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ORA DI DOTTRINA / 45 - IL SUPPLEMENTO

Newman e la lotta all'antidogmatismo

Il cammino alla verità di John Henry Newman nel decennio 1833-1842 vive lo sforzo di ricondurre la chiesa anglicana alla fedeltà alla Chiesa antica. Il nocciolo della sua battaglia è contro lo spirito liberale dell'antidogmatismo, che non consiste nella negazione del dogma ma nel vivere come se il dogma non esistesse. 

Catechismo 13_11_2022

1833-1842. Sono questi gli anni in cui John Henry Newman, insieme agli altri protagonisti del Movimento di Oxford, prosegue il suo cammino di verità, cercando di costruire e sostenere quella “via media”, tra il protestantesimo e la Chiesa romana, come contributo alla chiesa anglicana per ricondurla alla fedeltà alla Chiesa antica.

Insieme a Richard Hurrel Froude, che morirà nel 1836, a soli trentatré anni, John Keble, che aveva suonato la carica del Movimento con il suo sermone sull’apostasia nazionale (vedi qui), ed Edward Bouverie Pusey, i Tracts for the Times raggiungeranno quota novanta, con Newman che ne scriverà ventisei, tra i quali l’ultimo e fatale Tract 90, che gli costerà la condanna da parte dell’Università di Oxford e l’opposizione di quarantadue vescovi anglicani.
Newman aveva cercato di dare un’interpretazione decisamente di orientamento cattolico ai Trentanove Articoli di religione, che costituiscono la confessione di fede minima ed indispensabile della chiesa anglicana ed il tentativo non era stato gradito.

Sarebbe scorretto ritenere che Newman, in questi dieci anni, abbia tentato di nascosto di introdurre il cattolicesimo nella chiesa inglese, accusa che, dopo la sua conversione, gli verrà sollevata da molte parti. Nel secondo capitolo dell’Apologia, egli rivela quali fossero le sue reali convinzioni: «Dal tempo della mia fanciullezza, ed ancora nel 1824, pensavo, sulla scorta di autorità protestanti, che san Gregorio I, vissuto verso il 600, fosse stato il primo papa Anticristo, per quanto fosse anche un papa grande e santo; nel 1832-33 però pensavo che la Chiesa di Roma si fosse legata alla causa dell’Anticristo dal tempo del Concilio di Trento. Non saprei dire quando fu che rinunciai del tutto all’idea che il suo nome dovesse destare un qualche speciale disgusto; ma provavo molta riluttanza a rinunciarvi, anche quando la mia ragione me lo ordinava, per una specie di blocco o di pregiudizio, penso fino al 1843».

La ragione gli mostrava che nella Chiesa di Roma si trovava «la gelosa conservazione della dottrina e della regola del celibato, che io ritenevo apostolica, e la sua fedeltà al modello della Chiesa dei primi secoli in tanti altri punti che mi stavano a cuore». Eppure per lui era un «vero e proprio dovere di coscienza […] protestare contro la Chiesa di Roma» come espressione sincera di fedeltà alla chiesa in cui era nato. In questi anni, a quanti gli dicevano che stava diventando papista, Newman rispondeva con convinzione: «È vero, sembra che corriamo dritti in quella direzione; ma proseguite ancora un po’ e troverete sul cammino un abisso che rende impossibile ogni vero accostamento».

Non c’era dunque l’approdo al cattolicesimo, e men che meno al papismo, all’orizzonte del percorso iniziato con il Movimento Trattariano. Che cosa aveva dunque mosso Newman in questa nuova avventura? Come racconta nell’Apologia, «la mia battaglia era contro il liberalismo, intendendo con questo termine il principio antidogmatico ed i suoi sviluppi». Questo era «il principio fondamentale del movimento», che non ha mai voluto abbandonare. «Dall’età di quindici anni, il dogma è stato il principio fondamentale della mia religione; non conosco altra religione, né riesco a capire come potrebbe essere; una religione di puro sentimento è per me un sogno ed una beffa […]. Persino quando ero sotto l’influsso del dottor Whately, non fui mai tentato d’intiepidire il mio zelo per i grandi dogmi della fede, ed in varie occasioni mi opposi a certi indirizzi del suo pensiero che, a ragione o a torto, mi parevano oscurarli. Tale era il principio fondamentale del 1833».

