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L'EDITORIALE

L'etica in vitro

Pratiche diagnostiche e terapeutiche nel campo della bioetica, moralmente inaccettabili, sono tranquiilamente accettate da ospedali cattolici. Una denuncia dell'Osservatore Romano che non può restare senza seguiti.

Editoriali 03_10_2011
fecondazione in vitro
“In campo di sospensione delle cure vitali, di diagnosi prenatale e di manipolazione della vita molti cristiani non sentono più né l’ingiustizia morale, né i richiami dei dati scientifici”. Questa denuncia è stata fatta da L’Osservatore Romano nell’edizione del 1° ottobre con un articolo in prima pagina a firma di Carlo Bellieni. Il bioeticista presentava una serie di dati scientifici per dimostrare che le pratiche di fecondazione in vitro, aborto farmacologico e uso delle droghe leggere sono molto pericolose per la salute oltre che moralmente inaccettabili e che l’unico motivo per cui sono state introdotte è economico. “Il positivismo – nella forma dell’utilitarismo — sembra prevalere”, dice Bellieni. E non solo tra i laici: “Ormai certe pratiche sono routine, digerite, assorbite e soprattutto «normalizzate» anche tra molti credenti, medici e non medici”.

E’ un’accusa molto pesante, che ha sicuramente sullo sfondo il caso dell’ospedale San Raffaele di Milano, i cui canali di ricerca e pratiche diagnostiche creeranno alla Santa Sede tanti problemi quanto quelli economici cui è impegnata a rispondere. Ma le parole di Bellieni fanno chiaramente intendere che il problema degli ospedali cattolici in cui si attuano ricerche, diagnosi e terapie contrarie alla morale cattolica non si limita al San Raffele, anzi è piuttosto diffuso. E questa non è una denuncia che può rimanere sospesa, senza un approfondimento.

La confusione sulla liceità di certe pratiche, inoltre, va oltre il confine medico, dice ancora Bellieni; c’è una “normalizzazione” in atto, una incapacità a comprendere e spiegare la posta in gioco. Non può certo essere estraneo, alle parole di Bellieni, il dibattito dell’ultima settimana innescato dal caso della donna guarita da un tumore che è rimasta incinta grazie alla crioconservazione degli ovociti. Con un preciso articolo di Tommaso Scandroglio abbiamo spiegato di cosa si tratta e perché non si può brindare al successo, come qualcuno ha fatto. Seppure il danno venga in questo caso limitato (conservare gli ovociti provoca sicuramente minor sacrificio di embrioni rispetto alla conservazione degli embrioni stessi) non si può ignorare che comunque un sacrificio di embrioni, e perciò di vite, è richiesta.

La limitazione del danno è pur sempre un male e non può mai essere spacciata per un bene. In tempi di confusione generale, ai cattolici che hanno responsabilità nella comunicazione è chiesta una grande chiarezza.