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RAID ISRAELIANI

Libano, ottimismo per la visita del Papa ma la guerra continua

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Ottimismo in Libano per la visita del Papa e per la tenuta della tregua. Ma si tratta di una tregua ben strana, in cui i raid israeliani contro Hezbollah continuano e uccidono anche civili.

Esteri 25_10_2025
Drone israeliano sorvola il Libano (La Presse)

«È una notizia straordinaria!»  All’indomani dell’annuncio della visita papale in Libano, seguito dopo pochi giorni dalla notizia della tregua tra Israele e Hamas, La Nuova Bussola Quotidiana ha contattato Fares Souaid,  cristiano maronita già parlamentare delle Forze Libanesi.

Al telefono Souaid non ha nascosto il suo entusiasmo: «Si tratta della quarta visita di un Papa in Libano. La prima volta fu nel 1964, quando Paolo VI è passato dall’aeroporto di Beirut; la seconda nel 1997, quando Giovanni Paolo II ha tenuto il famoso discorso in cui ha parlato del Libano come di un messaggio di pace e di convivenza islamo-cristiana. Nel 2012 è stata la volta di Benedetto XVI e adesso Leone XIV viene in un periodo in cui per tutta la regione si apre una nuova era, dopo l’abbattimento del regime di Assad a Damasco e dopo la pace a Gaza tra Israele e Hamas.  Inoltre, il Papa porterà un doppio messaggio: un messaggio cristiano e un messaggio di Stato. Per i cristiani, che nel Levante sono circa quattro milioni tra Libano, Siria, Giordania, Palestina e Iraq, questa è una visita di sostegno e di incoraggiamento; allo stesso tempo questa è una visita di Stato, una visita del Capo di Stato vaticano al Capo di Stato libanese».

L’ottimismo di Souaid ci è sembrato solido e fondato: «Credo che questa visita sia cruciale proprio perché attribuisce importanza al Libano e allo Stato libanese, che rinasce dalle sue ceneri e può costituire un progetto pilota per tutta la regione,  un esempio di dialogo e di vivere in comune tra cristiani e musulmani. Inoltre, l'elezione di Leone XIV, primo Papa americano, che coabita con una nuova amministrazione americana, ci ha dato molta speranza: ci auguriamo che questo Papa possa in qualche modo influenzare la nuova amministrazione americana perché dia al Libano la giusta importanza».

A un paio di settimane dalla conversazione con Souaid, nel pieno dei preparativi del viaggio papale in Libano e della prima fase dell’accordo di pace a Gaza proposto dagli Usa, gli entusiasmi iniziali si stanno affievolendo. Secondo gli accordi, dal 10 ottobre scorso nella Striscia è entrato in vigore il cessate il fuoco; Israele ha liberato 1950 prigionieri palestinesi ed Hamas ha rilasciato gli ultimi 20 ostaggi e restituito i corpi di 14 morti durante la prigionia, su un totale di 28. Durante le operazioni di scambio dei prigionieri, Israele ha violato ripetutamente la tregua -  dal Cessate il fuoco IDF ha ucciso circa un centinaio di persone tra i palestinesi di Gaza, mentre dal canto loro miliziani di Hamas hanno giustiziato un numero imprecisato di persone accusate di collaborazionismo con Israele. In un amaro svuotamento di senso della parola, la tregua a Gaza richiama sinistramente un’altra tregua, l’accordo stabilito il 27 novembre scorso tra Libano ed Israele, che ha finora prodotto più di 300 vittime nel Paese dei Cedri.

Dal giorno ormai lontano del Cessate il fuoco in Libano gli attacchi israeliani continuano senza sosta, e non solo nel sud del Paese: nella valle della Bekaa, a Saida, nei dintorni di Beirut, a Baalbek, a Hermel, in località lontane centinaia di chilometri dal confine.

La presenza israeliana si fa sentire forte e chiara nella Capitale: «Sono alcuni giorni che qui a Beirut il drone di IDF resta sopra le nostre teste tutto il giorno, fino alla sera, con un rumore che infastidisce e incute timore allo stesso tempo» dice alla Nuova Bussola Quotidiana Francesca (nome di fantasia), cooperante italiana che vive in Libano da anni.

Da rilevare come negli ultimi dieci giorni l’offensiva di IDF si è violentemente intensificata, seminando il panico del Paese e facendo svanire l’illusione di una possibile funzione di deterrenza dell’annunciata visita papale.

Lo Stato Ebraico giustifica gli attacchi mortali portati in territorio libanese con la necessità di sgominare definitivamente Hezbollah - mentre scriviamo, l’ultimo effettivo della milizia sciita ucciso in ordine di tempo è Issa Karbala, comandante di un’unità militare della Forza Radwan - ma tra le vittime si contano donne, bambini, anziani, passanti, operai che lavoravano alla ricostruzione delle proprie case e dei propri villaggi distrutti da IDF. Israele non si fida del governo libanese, a cui per voce degli USA ha affidato l’improbo compito di disarmare Hezbollah, e preferisce evidentemente pensarci da solo.

Mentre esperti, studiosi, diplomatici e osservatori invitano il governo libanese a cogliere “l’occasione che non si ripresenterà un’altra volta”, disarmando Hezbollah, preparando le riforme necessarie per attrarre investitori dai Paesi stranieri (e compiacendone i governi) in Libano si continua quotidianamente a morire.

È ormai chiaro a tutti che Israele è deciso a perseguire il disarmo di Hezbollah in Libano e di Hamas a Gaza whatever it takes. Ma delle vittime civili a nessuno sembra importare.