Maturità, dateci cultura non ideologia
Le tracce della maturità 2017 sono abbastanza lontane dalla vita e dal cuore dei giovani. La cultura è messa in secondo piano rispetto all’ideologia, cioè ad un’idea della realtà e del mondo. Come nel testo di Caproni. Queste tracce, già da un po’ di anni, sono ripetitive e rischiano di non valutare davvero il percorso culturale realizzato dal ragazzo. Rischiano di indirizzare ad un giudizio già insito nel titolo e nei documenti assegnati.
Qualche giorno fa avevo avanzato delle previsioni sulle tracce degli Esami di Stato cercando di interpretare le parole del Ministro Fedeli che lasciavano intendere che le proposte concernevano percorsi affrontati durante l’anno dagli studenti. Le previsioni non si sono avverate. L’attesa che fosse proposto uno dei grandi scrittori del panorama studiato, mai prima presi in considerazione durante gli Esami di Stato, non si è realizzata, ma neppure sono stati suggeriti nomi importanti come Pirandello o Saba di cui si festeggiano rispettivamente i centocinquant’anni della nascita e l’ottantesimo anno della morte.
Anche per le altre tipologie tutte le previsioni sono state disattese. Per quanto riguarda la tipologia B (articolo di giornale o saggio breve) nell’ambito artistico-letterario negli ultimi anni gli argomenti proposti vertevano sull’affettività (amore, amicizia, rapporto padre-figlio, relazione tra i poeti e la terra natia). Per l’ambito storico-politico era papabile una ricorrenza come quella concernente il sessantesimo anniversario dei Trattati di Roma (1957) o i venticinque anni dalla morte di Giovanni Falcone o ancora gli ottant’anni dalla morte di Antonio Gramsci. Gli stessi argomenti (Giovanni Falcone, Antonio Gramsci, Unione Europea e trattati) potevano diventare oggetto anche nella tipologia C (tema di Storia) o nella tipologia D (tema di attualità). Così, per l’ambito tecnico-scientifico importanti anniversari erano i centocinquant’anni dalla nascita di Marie Curie (studi sulla radioattività) e gli ottant’anni dalla morte di Guglielmo Marconi. Anche in questo caso, gli argomenti potevano essere proposti nel tema di attualità (tipologia D).
Devo dirlo chiaramente, non sono dispiaciuto del fatto che le mie previsioni come quelle di altri non si siano avverate. Questo è prova che non ci siano fughe di notizie e che il meccanismo di scelta è sigillato ermeticamente. Mi dispiace, invece, del fatto che una volta ancora le tracce siano abbastanza lontane dalla vita e dal cuore dei giovani. Mi dispiace che la cultura sia messa in secondo piano rispetto all’ideologia, cioè ad un’idea della realtà e del mondo.
Quest’anno la maggior parte delle tracce (in totale sono sette, se teniamo conto del fatto che la tipologia B propone quattro ambiti) riguarda la natura, tutte le sette proposte addirittura sono concernenti il rapporto dell’uomo con la natura o con l’ambiente o il progresso. Premetto che sono naturalmente a favore del rispetto dell’ambiente, che preferirei definire «creato». Nell’uso delle parole viene trasmessa una visione del mondo. Quando usi il termine «creato» alludi alla dipendenza da un Mistero più grande. Quando si utilizza il termine «natura» nell’epoca contemporanea si rischia di ritornare alla dimensione di Rousseau secondo il quale è il progresso ad aver rovinato l’uomo. L’uomo allo stato di natura sarebbe buono e la stessa natura sarebbe buona nei confronti degli esseri viventi. Ebbene, nonostante Leopardi abbia demolito il suo idolo di gioventù Rousseau dimostrando l’erroneità di tale pensiero già due secoli fa, oggi è imperante l’ideologia di una madre natura buona, avversata dall’uomo cattivo. Per chi non l’avesse visto ancora imperdibile è Into the wild, film basato su una storia vera di un ragazzo che abbandona la civiltà (perché corrotta, falsa e cattiva) per ritornare ad un contatto diretto con la natura, lontano dal progresso e dall’uomo. Lascio agli spettatori la visione del destino che attende il povero Christopher McCandless.
Ebbene, la poesia di Giorgio Caproni proposta per l’analisi di testo, intitolata «Versicoli quasi ecologici», recita: «Non uccidete il mare,/ la libellula, il vento./ Non soffocate il lamento/ (il canto!) del lamantino./ Il galagone, il pino:/ anche di questo è fatto/ l’uomo. E chi per profitto vile/ fulmina un pesce, un fiume,/ non fatelo cavaliere/ del lavoro. L’amore/ finisce dove finisce l’erba/ e l’acqua muore. Dove/ sparendo la foresta/ e l’aria verde, chi resta/ sospira nel sempre più vasto/ paese guasto: Come/ potrebbe tornare a essere bella,/ scomparso l’uomo, la terra».
