Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Ora di dottrina / 161 – Il supplemento

Negare la Comunione sulla lingua è un abuso giuridico

Il divieto di mons. Forte di dare l’Eucaristia sulla lingua non è giuridicamente vincolante perché è contrario alle leggi superiori della Chiesa, dalla Memoriale Domini alla Redemptionis Sacramentum. È perciò il vescovo di Chieti a porsi in disobbedienza. Consigli per i fedeli.

Catechismo 04_05_2025

La tristissima e deplorevole uscita di monsignor Bruno Forte, arcivescovo della diocesi di Chieti-Vasto, il quale, nel bel mezzo delle celebrazioni pasquali, ha pensato di dover rimbrottare pubblicamente tre fedeli – tre! – perché avrebbero disobbedito alla Chiesa, ci spinge a dedicare qualche supplemento domenicale alla questione.

Stefano Chiappalone ha mostrato in modo eccellente le contraddizioni dell’arcivescovo; La Nuova Bussola Quotidiana aveva in precedenza dedicato diversi articoli per spiegare come la Comunione in mano sia stata introdotta nella Chiesa (qui, qui e qui), e non è dunque il caso di ritornarci. Mi sembra invece importante dedicare qualche articolo a due questioni che, com’è evidente dall’intervento di mons. Forte, continuano ad essere equivocate: la prima è di ordine giuridico, la seconda storico.

Secondo quanto affermato dall’arcivescovo, infatti, i tre fedeli che si sono rifiutati di ricevere la Comunione in mano avrebbero disobbedito alla Chiesa; non si comprende se a questi fedeli sia stata rifiutata la Comunione, ma per Forte sarebbe invece una certezza che essi avrebbero posto un atto di disobbedienza.

Anzitutto, dal punto di vista formale, non è chiaro con quale atto giuridico l’arcivescovo avrebbe proibito ai fedeli, nel territorio della sua diocesi, di poter ricevere l’Eucaristia direttamente in bocca. Dopo la Nota (28 giugno 2022) dell’allora direttore dell’Ufficio liturgico, mons. Fabio Ambrosio Iarlori, con la quale si esprimeva la volontà dell’arcivescovo che «i fedeli continuino a ricevere l’Eucaristia sulla mano», si sono avuti un Comunicato del 20 aprile 2023 firmato dallo stesso («la comunione eucaristica sia distribuita esclusivamente sulle mani») e una nuova Nota (12 aprile 2024) firmata dal cerimoniere vescovile, don Guido Carafa, che confermava la linea. Nessuno di questi tre interventi rispetta la forma giuridica di un ordine dell’ordinario, che dev’essere espresso tramite un decreto, contrassegnato dal cancelliere arcivescovile, il quale ha il dovere di garantire la correttezza canonica del decreto, sia quanto alla forma che al contenuto. Né il direttore dell’Ufficio liturgico né il cerimoniere hanno autorità in materia, nemmeno se emanano questi documenti a nome del vescovo. Dal punto di vista della forma giuridica, se effettivamente, come a noi risulta, non esiste un decreto, i fedeli si trovano di fronte ad un desiderio, una raccomandazione, forse anche una minaccia, ma non un ordine giuridicamente espresso.

Ma l’ingiunzione dell’arcivescovo a che i fedeli ricevano la Comunione esclusivamente in mano non vincola giuridicamente anche per un’altra ragione: «La potestà legislativa si deve esercitare nel modo stabilito dal diritto, e quella di cui gode nella Chiesa il legislatore al di sotto dell'autorità suprema, non può essere validamente delegata, se non è disposto esplicitamente altro dal diritto; da parte del legislatore inferiore non può essere data validamente una legge contraria al diritto superiore» (can. 135 §2). L’ordinario è moderatore e promotore della vita liturgica nella propria diocesi, ma egli non può mai agire in modo contrario alle leggi promulgate da una legittima autorità superiore, nell’ambito della propria competenza, sia essa umana o divina.

