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Medici e ospedali: "Il perdono fa bene alla salute"

Sebbene non tutti coloro che sono malati hanno ferite mai perdonate, una sfilza di ospedali laici ormai riconosce il legame fra la sofferenza dell’anima e quella del corpo, proponendo il perdono come rimedio anche alle malattie fisiche. Pensando al livello di conflitti della nostra società una via di guarigione si fa necessaria.

Attualità 09_02_2020

«Che si tratti di un semplice litigio con il coniuge o di un risentimento di vecchia data verso un familiare o un amico, i conflitti irrisolti possono scavare più in profondità di quanto si possa immaginare, possono influire sulla salute fisica». A spiegarlo non è stato un predicatore o un sacerdote, ma la Johns Hopkins Medicine, uno fra i più importanti sistemi ospedalieri e universitari degli Stati Uniti.

La vera novità è che un’istituzione laica come questa abbia anche annunciato che esiste una «buona notizia: gli studi hanno scoperto che l'atto di perdonare può recare enormi benefici alla salute, riducendo il rischio di infarto; migliorando i livelli di colesterolo e di sonno; riducendo  il dolore, la pressione sanguigna, i livelli di ansia, la depressione e lo stress. La ricerca indica un aumento della connessione perdono-salute».

Karen Swartz, direttore della Clinica per i disturbi della psiche del Johns Hopkins Hospital, parla di «un enorme onere fisico derivante nell'essere feriti e delusi». Anche la Mayo Clinic, uno degli ospedali più famosi del mondo, ha spiegato che gli abusi, i tradimenti, le ingiustizie «possono lasciarti con forti sentimenti di rabbia e amarezza - persino di vendetta. Ma se non pratichi il perdono, potresti essere quello che paga di più». Cioè che paga due volte.

Secondo Steven Standiford, primario di chirurgia del Cancer Treatment Centers of America è «importante trattare ferite o disturbi emotivi perché possono davvero ostacolare le reazioni di qualcuno alle terapie (tumorali, ndr)». Il Greater Good Science Center dell’Università della California ha addirittura un programma di perdono per aiutare la guarigione del corpo. Secondo uno studio pubblicato sul Journal of Behavioral Medicine poi, le persone più propense a perdonare sono quelle che vivono più a lungo. Una ricerca del Hope College aveva invece dimostrato che quando le persone coltivano rancore hanno una maggiore attività fisiologica - tensione dei muscoli facciali, frequenza cardiaca, pressione sanguigna e sudorazione - rispetto a quando avevano perdonato. 

Una ricerca del 2011 sulle coppie sposate comparsa sulla rivista Personal Relationships ha invece mostrato che quando la vittima della situazione perdonava l'altra persona, entrambi sperimentavano una diminuzione della pressione sanguigna. Infine sul Society of Behavioral Medicine è stato dimostrato che le persone con HIV che praticavano il perdono nei confronti di qualcuno che li aveva feriti avevano percentuali di cellule CD4 più elevate (considerate positive per il loro stato immunitario): «I risultati supportano la nostra ipotesi e riflettono i risultati precedenti sulle relazioni dei fattori psicosociali con i sistemi immunitari delle persone che vivono con l'HIV / AIDS, e i risultati indicano che il perdono di un'altra persona può essere benefico per la loro salute», ha affermato Amy Owen, del Duke University Medical Center.

Nel suo libro The Forgiveness Project, Michael Barry afferma che la mancanza di perdono produce «rabbia e odio, crea uno stato di ansia cronica» e «l’ansia cronica in particolare produce adrenalina e un eccesso di cortisolo, il che riduce la produzione delle cellule» che servono «a lottare contro il cancro». Secondo Barry il 61 per cento di pazienti tumorali vive irrisolti di questo tipo. Un fenomeno confermato anche dalla Standford Medicine che parla del fatto che «spesso, le persone con cancro hanno subito torti o ferite».

Questo non significa certo che tutti coloro che sono malati o hanno il cancro sono persone che non hanno perdonato un torto subito, ma è la prova che la mancanza di perdono danneggia anche la salute fisica. Se è vero che corpo e anima sono uniti. E se si pensa al livello odierno di conflitti personali, familiari, lavorativi i danni sulla salute potrebbero essere diffusi. In effetti, secondo un sondaggio del Fetzer Institute, il 62 percento degli adulti americani afferma di aver bisogno di maggior perdono nella propria vita personale. Swartz ha spiegato poi che il perdono è «un processo attivo in cui prendi una decisione consapevole», che tiene conto del fatto «che nessuno è perfetto» e che chi ti ha fatto del male può averne subito a sua volta: «Ad esempio, se il tuo coniuge è cresciuto in una famiglia di alcolisti, allora la rabbia quando ha bevuto troppi bicchieri di vino potrebbe essere più comprensibile». Ma il perdono va dato anche «a chi non lo merita». 

Sul sito della Mayo si legge poi che perdonare «non significa dimenticare o scusare il danno fatto a te o ricompensare la persona che ha causato il danno», ma vuol dire liberarsi dal «potere che la persona che ti ha ferito e quella situazione hanno avuto sulla tua vita» ricordando anche il male che «noi stessi abbiamo fatto ad altri» per cui «tu stesso devi chiedere perdono». A dire che si può perdonare solo facendo l’esperienza del perdono.

Certo questo giudizio non tiene conto di chi ha subito torti enormi senza averne fatti di tale entità (si pensi ai genocidi, ai campi di concentramento etc.), torti di cui solo Colui che è salito in croce si è fatto totalmente carico. Per questo Barry, afferma che «i primi passi per imparare a perdonare è rendersi conto di quanto siamo stati perdonati da Dio». Un percorso di perdono esemplare è stato presentato proprio l’’11 gennaio scorso da Gianluca Attanasio, parroco di Santa Giulia a Torino.

Pensando ancora al livello conflittuale odierno, si capisce come mai lo scorso gennaio la Madonna di Medjugorje abbia invitato a pregare per «la santità del perdono» senza cui «non c’è futuro per il mondo», per poi aggiungere nel messaggio successivo: «Unite le mani in preghiera e guardate verso la croce in silenzio». Ricordando con C.S. Lewis non solo che «essere cristiano significa perdonare ciò che è inescusabile, perché Dio ha perdonato l’inescusabile a te», ma che senza perdono si soffre doppiamente.