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Medio Oriente

L’incerta sorte dei cristiani in Siria

Dopo la strage del 22 giugno, minacce e intimidazioni creano allarme nella comunità cristiana nonostante le rassicurazioni del governo di transizione

 

 

Dopo l’attentato jihadista del 22 giugno alla chiesa greco-ortodossa di Mar Elias, a Damasco, che ha causato la morte di almeno 25 cristiani, sul muro di un’altra chiesa, nella circoscrizione di Hama, è comparsa la scritta “verrà anche il nostro turno”. Lo conferma, raggiunto dall’agenzia di stampa Fides, monsignor Joseph Tobji, arcivescovo marronita di Aleppo. “Qualcuno vuol far credere che è solo l’inizio. Mi mandano foto di volantini attaccati a case cristiane in cui è scritto ‘la terra di Siria deve essere purificata’, col disegno di bombe e Kalašnikov. Intimidazioni che ricordano le scritte apparse sulle case dei cristiani di Mosul. Sono queste le cose che girano tra i cristiani. Magari non sono neanche foto reali, qualcuno le genera con l’intelligenza artificiale e le manda in giro nella rete. Ma la paura che scatenano non è un ‘fake’”. Monsignor Tobji prosegue: “quelli che ora comandano ci ripetono sempre che i cristiani non si toccano, che sono una componente essenziale del Paese e della società siriana. A Natale e Pasqua hanno mandato le loro scorte di sicurezza per proteggere le messe nelle chiese e le processioni. I Servizi di sicurezza hanno già preso misure e sistemi protezione. Quando li chiamiamo vengono. Ma la gente non ci crede. Prevalgono paura e sconforto perché appare evidente che non tutte le fazioni e i gruppi armati rispondono a quelli che adesso hanno in mano il governo”. D’altra parte lo stesso Ahmed al-Sharaa, l’uomo che ha guidato il colpo di stato e la destituzione del presidente Bashar al-Assad lo scorso dicembre e che ricopre la carica di presidente di transizione, per anni è stato il leader di Hayat Tahrir al Sham, una sigla jihadista. Adesso, nella Siria attuale – continua monsignor Tobji – anche buona parte dei musulmani siriani non appoggia la possibile instaurazione di un regime islamista. Ma la mentalità islamista emerge nei dettagli. Ha effetti nella vita quotidiana. Con gli ascensori riservati agli uomini e quelli riservati alle donne, negli uffici statali sportelli per le donne altri per gli uomini, e così via. Qualche giorno fa un ragazzo e una ragazza passeggiavano per strada la sera, li ferma un uomo e chiede loro come mai stanno insieme. Rispondono che sono fidanzati, e lui comincia a interrogarli, vuole che qualcuno lo confermi, fa chiamare al telefono la madre di uno di loro e comincia a interrogare anche lei, che ha confermato che il ragazzo e la ragazza sono fidanzati... Con episodi così, tanti cominciano a dire: questo non è più il nostro Paese. Tanti giovani sono alla continua ricerca del visto per espatriare, per scappare da una situazione che considerano irrecuperabile”. Inoltre, racconta ancora monsignor Tobji, “appare evidente che l’attuale gruppo di potere non ha il controllo di tutte le fazioni armate e su tutte le aree. Ampie parti del Paese sono controllate da curdi e drusi. Manca la polizia per le strade, la situazione è sottosopra e i nuovi arrivati al potere sono ancora inesperti di politica e amministrazione. A volte prendono decisioni fuori dalla realtà. Hanno licenziato migliaia e migliaia di impiegati pubblici, etichettandoli in massa come corrotti o dicendo che sono ridondanti. E ora anche le famiglie di quegli ex dipendenti degli apparati non sanno come andare avanti. Il pane continua a costare dieci volte più di prima e la nostra gente senza pane non va avanti. Tutti si lamentano ancora della scarsità di corrente elettrica, di acqua, e però questo dura già da molti anni. Le cose peggiori sono i prezzi cari di medicinali, interventi chirurgici, affitti”. I vescovi cattolici di Aleppo hanno costituito un comitato con l’obiettivo di incentivare il dialogo con tutte le componenti del paese. È già stato organizzato un convegno durato tre giorni per discutere sul futuro della Siria. “Condividiamo – conclude monsignor Tobji – il pensiero che se il Signore ci tiene qui, nella Siria del 2025, c’è qualcosa che vuole da noi in questa situazione, che non dobbiamo nasconderci o rimanere a guardare. C'è una chiamata del Signore che vuole da noi qualche azione”.