Ora, nel caso della distribuzione della Santa Comunione, questa legge superiore esprime e difende il diritto dei fedeli di ricevere sempre la Comunione sulla lingua, mentre dispone che i vescovi possano (non debbano) avvalersi dell’indulto relativo alla distribuzione dell’Eucaristia sulla mano. I testi di riferimento sono: 1. L’istruzione Memoriale Domini (1969), la quale esprime chiaramente che la modalità di distribuzione della Comunione sulla lingua «si deve senz’altro conservare, non solo perché poggia su di una tradizione plurisecolare, ma specialmente perché esprime e significa il riverente rispetto dei fedeli verso la Santa Eucaristia». Si deve, non si può. 2. L’Institutio Generalis Missalis Romani, che, regolando la modalità di distribuzione della Comunione ai fedeli, al n. 161, afferma: «Sacramentum recipit, ore vel, ubi concessum sit, manu, pro libitu suo – riceva il Sacramento in bocca, oppure, dove è concesso, sulla mano, a sua scelta». La struttura è chiara: il fedele può sempre ricevere la Comunione in bocca, mentre la può ricevere sulla mano solo dove l’ordinario lo concede. 3. L’istruzione Redemptionis Sacramentum, n. 92, chiarisce inequivocabilmente che, «benché ogni fedele abbia sempre il diritto di ricevere, a sua scelta, la santa Comunione in bocca, se un comunicando, nelle regioni in cui la Conferenza dei Vescovi, con la conferma da parte della Sede Apostolica, lo abbia permesso, vuole ricevere il Sacramento sulla mano, gli sia distribuita la sacra ostia». Il fedele ha sempre il diritto di ricevere la Comunione in bocca, mentre all’ordinario spetta decidere se possa riceverla anche in mano.

L’arcivescovo ha esattamente ribaltato la legge della Chiesa, presumendo di poter proibire la Comunione in bocca e rendere obbligatoria quella in mano. Qualora mons. Forte e altri sacerdoti della sua diocesi avessero negato o negassero la Comunione a chi la richieda sulla lingua, avrebbero contravvenuto anche a quanto disposto dal canone 213 del Codice di Diritto Canonico, che difende il diritto dei fedeli di «ricevere dai sacri Pastori gli aiuti derivanti dai beni spirituali della Chiesa, soprattutto dalla parola di Dio e dai sacramenti». A questo diritto corrisponde il dovere dei ministri sacri a non «negare i sacramenti a coloro che li chiedano opportunamente, siano disposti nel debito modo e non abbiano dal diritto la proibizione di riceverli» (can. 843 §1). I tre requisiti del fedele non sono soggetti ad arbitraria interpretazione. L’opportunità riguarda il fatto che il fedele lo richieda al ministro proprio di quel particolare sacramento (non tutti i ministri possono dispensare tutti i sacramenti); le debite disposizioni riguardano le disposizioni, da parte del fedele, di ricevere validamente e lecitamente un sacramento; infine, è necessaria l’assenza di proibizioni da parte del diritto a motivo, per esempio, di impedimenti, irregolarità, presenza di scomunica, interdizione, peccato pubblico manifesto, etc.

Ricordiamo che, anche durante l’emergenza Covid, l’Avvocatura dell’Arcidiocesi di Milano dovette riconoscere che «non sono esclusi e non è possibile escludere dalla Comunione eucaristica i fedeli che non abbiano la mascherina e/o vogliano ricevere la Comunione sulla lingua». Questa impossibilità poggia sulle ragioni sopra esposte.

L’arcivescovo di Chieti ha dunque commesso reiteratamente un pesante abuso di autorità sotto più punti di vista, senza nemmeno vergognarsi di esigere dai fedeli l’obbedienza alla Chiesa, mentre è egli stesso ad essere gravemente disobbediente e profondamente ingiusto. Le disposizioni volute da mons. Forte, sia per la forma giuridica con cui sono state emesse, sia per il loro contenuto, palesemente in contrasto con le leggi superiori della Chiesa, risultano radicalmente irrazionali e non possono in alcun modo vincolare il fedele, né in coscienza né nei suoi atti. I fedeli sono dunque perfettamente obbedienti alla Chiesa quando domandano di ricevere la Comunione in bocca e nessun ministro, nemmeno il vescovo, può loro rifiutarla.

