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USA

Musk contro Trump sulla "grande e bella" legge che aumenta il debito

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Una “Grande Bellissima Legge” finanziaria, il nome pittoresco che il presidente Usa Donald Trump ha attribuito alla finanziaria del 2026, aumenta il debito di 600 miliardi e annulla l'effetto delle politiche di tagli alla spesa pubblica di Elon Musk.

Economia 29_05_2025
Elon Musk (La Presse)

Una “Grande Bellissima Legge” finanziaria, il nome pittoresco che il presidente Usa Donald Trump ha attribuito alla finanziaria (il budget) per il 2026. L’acronimo in inglese è BBB (Big Beautiful Bill), proprio come era l’acronimo della prima finanziaria di Joe Biden, Bild Back Better, cioè “ricostruire meglio”. Ma è l’opposto.

Dove la finanziaria di Biden incentivava la rivoluzione verde, le energie pulite, Trump taglia in quei settori che considera “utili solo per le élite” (così è scritto anche nel testo della legge presentata). Dove invece Biden era più parsimonioso, su Difesa e Immigrazione, Trump è generoso. Se il predecessore democratico voleva eliminare i “privilegi” delle esenzioni fiscali “per i ricchi”, Trump promette di estenderli e di aggiungerne di nuovi, mirando al record di riduzione della pressione fiscale. Però non tutti i conservatori sono soddisfatti. E soprattutto si apre la prima crepa visibile fra Donald Trump ed Elon Musk, che finora era stato il suo più influente consigliere.

Infatti, alla fine, i conti non tornano. Il BBB di Trump soddisfa tutto quello che i conservatori hanno sempre chiesto, dall’aumento del budget militare al taglio delle tasse, dall’eliminazione dei più costosi programmi ideologici al rafforzamento delle frontiere. Però, fra entrate e uscite, produce un risultato negativo: un aumento del debito pubblico stimato attorno ai 600 miliardi di dollari nel solo anno fiscale 2026. E non si tratta di un’eccezione, a cui far seguire una politica di pareggio di bilancio (una delle promesse iniziali del nuovo presidente), ma di una tendenza che continuerà anche nei prossimi anni: chiede un aumento del tetto del debito (il limite massimo di indebitamento consentito dalla legge) di ben 4mila miliardi di dollari. Significa che, questo deficit, sarà solo un assaggio.

«Le leggi possono essere grandi, o possono essere belle, difficilmente sono entrambe le cose», ironizza Musk in un’intervista rilasciata alla Cbs il 27 maggio. Più seriamente, il capo del Doge (Dipartimento per l’efficientamento del governo) si dice “deluso” dalla finanziaria del presidente, così come è stata scritta. La ritiene un passo falso, capace di “sprecare” tutto lo sforzo profuso dal Doge, sinora, per cercare di far dimagrire la spesa pubblica, anche con provvedimenti molto dolorosi, come il licenziamento di decine di migliaia di dipendenti del governo. Il Doge puntava a un taglio complessivo di mille miliardi di dollari. Per ora ha raggiunto circa un quinto dell’obiettivo che si è posto, tagliando per 174 miliardi (stima del Doge stesso). E ciò include anche la sospensione o cancellazione definitiva di gran parte dei fondi destinati alla cooperazione internazionale, compresa la quasi totale estinzione di UsAid, una politica che ha provocato numerose controversie tuttora in corso nei tribunali.

Musk, insomma, ci ha messo la faccia, con tutti i rischi connessi anche per le sue aziende (Tesla sta subendo un boicottaggio estesissimo e perdite multi-miliardarie), ha accettato il rischio muovendosi come se dovesse fare una rivoluzione, ma si ritrova con un Trump che, già al primo anno, inverte la tendenza. Se nel prossimo anno si prevede un deficit di 600 miliardi, i 174 miliardi già tagliati spariscono. E se per i prossimi esercizi si chiede di aumentare il tetto del debito di 4mila miliardi, i mille miliardi di tagli promessi saranno solo una goccia nel mare. Lo Stato sarà destinato ad aumentare il suo peso, non certo a dimagrire. Di qui la delusione, comprensibile, di un consigliere a cui viene meno l’appoggio sostanziale del presidente.

Musk non è l’unico a contestare la nuova legge. Anche nel Partito Repubblicano, dove, sinora, la lealtà al presidente è stata totale, iniziano i primi dissensi. Alla Camera la finanziaria è passata il 22 maggio, ma con una maggioranza risicatissima. Questo anche perché due deputati repubblicani (Thomas Massie e Warren Davidson) hanno votato contro, uno si è astenuto (Andy Harris, libertario, presidente del Caucus della Libertà) e due non hanno votato (David Schweikert ed Andrew Garbarino). In Senato, dove si voterà per l’approvazione definitiva, la maggioranza repubblicana parte da un vantaggio di soli 3 seggi e l’opposizione fra i Repubblicani appare ancora più forte. In un accorato messaggio lanciato in una intervista su Fox News, il senatore Rand Paul (libertario) invita i conservatori a “far sentire la loro voce” contro l’innalzamento del tetto del debito. La legge dovrà essere sicuramente modificata, anche perché ci sono critiche di segno opposto di quei senatori che ritengono troppo duri i tagli previsti alla spesa pubblica sanitaria. In gioco non c’è solo una legge finanziaria, ma la concezione conservatrice dello Stato.