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REGNO UNITO

Londra, un'islamica al ministero dell'Interno non interessa a nessuno

Nel rimpasto di governo deciso da Keir Starmer, la musulmana Shabana Mahmood va al Ministero dell'Interno. Conosciuta come la "Thatcher di sinistra" per le posizioni conservatrici su immigrazione, vita e bioetica. Ma ha rapporti da chiarire con i Fratelli Musulmani. 

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Editoriali 09_09_2025
Shabana Mahmood (La Presse)

Terremoto politico, l’ennesimo, nel Regno Unito. Angela Rayner, detta “la rossa”, di capelli e di ideologia, ha rassegnato le dimissioni da vicepremier dopo che è emerso che non avesse pagato tutte le tasse per l’acquisto di una nuova casa. Non male per un governo che punta a risanare il bilancio aumentando le tasse ai ricchi. L’uscita di scena della Rayner ha dato il via a un gioco delle sedie in cui tutti i ministri hanno cambiato posizione. Nel rimpasto generale l’ex ministro degli Esteri David Lammy è diventato il nuovo vicepremier, l’ex Segretaria all’Interno, Yvette Cooper, è diventata ministro degli Esteri, l’ex Segretaria alla Giustizia, Shabana Mahmood, è la nuova Segretaria all’Interno. Una musulmana, di origine pakistana, dovrà occuparsi di immigrazione e di terrorismo. E nessuno trova che la scelta sia strana.

La notizia ha due dimensioni, una puramente politica e l’altra religiosa e culturale. Sul piano puramente politico, la nomina della Mahmood è una buona notizia per gli inglesi e per chi sostiene l’ordine pubblico. Detta “la Thatcher di sinistra” dalla stampa pro-laburista, la Mahmood ha la reputazione tra i parlamentari laburisti di essere una sostenitrice della linea dura in materia di immigrazione. «È davvero di destra su queste cose», ha detto alla Bbc una fonte del Partito Laburista che la conosce bene.

Questa è stata sicuramente l'impressione che ha dato nella sua prima breve intervista in veste di ministro, lunedì, in cui ha ripetutamente promesso di fare «whatever it takes» (“tutto il necessario”) per contrastare l'immigrazione clandestina, ha suggerito di poter revocare i visti ai paesi che non “collaborano” sul rimpatrio dei migranti e ha accolto con favore la potenziale introduzione delle carte d’identità, che nel Regno Unito non sono mai state introdotte, per motivi di libertà personale.

Anche nelle politiche su vita e bioetica, è più vicina ai conservatori che ai laburisti: opposizione all’eutanasia e convinzione che il sesso biologico sia qualcosa che non può essere cambiato. «Come musulmana, ho una fede incrollabile nella sacralità e nel valore della vita umana - ha detto in relazione al disegno di legge sull’eutanasia del 2024 - Non credo che la morte sia un servizio che lo Stato dovrebbe offrire». In relazione al sesso biologico, Mahmood ha dichiarato: «Credo nell’importanza di riconoscere il sesso biologico; è immutabile ed è fondamentale per il modo in cui la stragrande maggioranza delle donne comprende la propria esistenza su questa Terra».

Lo dice “in quanto musulmana”. Ma quando l’islam influisce sulla sua visione politica? Una cartina di tornasole utile per capire l’identità musulmana è la posizione sul conflitto a Gaza. La Mahmood è stata vista con cartelli con la scritta “Free Palestine” (Palestina libera), durante una manifestazione della Palestine Solidarity Campaign, e si è astenuta dal voto per mettere al bando Palestine Action all'inizio dell’estate. Il 5 luglio, infatti, il governo britannico ha messo al bando Palestine Action come gruppo terroristico, dopo che alcuni membri della rete hanno vandalizzato un aereo della Raf nella base di Brize Norton.

Ci sono quantomeno indizi su legami non chiari con i Fratelli Musulmani. Un’organizzazione islamica ha la sua sede nel suo collegio elettorale. Islamic Relief, con sede nella zona di Digbeth a Birmingham, è stata designata come organizzazione terroristica negli Emirati Arabi Uniti nel 2014 per presunti legami con la Fratellanza Musulmana. La stessa Islamic Relief ha finanziato un viaggio della Mahmood in Pakistan nel 2010.

Shabana Mahmood afferma che la sua fede musulmana è «il nucleo della mia identità» e ha decorato il suo ufficio, prima quello del ministero della Giustizia, poi quello dell’Interno, con le foto dei luoghi più sacri dell’islam. In un'intervista al Times, quando era stata nominata alla Giustizia, aveva dichiarato: «La mia fede è il nucleo della mia identità. È la parte di me che rimane quando tutto il resto scompare. La considero la verità fondamentale di chi sono come persona. Essa plasma la mia vita e le mie opinioni, il mio modo di pensare al mondo, al mio ruolo e al mio posto in esso. La mia fede mi chiama al servizio pubblico».

Proprio perché la fede islamica plasma il suo “modo di pensare al mondo” e la chiama al servizio pubblico (non c’è mai stata una netta divisione fra Stato e religione nel mondo islamico) dovrebbe porre gli interrogativi maggiori. Nel ruolo di Segretaria all’Interno, sarà la Mahmood a dover combattere contro il terrorismo islamico. Ma se ha mostrato indulgenza per un gruppo pro-Pal considerato terrorista dal suo stesso governo, sarà capace di identificare altri gruppi islamici radicali come una minaccia esistenziale? Se ha preso i voti (e in un caso anche i soldi) di un’organizzazione legata ai Fratelli Musulmani, come possiamo pensare che voglia combatterli?

Questo è il problema che i media britannici non si stanno ponendo. Nella Bbc, sul Guardian, sull’Independent, sul Times, la religione della Mahmood è trattata al massimo come una nota biografica a margine. In un governo laicista, come quello di Keir Starmer, la religione non conta, non interessa neppure. Eppure questo è un periodo di forte scontro culturale. Sventolare una bandiera inglese è diventata una protesta nazionalista, che attira l’attenzione della polizia. La bandiera palestinese, al contrario, non genera alcun problema alle autorità. Un commento bollato come razzista sui social network può costare il carcere a chi lo ha scritto. Ma la violenza al seguito delle manifestazioni islamiche per Gaza resta impunita. Tanto che lo stesso premier Starmer si è meritato il nomignolo di “two tier Keir” (Keir dei due pesi e due misure). In un periodo così caldo di scontro culturale e identitario, non pensare neppure alla religione del nuovo ministro dell’Interno può rivelarsi un errore politico mortale, soprattutto considerando che è la stessa Mahmood che considera la religione islamica al centro dell’universo.