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LA LETTERA

«Mi alzerò in piedi perché non sono solo»

Le parole di Pillon all'inizio del processo che lo vede imputato per diffamazione: «Sto affrontando il processo con la certezza che sono in gioco sia il mio futuro che quello della mia famiglia, ma soprattutto con la certezza che è mio preciso dovere affrontarlo, per dare a tutti i genitori la consapevolezza che non possiamo arrenderci davanti alle ideologie genderiste che vogliono ingoiare i nostri figli».

 

Libertà religiosa 25_06_2017
Simone Pillon

Ecco la lettera che Simone Pillon ha scritto ieri e pubblicato sul suo profilo Facebook sulla situazione che lo vede protaginista e per la prima volta dall'altra parte della barricata, essendo lui avvocato. Pillon è stato rinviato a giudizio dopo una denuncia di un'associazione Lgbt. La sua vicenda testimonia il pericolo di una limitazione della libertà di opinione, educativa e religiosa nel nostro Paese. Pillon dovrà difendersi e con lui saranno i tanti italiani che non vogliono piegarsi alla dittatura della gaycrazia. In queste parole traspare il militante pro life, ma anche l'uomo che resisterà di fronte all'attacco e confida nell'unico avvocato in grado di salvare l'uomo, il Paraclito. 

Riesco solo oggi a scrivere con calma due parole sul processo che è cominciato giovedì 22 giugno e che mi ha visto sul banco degli imputati. 
Il primo pensiero è di gratitudine alla storia che mi permette di soffrire per la verità. So infatti che la ricompensa sarà grande, e in una misura già ne sto gustando la caparra sia per la pace che provo nonostante tutto sia per le tantissime manifestazioni di solidarietà che mi giungono da ogni dove (anche insospettabili e da mondi lontani anni luce dal nostro punto di vista).

Il secondo pensiero è che nel mio cuore ho avuto la grazia di vincere in anticipo il processo perché mi è stato dato di non odiare. Non provo infatti nè odio nè risentimento verso i miei accusatori tanto che li ricordo ogni giorno nelle mie povere preghiere, e questa per un temperamento come il mio è la più grande delle vittorie.

Sto affrontando il processo con la certezza che sono in gioco sia il mio futuro (in caso di condanna rischio ripercussioni sulla mia professione) che quello della mia famiglia, visto che il risarcimento richiesto dalle parti civili (circa 350-400 mila euro) va molto oltre le mie capacità economiche, ma soprattutto con la certezza che è mio preciso dovere affrontarlo, per dare a tutti i genitori nel mio piccolo la consapevolezza che non possiamo arrenderci davanti alle ideologie genderiste che vogliono ingoiare i nostri figli.

Alzarsi in piedi e soffrire personalmente per dichiarare la nostra libertà e difendere i nostri figli comporta il rischio di essere colpiti, e cominciamo ad essere in tanti a farne le spese. Il mio pensiero va a chi come me (medici, insegnanti, psicologi, giornalisti) sta affrontando tribunali e consigli di disciplina con l'accusa di aver detto la verità. 

La strategia delle ideologie è chiara e non tollera voci di dissenso.
E tuttavia queste ideologie dimostrano la loro pochezza e inconsistenza ricorrendo allo strumento penale e disciplinare visto che se avessero argomentazionii logiche e convincenti non avrebbero problemi ad affrontare il dibattito pubblico. L'intolleranza verso il dissenso è la miglior prova della loro debolezza.

Consentitemi infine una nota da giurisprudente... Sto sperimentando quanto sia bella e nobile la professione che esercito. Credo che ogni avvocato dovrebbe provare almeno una volta cosa significhi essere messo alla sbarra, essere in piedi davanti a un tribunale, rischiando la propria libertà la propria stabilità economica e la propria dignità. Nelle società arcaiche quando uno veniva accusato, veniva posto in mezzo all'assemblea e lasciato solo per essere lapidato.

Bastava però che anche solo uno dei cittadini esenti da accuse si alzasse e si ponesse accanto all'accusato, significando così di credere alla sua innocenza al punto da esser disposto a morire con lui, per fermare la mano degli altri e costringere gli accusatori all'assoluzione . Questi era detto PARACLITOS, in latino ADVOCATUS.

Ecco. In mezzo alla piazza non ero solo. C'erano i miei avvocati ma soprattutto c'era ognuno di voi. E a ben guardare, per chi ha occhi esperti, forse si poteva intravedere anche un altro Paraclitos.
Il processo sarà lungo e difficile. Vi chiedo di restare accanto a me.
Grazie di cuore perciò a ciascuno di voi, a chi mi ha scritto, a chi ha pregato per me e a chi mi ha rivolto anche solo un pensiero.
Andiamo avanti con coraggio e con forza, fondati nella verità.