Il principio antidogmatico è all’opera non solo nelle forme sentimentalistiche della fede, ma anche nella divaricazione tra il dogma e la vita. Quando cioè il dogma non ha più presa sulla vita del cristiano, non è più considerato come voce di verità sulla realtà, non è più il riferimento per orientare il giudizio e la prassi. Il principio antidogmatico non è essenzialmente la negazione di un dogma (questa è “semplicemente” eresia), ma è l’anima di quell’atteggiamento che rinchiude il dogma in un mondo speculativo, mentre la vita va per la sua strada, indifferente al contenuto della fede.

Allo sguardo di Newman, questo principio si presentava con una duplice fisionomia: da un lato, esso aveva preso carne nell’atteggiamento dei pastori e dei teologi del suo tempo, che avevano accettato senza battere ciglio la decisione del Governo inglese di abolire alcune sedi episcopali anglicane in Irlanda. La fede nell’origine divina della Chiesa, dell’autorità di origine soprannaturale dei Pastori nel governo della Chiesa, della dimensione visibile della Chiesa come della tangibilità dei sacramenti, canali visibili della grazia invisibile, tutto questo veniva sovvertito non tanto mediante proposizioni teoriche che ne negavano il contenuto di verità, ma soprattutto dalla pericolosa accettazione di fatto che un’autorità umana entrasse a gamba tesa nel governo della Chiesa, mentre i pastori si limitavano a cercare di accomodare la situazione pensando ai presunti benefici che ne sarebbero derivati.

A ben vedere, è difficile trovare dei fervidi sostenitori del dogma tra coloro che ne disinnescano la capacità di incidere sulla realtà, assicurando che non si tratta di cambiare il dogma, ma sostanzialmente di vivere come se non ci fosse; così come non è consuetudine rinvenire delle menti capaci di giudicare la realtà alla luce della fede che non abbiano però una profonda e radicata adesione al dogma.

L’altra fisionomia del principio antidogmatico si presenta a Newman con estrema chiarezza nel novembre del 1834, quando ricevette da parte di Renn Dickson Hampden, tutor all’Oriel College, la seconda edizione di un suo opuscolo intitolato Observations on religious dissent. In questo scritto Hampden sosteneva, secondo quanto riferisce Newman nell’Apologia, che «un dogma è un’opinione teologica sulla quale s’insiste formalmente»; che in queste opinioni teologiche trovavano cittadinanza sia la dottrina trinitaria che quella degli unitariani, che sono l’una la contraddizione dell’altra; che «la chiesa d’Inghilterra è aliena allo spirito dogmatico». Tutti principi che Newman, nella lettera di risposta a Hampden, non aveva esitato a bollare come capaci di «far naufragare completamente la fede cristiana».

Nel 1837, dopo circa tre anni di lavoro, veniva pubblicato The Prophetical office of the Church, che costituiva la sua riflessione teologica per dare una forma definita alla via media. Nell’introduzione dell’opera, Newman mostrava ancora una volta lo spirito che lo aveva animato: «Ciò di cui abbiamo bisogno per il bene della nostra chiesa non è la capacità d’inventiva, l’originalità, l’acume, neppure l’erudizione […], per quanto tutti i doni di Dio siano in una certa misura necessari; abbiamo particolare bisogno di sano discernimento, paziente pensiero, capacità di analisi e di sintesi, rinuncia a tutte le fantasie e capricci personali, a tutti i gusti soggettivi: in una parola, della divina sapienza».

Tre dovevano essere i pilastri di questa via media, fondata non sul gusto personale, ma sui «cumuli di dottrina» che attendevano di essere riportati alla luce e ordinati: «il dogma, il sistema sacramentale e l’anti-romanismo». Solo che da nessuna parte esisteva nel concreto questa “via”; Newman lo sapeva, ma lanciava una sfida: «Rimane ancora da vedere se […] è suscettibile d’esser professata e seguita nella pratica, informando di sé un’ampia sfera d’attività, o se invece non è che una varietà o uno stato di transizione del cattolicesimo romano e del protestantesimo popolare». E commenta: «Nutrivo fiducia ch’essa si sarebbe un giorno rivelata una religione a sé stante». Così non sarà: il principio dogmatico e sacramentale avrebbero ben presto sgretolato l’anti-romanismo.