Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Fedele da Sigmaringen a cura di Ermes Dovico
COMPROMESSI PERDENTI

Mai fare patti col diavolo, con Hitler come con la Cina

Il Segretario di Stato Mike Pompeo ha messo il dito nella piaga, quando ha scritto che gli accordi fra Pechino e Santa Sede hanno peggiorato la situazione dei cristiani in Cina. C'è un precedente storico importante che lo dimostra: il concordato con la Germania di Hitler fu un disastro. Almeno, allora, il segretario di Stato vaticano Pacelli denunciò apertamente il regime. Parolin farà altrettanto?

Editoriali 27_09_2020
Il concordato Chiesa-Germania nazista nel 1933

Sulla rivista First Thing il segretario di Stato Mike Pompeo ha pubblicato una dura requisitoria contro l’atteggiamento di Papa Francesco e della diplomazia vaticana nei confronti della Cina. Il tema riguarda l’accordo raggiunto nel 2018 tra la Santa Sede e il Partito Comunista Cinese. Pompeo ha fatto presente che dopo l’accordo la situazione per i cattolici in Cina è solo peggiorata e che il Vaticano rischia di «mettere in pericolo la sua autorità morale in caso di rinnovo dell’accordo». Il quotidiano della CEI Avvenire ha definito l’intervento di Pompeo un «giudizio tagliente e non molto diplomatico». Anzi, una vera e propria «scivolata». In un commento a riquadro intitolato, appunto, La «Scivolata»,  il giornale dei vescovi italiani si spinge a dire che «le pesanti parole del segretario di Stato americano, che ha tentato di creare tensioni tra le due diplomazie impegnate nel riavvicinamento, non cambiano il percorso impostato. Anzi potrebbero rafforzare l’intesa sino-vaticana».

Pare, in effetti, sia proprio così, stando a quanto dichiarato dallo stesso Segretario di Stato vaticano Pietro Parolin, per il quale sembra essere ormai segnata «una direzione che vale la pena continuare». La direzione, ovviamente, è quella del rinnovo dell’accordo con il Partito Comunista Cinese. Parolin aggiunge anche una considerazione interessante: «In ogni epoca storica dobbiamo cercare tutti gli spazi e tutte le possibilità che ci sono offerti anche nei confronti di questo grande Paese per collaborare insieme». Si dia il caso, però, che il «grande Paese» di cui parla il Segretario di Stato vaticano sia governato da uno spietato regime totalitario. Si può davvero collaborare con una dittatura anticristiana che perseguita i cattolici? Su una cosa Pompeo ha certamente ragione. Dopo la conclusione dell’accordo tra Santa Sede e Partito Comunista Cinese, la situazione dei cattolici in quel Paese è davvero peggiorata. Le chiese sono sempre più sottoposte a controlli e alcune sono state fisicamente attaccate dalle forze di sicurezza o chiuse. Nel 2019 sono stati più di 5.500 le chiese e gli edifici connessi (scuole, ospedali, ecc.) sottoposte a simile trattamento. Sono intensificati i fermi di vescovi, sacerdoti e leader cristiani. I minori di 18 anni non possono frequentare i culti. La religione resta ancora vietata nella sfera pubblica. Sono state esercitate pressioni sugli insegnanti e sugli operatori sanitari per firmare documenti nei quali dichiarano di non avere una fede religiosa. In alcune zone, gli anziani che non rinunciano alla propria fede cristiana sono stati minacciati di riduzione della pensione. Resta il divieto di vendere bibbie online. La Cina nel 2019 è salita dal 27° al 23° posto nella classifica dei Paesi che perseguitano i cristiani, attuando tra le altre cose una sempre più stringente sorveglianza (anche tecnologica) sulle attività legate a quella fede.

Ma il Cardinal Parolin afferma che occorre comunque collaborare con la dittatura perché questo sarebbe l’unico modo di salvare il salvabile. Ma è proprio così? Forse il cardinale dovrebbe ripassare la storia e guardare all’esempio di un suo più illustre predecessore: Il Segretario di Stato Eugenio Pacelli. Quest’ultimo, infatti, si vide costretto ad appoggiare Pio XI nella decisione di stipulare un concordato con il regime nazista, seppure si trattava di un accordo imposto con «la rivoltella puntata alla tempia­», secondo le sue stesse parole. Pacellli, intelligente diplomatico, accettò perché era sicuro che i nazisti avrebbero infranto il concordato, in quanto li considerava dei professionisti nel violare i patti. L’idea era che l’inevitabile violazione avrebbe consentito alla Chiesa di denunciare pubblicamente la Germania nazista infliggendole un grave colpo d’immagine a livello internazionale. Come spiega lo storico tedesco Michael Hesemann, quando Pio XI, costretto dalla necessità, accettò di firmare, Hitler esultò, poiché la stipula del concordato, il 20 luglio 1933, rafforzò il prestigio del suo regime all’estero. All’interno, la sua utilità politica fu ancora maggiore. Il più forte oppositore del regime era ora “sotto controllo” ed era stato messo a tacere almeno in ambito politico. Il Fuhrer aveva mano libera per procedere nel suo programma, e attraverso il concordato paralizzò ogni tentativo di resistenza cattolica. Le conseguenze dell’accordo furono, infatti, esiziali: fine dell’attivismo politico cattolico e una drastica riduzione di quello associativo, fino a quel momento caratterizzato da una grande vitalità; scioglimento del partito cattolico di Centro; annessione del Movimento dei lavoratori cattolici nel sindacato unico di regime Deutsche Arbeitsfront.

Il Segretario di Stato Pacelli, però, a differenza del suo successore Parolin, non tacque di fronte allo strapotere nazista. Il 28 aprile 1935, durante un’omelia durata 40 minuti e tenuta davanti a diecimila fedeli convenuti a Lourdes, Pacelli attaccò per la prima volta in pubblico i nazisti con queste parole: «Essi non sono, in realtà, che deplorevoli plagiatori che coprono con nuovi orpelli vecchi errori. Poco importa che si ammassino attorno alla bandiera della rivoluzione sociale, che si ispirino a una falsa concezione del mondo e della vita, che siano ossessionati dalla superstizione della razza e del sangue: la loro filosofia si poggia su principi essenzialmente opposti a quelli della fede cristiana». Aggiungendo che «la Chiesa non avrebbe mai potuto, a nessun costo, scendere a patti con tali nefandi principi». Poi, incitò a opporsi pubblicamente affermando che «La Chiesa delle catacombe, la Chiesa dei martiri, la Chiesa dei confessori, la Chiesa dei papi e dei vescovi intrepidi ed eroici, non è solamente storia passata ma una realtà vivente», sempre pronta e capace di opporsi al drago infernale, alla rabbia del demonio e al potere delle tenebre. La Storia in quel caso dimostrò che i patti col Diavolo non reggono, e che con le dittature anticristiane non ha senso collaborare. I cattolici perseguitati dal regime comunista cinese meritano che il Cardinale di Stato Parolin abbia almeno lo stesso coraggio avuto da Pacelli nel denunciare i mali del «Dragon infernal». La Realpolitik vaticana non può arrivare al punto di ignorare la sorte dei cristiani cinesi né tantomeno di tacere difronte alla loro persecuzione.