanda, e questo a consentito alle Adf di riorganizzarsi e intensificare le azioni. Lo scorso febbraio hanno compiuto uno dei loro atti più efferati. Hanno attaccato diversi villaggi nella provincia di Nord Kivu, a sud dell’Ituri, in uno dei quali, dopo averlo circondato, hanno catturato tutti gli abitanti che non erano riusciti a mettersi in salvo nella boscaglia – almeno 70 – li hanno portati in una vicina chiesa della Comunità evangelica del Centro Africa dove li hanno tenuti prigionieri, legati, sembra per alcuni giorni, prima di ucciderli tutti, a martellate e a colpi di machete.
Anche in Mozambico, nella regione settentrionale di Cabo Delgado teatro d’azione dell’altro componente dell’Iscap, Ansar al-Sunna, si sta nel frattempo registrando una escalation di violenze. I jihadisti hanno attaccato due caserme. Inoltre da alcuni mesi si spingono sempre più spesso verso ovest, compiendo incursioni nella confinante provincia di Niassa. Ormai attaccano anche in mare, colpendo pescherecci e imbarcazioni di piccole dimensioni. A maggio hanno attaccato persino una nave oceanografica russa, la Atlantida, impresa realizzata per dare visibilità internazionale all’Isis. Nel 2024 le vittime di Ansar al-Sunna sono aumentate del 34% rispetto all’anno precedente.
Ma in tutto il continente i gruppi jihadisti, affiliati all’Isis e ad al Qaeda, hanno intensificato le attività e conquistato nuove posizioni negli ultimi anni. In Somalia, gli al Shabaab, che controllano vasti territori meridionali, hanno appena conquistato una città, Tardo, nel centro del paese, e stanno avanzando. Tardo è un crocevia chiave perché collega i più grandi centri urbani della regione. In Nigeria Boko Haram e Iswap, affiliato ad al Qaeda il primo e all’Isis il secondo, dal 2024 hanno esteso l’area delle loro attività e Boko Haram ha ripreso a compiere attentati dinamitardi suicidi, cosa che per anni non aveva più fatto. La situazione più preoccupante è quella dei tre paesi in cui i militari hanno preso il potere con dei colpi di stato: Niger, Mali e Burkina Faso. Lì le azioni jihadiste si sono moltiplicate, persino triplicate, e i gruppi armati hanno esteso il controllo o la capacità di agire su nuovi territori. Approfittando della debolezza dei nuovi leader, che invece avevano promesso di sconfiggere il jihad con l’aiuto militare russo, i gruppi jihadisti del Sahel, tra cui il Jnim, uno dei più pericolosi, stanno provando ad attuare il progetto finora fallito di aprirsi una via verso l’oceano Atlantico, penetrando e insediandosi nei paesi strategici affacciati sull’oceano: Benin, Togo, Ghana e Costa d’Avorio.