Gli ultimi due versi mi trovano in totale disaccordo con Caproni. Il poeta non può arrivare ad affermare che la terra senza l’uomo potrebbe ritornare ad essere bella. Per dirla con il Pirandello de Il fu Mattia Pascal l’uomo è «questa bestia che ruba, questa bestia che uccide, questa bestia bugiarda, ma che pure è capace di scrivere la Divina Commedia […] e di sacrificarsi come ha fatto» la madre di ciascuno di noi. L’uomo è capace di apprezzare la bellezza del creato e di riflettere sul creato, l’uomo è «canna pensante» per dirla con Pascal, l’uomo stesso è artefice di bellezza, non solo deturpa l’ambiente, ma lo rende spesso più bello. Pensiamo al paesaggio antropizzato delle colline toscane. Potrei portare tanti altri esempi volti a mettere in rilievo quanto l’uomo realizza. L’ideologia si ha proprio quando trionfa l’idea a discapito della realtà. Il testo di Caproni non presentava difficoltà, era estremamente semplice, così pure le domande rischiavano di cadere nel banale e nello scontato. Poi mi domando sempre: perché chiedete ai ragazzi di riassumere una poesia? La poesia si spiega, perché il suo testo è già criptico o sintetico o concentrato; si riassumono i brani in prosa.
Per quanto riguarda la tipologia B (articolo/ saggio breve) quest’anno la mia predilezione va per l’ambito artistico-letterario (argomento «La natura tra minaccia e idillio nell’arte e nella letteratura»): sia il titolo che i suggerimenti spronavano ad un autentico lavoro o percorso culturale in cui lo spirito critico dello studente poteva misurarsi con artisti ed autori studiati. L’ambito socio-economico («Nuove tecnologie e lavoro») e tecnico-scientifico («Robotica e futuro tra istruzione, ricerca e mondo del lavoro») mi sembrano, invece, molto simili e ripetitivi di questioni già sollevate in questi anni. L’ambito storico-politico («Disastri e ricostruzione») mi sembra che non possa offrire agli studenti possibilità di riflessioni critiche che non vadano oltre quanto già spesso si sente ripetere a parole, perché propone questioni che sono già esposte e risolte nei documenti offerti.
Lancio allora una provocazione: non è ora di ritornare al vecchio tema, solo con la traccia, senza documenti in modo che si veda quello che davvero lo studente possiede, quello che ha coltivato negli anni di studio e mostri la sua capacità di argomentazione? Queste tracce, già da un po’ di anni, sono ripetitive e rischiano di non valutare davvero il percorso culturale realizzato dal ragazzo. Rischiano altresì di indirizzare ad un giudizio già insito nel titolo e nei documenti assegnati.
Tocchiamo, infine, proprio la tipologia C e D, che sono quanto rimane dell’antico tema. La prima, riguardante il miracolo economico italiano che «ha segnato un nuovo corso per il Paese», suggerisce al candidato di riflettere criticamente sul fenomeno avvalendosi anche delle considerazioni offerte di Piero Bevilacqua e Paul Ginsborg. Il tema di ordine generale (tipologia D) partendo da una citazione di Edoardo Boncinelli invita a riflettere: «Sul significato di “progresso”, di “civiltà” e sulle reciproche interazioni; sul significato da attribuire a “progresso materiale” ed a “progresso morale e civile”; sulle ragioni e sulle cause che sono alla base della difficoltà di mettere in pratica “precetti” virtuosi; […] sul paradosso rappresentato dalla coesistenza del livello civile della società e della devianza di (taluni) singoli che ne fanno parte».
L’ultima traccia offre interessanti spunti. Mi chiedo come sia possibile parlare di progresso o regresso morale quando si è perduto quel sistema di riferimento comune che da secoli aveva caratterizzato la nostra tradizione. L’espressione latina mos maiorum era molto significativa, indicava «il costume degli antenati». In base a quali principi condivisi oggi si può parlare di progresso o regresso? Credo che per affrontare seriamente le questioni di questo tema ci si debba chiedere quale sia la verità in relazione alla quale giudicare. Il relativismo culturale non permette di rispondere a questa domanda, perché mette in discussione la verità e il valore. La verità, per definizione, è una. Il relativismo culturale porta dietro a sé anche il relativismo etico. Se non esiste la verità, allora non esiste neppure la bontà. In base a quale criterio possiamo giudicare ciò che è buono e ciò che è cattivo.