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EDITORIALE

Manif pour Tous, esperienza di una coscienza umana

È commovente la testimonianza dei giovani di SOS Chrétiens d’Orient, nati dall'esperienza delle manifestazioni parigine per la famiglia. In tre anni 800 volontari sono partiti per aiutare i cristiani in Siria, Libano e Iraq. Una sfida al nostro modo di educare i giovani, che vivono fuggendo dalle circostanze della vita e dai problemi.

Editoriali 11_03_2017
Volontari di Sos Chretien d Orient

Nei giorni scorsi il sito rossoporpora.org ha pubblicato una commovente intervista a Benjamin Blanchard, direttore generale dell’associazione SOS Chrétiens d’Orient, nata nel 2013 da giovani che partecipavano al grande movimento della Manif pour Tous. Dalla passione testimoniata in quei giorni è scaturito il desiderio di condividere la vita con i cristiani in Siria, in quel momento al centro di una battaglia durissima con gravissime conseguenze per la popolazione. Ma l’impegno è andato avanti e i giovani di SOS Chrétiens d’Orient hanno allargato le missioni, arrivando in diverse città della Siria, dell’Iraq e del Libano. Ad oggi sono almeno 800 i volontari che si sono impegnati nell’aiuto ai cristiani (e non solo) nell’area mediorientale scossa da orrendi conflitti (clicca qui per leggere l’intervista).

È davvero straordinaria la testimonianza che ci arriva da tanti giovani militanti della Manif pour Tous, che hanno creato una trama di convivenze e di aiuti con i cristiani perseguitati del Medio Oriente; e molti di loro non sono neanche persone di fede. È gente che si spalanca ai bisogni di tutti cominciando da quelli che vengono vilipesi per la loro condizione. E si muovono in forza della loro coscienza. 

È una straordinaria esperienza di cosa possa essere la coscienza. La coscienza umana, non come la vuole il laicismo dominante, che è un meccanismo isterico per affermare il proprio potere su tutto e su tutti. No, la loro coscienza - come ci ha insegnato la tradizione della Chiesa - si apre al mistero dell’essere, ne sente profondamente la legge, la legge della natura, e cerca di attuarla con pienezza di intendimento perché la vita possa essere dignitosa. E infatti è la coscienza umana, insieme alla capacità di amare, la caratteristica fondamentale della dignità dell’uomo. 

Ho provato una grande gratitudine nel leggere questa testimonianza, ma allo stesso tempo anche una grande vergogna. Io per quattro anni ho tentato un dialogo con i giovani della mia diocesi. Credo di poter dire che non sia accaduto quasi nulla: certamente anche per i molti miei limiti che ho ben presente, ma anche per una chiusura. Il giovane è chiuso in se stesso, gli basta poco per sopravvivere. E uso di proposito l’espressione sopravvivere. Bastano gli studi universitari - quando ci sono - poi le movide serali e notturne; ci sono le discoteche, i pub, c’è questa grande compagnia che si dispiega in tutta la città e che lascia il giovane in balia della propria istintività.

Io non sono riuscito a comunicare loro quello che i responsabili della Manif pour Tous hanno comunicato a questi giovani: che val la pena di vivere da uomini, seguendo i dettami della propria coscienza e affrontando il tema della propria responsabilità.

Ho detto molte volte negli incontri: «Guardate che non potete scappare fino all’ultimo giorno della vostra vita. Dall’ultimo sicuramente non potete scappare, ma tutta la vita non può essere un fuggire da circostanze, da problemi, da difficoltà, in attesa del mondo senza problemi».

Ma mi sono anche un po’ vergognato perché a questa riduzione dell’umano che si vede in tanti giovani non sfuggono neanche quelli che frequentano le nostre parrocchie. Mi chiedo se riusciamo a formarli a una vita nuova, a una coscienza nuova: quella per cui ad alcuni può venire in mente di andare ad aiutare i cristiani in Medio Oriente, ad altri di andare a vivere la missione in un posto o in un altro. Facciamo loro la proposta di vita sana, buona, bella e vera, come diceva Benedetto XVI o ci accontentiamo di un po’ di volontariato parrocchiale?

La testimonianza dei giovani della Manif pour Tous mi spinge, per il tempo che mi aspetta, a riprendere con più vigore di prima il dialogo con i giovani. Vorrò giocare totalmente la mia proposta sulla grandezza e sulla dignità della coscienza come ricerca della verità, del bene, della bellezza, della giustizia. Così la coscienza si apre al Mistero che viene. E quando il Mistero viene, una coscienza così aperta può riconoscerlo molto di più o - come dice l’Apocalisse - apre la sua porta e il Mistero entra e prende dimora presso di lui.

* Arcivescovo di Ferrara-Comacchio