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"DOLCE MORTE"

L'ombra dell'eutanasia si allunga su Oceania e Canada

In Australia, lo Stato di Vittoria celebra il suo primo anno di legalizzazione dell'eutanasia. I risultati sono impressionanti, ma i promotori li celebrano. Più combattuta la normativa che si intende far passare nello Stato della Tasmania. Giochi aperti anche nella vicina Nuova Zelanda, dove calano i sostenitori. Intanto, in Canada, un'anziana sta combattendo una battaglia legale per salvare il marito.

Vita e bioetica 08_09_2020
Australia (in blu le regioni dove l'eutanasia è legale)

I nuovi mondi hanno perso la testa per l’eutanasia, non sono l’eccezione è divenuta regola consolidata ma, inoltre, la ‘dolce morte’ sta trascinando governi e giudici alla follia totale. Un anno fa, in Australia, il Victorian Voluntary Assisted Dying Act, ovvero la legge che consente a ciascuno di chiedere l’eutanasia nello Stato di Vittoria, è entrato in vigore dopo un dibattito pubblico intenso e divisivo. Per molti ha significato un tradimento di alcuni dei precetti morali fondamentali della società e un capovolgimento degli impegni fondamentali della professione medica. Un anno dopo, cosa possiamo dire dell'impatto della legislazione sulla vita dei cittadini di questo stato australiano? I dati resi pubblici il 5 settembre parlano chiaro: 124 morti e le 341 persone in lista d’attesa potrebbero essere uccisi tra poche settimane. Sebbene sia troppo presto per esprimere un giudizio definitivo la legge sembra funzionare abbastanza bene, affermano i promotori della legge. Infatti, secondo loro sono un gran successo i dati emersi dal primo anno di applicazione della legge, anche se le più di 460 tra richieste e morti sono il doppio del previsto. Una riprova ulteriore che, aperto un pertugio, si spalanca una corrente mortale.

Eppure, sono stati criticati i requisiti burocratici, che includono una grande quantità di documenti e moduli multipli di ‘garanzia per pazienti e famigliari’, che richiedono settimane o addirittura mesi per essere completati, i ‘ritardi a causa della carenza di medici specialisti’ che hanno espresso la volontà di partecipare, le risposte delle singole istituzioni sono state variabili, troppe strutture ospedaliere non vogliono fornire ‘servizi mortali’. C'era da aspettarselo, perché molti servizi sanitari erano molto chiari sulla loro opposizione alla morte volontaria assistita. Tuttavia, l’ambiguità della normativa attuale, consente di fatto a chiunque di ‘consigliare o incitare direttamente o indirettamente’ alla eutanasia, mentre teoricamente i medici non possono proporre questa ‘soluzione’ al paziente sino a quando il paziente stesso non chiede informazioni sulla procedura.

La Tasmania, altro Stato australiano,  proprio in questi giorni, in una rincorsa folle dell’altro mondo, sta considerando di approvare una propria legislazione favorevole all'eutanasia. La normativa sulla morte volontaria assistita sarà sottoposta in questi giorni a una seconda lettura nel parlamento della Tasmania, dopo ben quattro tentativi falliti negli ultimi anni. I medici potranno rifiutare il trattamento se filosoficamente non sono d'accordo con la pratica, il medico di base dovrebbe fornire al malato informazioni su tutte le sue opzioni, comprese le cure palliative, l'assistenza domiciliare e la morte assistita volontaria e se verrà richiesta l’eutanasia, sarà solo quel medico a deciderne l’ammissibilità. L’eutanasia potrà essere richiesta solo da maggiorenni residenti e che siano malati di ‘avanzati, incurabili, irreversibili’.  Se sarà concesso il permesso, il paziente potrà ripensarci per 48 ore, prima dell'iniezione fatale.

Ciò che succede in Australia potrà aver ripercussioni in Nuova Zelanda dove, il prossimo 17 Ottobre , il Governo ha scelto di far votare i cittadini sia per le elezioni politiche, sia per i due referendum confermativi su Cannabis libera e Legge sulla eutanasia. La campagna dei pro life che unisce tutte le sigle delle organizzazioni e tutte le principali chiese e leaders religiosi che si oppongono alla eutanasia nel paese è martellante, la Chiesa cattolica è in prima fila, l’esito è incerto. Un recente sondaggio sul tema, mostra che il numero dei ‘sostenitori convinti’ della legge è sceso dal 50% al 33% dei cittadini intervistati, mentre sta crescendo il numero di quelli che si dichiarano ‘incerti’.

Se, nonostante tutto, c’è motivo di sperare che non tutto vada a rotoli nel nuovo mondo australe, in un altro angolo del nuovo mondo, nello Stato di Nuova Scozia in Canada è esploso un emblematico caso che dovrebbe tutti far riflettere. Una moglie si trova a difendere in Tribunale il diritto alla vita del marito dopo che, il medico curante del suo congiunto aveva autorizzato l’iniezione mortale. L'82enne nonnina, dopo 48 anni di matrimonio, sta tentando di impedire al marito di uccidersi e perciò non solo ha portato il caso dinnazi al Tribunale in primo grado ma, dopo una prima sconfitta, ora dovrà ribadire le sue ragioni a favore della vita del marito dinnazi alla Corte di Appello che delibererà sul caso a fine settembre. Che vuole la moglie? Solo proteggere il marito da possibili abusi e pressioni esterne e dalla propria malattia e depressione, desidera solo ‘vivere con lui finchè la morte (naturale) non li separi’. Che nuovo mondo è quello nel quale a Katherine è impedito di salvare il marito e vivere con lui, prendendosene amorosa cura, fino alla sua morte naturale?