La drammatica situazione attuale nella Chiesa, che frustra anche i legittimi ricorsi dei fedeli ai Dicasteri competenti, richiede da parte nostra una fedeltà e una pazienza ancora più grandi. Che i fedeli della diocesi di Chieti-Vasto non desistano dal presentarsi davanti ai ministri legittimi domandando la Comunione in bocca. Il caso increscioso di mons. Forte deve invece suscitare maggiore determinazione e collaborazione: che i fedeli sensibili a questo argomento si rechino insieme dal vicario generale e dal cancelliere, mostrando con calma e fermezza le ragioni sovraesposte. Se questo tentativo non dovesse giungere a bersaglio, si ritrovino insieme per la celebrazione eucaristica e insieme, magari supportati da altri fedeli di diocesi vicine (l’unione fa la forza...), si mettano in fila per la Comunione, rifiutando la Comunione sulla mano e chiedendola sulla lingua. Nessuna polemica, nessun clamore, che non si addicono alla Santa Messa: si rimane lì davanti al ministro, nella salda consapevolezza di trovarsi di fronte ad un abuso che ferisce la Chiesa e lede il diritto dei fedeli di ricevere il Signore nella forma stabilita dalla Chiesa, e il diritto di Dio di donarsi ai fedeli.



diktat

"Chieti" e non ti sarà dato: Forte nega la comunione in bocca

Nell'arcidiocesi abruzzese è obbligatorio ricevere l'Eucaristia sulle mani. L'arcivescovo si scaglia contro l'uso tradizionale e ammanta di obbedienza la pretesa di imporre la sua personale visione, forzando le norme e anche la lingua greca.

LA NOTA DELLA CURIA

Comunione sulla lingua, Delpini riprende chi la nega

03_09_2022 Ermes Dovico

L’Avvocatura dell’Arcidiocesi di Milano chiarisce in una nota pubblica che «non è possibile escludere dalla Comunione Eucaristica i fedeli che non abbiano la mascherina e/o vogliano ricevere la Comunione sulla lingua». Si esplicita così finalmente la possibilità già reintrodotta dal 16 giugno, ma che ha incontrato le resistenze di non pochi sacerdoti. Sia in terra ambrosiana che in altre diocesi.

STORIA E LITURGIA/1

Comunione sulla mano: una disobbedienza legittimata

28_07_2020 Nicola Bux

Di Comunione sulla mano non si parla né al Concilio né nella riforma liturgica. Si radica nel post-Concilio ad opera di diocesi ribelli del Nord Europa. Paolo VI cercò di arginarla con l’istruzione Memoriale Domini, che nasce per proibirla e concedere un indulto solamente alle diocesi ribelli nel caso in cui non fossero riuscite ad arginare l’abuso. Nel primo anniversario della sua morte, la Bussola ricorda Juan Rodolfo Laise, il vescovo che scrisse la verità sulla Comunione in mano e si oppose nella sua diocesi a questa pratica contraria alla legge universale della Chiesa.

STORIA E LITURGIA/2

Comunione in mano, attacco dei protestanti al sacerdozio

29_07_2020 Nicola Bux

L'uso di comunicarsi sulla mano, “neutro” nell'età patristica, fu ripreso dai riformatori protestanti con una chiara connotazione dottrinale. Secondo Martino Bucero, promotore della riforma anglicana, la pratica di non dare la Comunione sulla mano si doveva a due “superstizioni”: il “falso onore” che si pretende attribuire a questo Sacramento e la “perversa credenza” che le mani dei ministri, a causa dell’unzione ricevuta nell’ordinazione, siano più sante delle mani dei laici. A partire da questo momento, il gesto di ricevere la Comunione sulla mano ha un senso marcatamente polemico per attaccare la Presenza reale e il sacerdozio.
- UNA DISOBBEDIENZA LEGITTIMATA/1

STORIA E LITURGIA/3

Comunione in mano, Bettazzi e gli altri che criticarono Wojtyla

30_07_2020 Nicola Bux

Dopo la pubblicazione della Memoriale Domini, Paolo VI ricevette moltissime pressioni per estendere gli indulti a distribuire la Comunione in mano. E anche con Giovanni Paolo II si insistette fino a criticare il Pontefice polacco. Come nel caso del vescovo di Ivrea, Luigi Bettazzi, che apostrofò duramente Wojtyla. 
- UNA DISOBBEDIENZA LEGITTIMATA/1
- ATTACCO DEI PROTESTANTI/2

IL LIBRO

Ecco come è stata "imposta" la comunione in mano

25_03_2018 Luisella Scrosati

Un sacerdote compie lo studio più approfondito su come si è arrivati a concedere la distribuzione della comunione in mano che Paolo VI e la maggioranza dei vescovi bocciò. Anzitutto con un indulto che doveva essere rivolto solo a quelle diocesi dove si commettevano abusi. Ma poi la "moda" è dilagata. Resta il fatto che la ricezione della comunione in ginocchio e in bocca sia legge universale della Chiesa, la forma consuetudinaria attuale sia solo frutto di una concessione.