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FEDE E COVID

Le processioni dimenticate (ma tornano i caroselli)

In Italia tornano i caroselli e cadono giustamente molti limiti all’aperto, ma dopo circa un anno e mezzo di virus le processioni sono quasi del tutto sparite dal panorama cattolico. L’accordo del 2020 tra Cei e Governo le permette, nel rispetto di precise norme anti-Covid, ma in certi casi sono le diocesi a prevedere ulteriori restrizioni o perfino a vietarle. Senza motivi validi.

Editoriali 08_07_2021

Che fine hanno fatto le processioni religiose? Dopo circa un anno e mezzo di allarme Covid in Italia (e altrove) le potremmo dare per “disperse”, dimenticate dalla grande maggioranza di persone lontane dalla fede cattolica e trascurate all’interno della stessa Chiesa, fatte salve le dovute eccezioni.

Sembra che le processioni religiose debbano scontare, per partito preso, un di più di allarme e di restrizioni da parte di autorità laiche ed ecclesiali, laddove queste ultime risultano a volte perfino più realiste del re. Perché? Da un punto di vista strettamente razionale non c’è motivo. In tal senso, di esempi di cortei profani, o di semplici situazioni di vita ordinaria, che confermano la logica dei due pesi e due misure se ne potrebbero fare a iosa.

Vedi, per stare a un’esperienza fresca fresca, gli immancabili maxischermi e caroselli di tifosi - in auto, scooter, a piedi - che a colpi di clacson e di trombette hanno animato queste notti di mezz’estate per festeggiare le vittorie dell’Italia agli Europei di calcio, ultima quella ai rigori nell’emozionante semifinale contro la Spagna di Luis Enrique (a proposito, chapeau al tecnico iberico per i gesti e le parole post-eliminazione). Tanti “assembramenti” in molte città italiane, ma si può dire che fin qui non c’è stato il generale stracciamento di vesti, mediatico e politico, a cui siamo stati abituati dall’inizio del Covid in situazioni più o meno simili. Meglio così. Forse sarebbe stato troppo impopolare anche per certe vestali dell’allarme senza se e senza ma.

Se si guarda alle situazioni più quotidiane e comuni, ancor più con le temperature estive (benefiche contro il virus) e l’allentamento delle restrizioni, il ragionamento non cambia. Che differenza c’è tra dei fedeli in processione - che pregano il Rosario e magari cantano inni a Gesù e Maria - e i fiumi di persone che si riversano nelle vie dello shopping di piccole e grandi città, affollano piazze, passeggiano e chiacchierano sul lungomare, vanno al mercato, eccetera? Tutte attività, meglio ribadirlo di questi tempi, assolutamente normali. E permesse dalla stessa normativa anti-Covid, che ad oggi prevede la mascherina all’aperto solo quando non si può mantenere il distanziamento richiesto. Perché, allora, proprio le processioni - che riguardano il fine ultimo dell'uomo - non si fanno più o quasi?

A livello nazionale esiste un accordo siglato a giugno 2020 - che ci risulta tuttora valido* ed è presente nei rispettivi siti istituzionali (vedi qui e qui) - tra la Conferenza episcopale italiana e il Ministero dell’interno (con tanto di parere del Comitato tecnico-scientifico) che consente le processioni osservando un metro e mezzo di distanza tra i fedeli (due metri per chi canta), con blocchi separati se i partecipanti sono più di mille, senza baci a reliquie e oggetti religiosi, e con la "raccomandazione" delle mascherine. Norme rigorose, anche più rigorose di quelle comuni: vedi maggiore distanza interpersonale, tra l’altro proposta a suo tempo dalla stessa Cei. Ma le processioni sono tuttora un miraggio in buona parte del Paese.

Di più. Ci sono diocesi e intere conferenze episcopali regionali che hanno imposto misure ancora più restrittive di quelle previste dal protocollo nazionale. Ad esempio, l’Arcidiocesi di Milano ha fatto una nota l’1 settembre 2020 - ribadita per il Corpus Domini di quest’anno - per limitare la partecipazione al corteo a «colui che presiede la celebrazione con il Santissimo Sacramento, la reliquia o il simulacro oggetto di venerazione» ed eventualmente ad «alcuni ministri e membri di confraternite». A questa nota si sono poi uniformate altre diocesi lombarde. In Sicilia va ancora peggio. Qui, mercoledì 30 giugno, i vescovi della Cesi hanno confermato la sospensione totale delle processioni già disposta in due sessioni straordinarie lo scorso anno. Misure che peraltro non sono giustificate dai dati e, appunto, sono in controtendenza rispetto a quelle generali di un Paese che in questa estate, come nella precedente, ha ripreso a respirare.

Nel resto dell’Italia, stante la potestà dei singoli vescovi, c’è una situazione diversificata nelle varie diocesi: in alcune le processioni sono consentite, in altre no. Infine, chiaramente, ci deve essere la buona volontà del parroco di turno e questi, oltre al permesso della curia, deve avere il via libera dalle autorità civili e sanitarie. Che non è scontato, a dispetto della libertà della Chiesa che pure il Concordato riconosce.

Si capisce così perché in un modo o nell’altro, in quest’anno e mezzo di Covid, le processioni siano state oggetto, come si suol dire oggi, di discriminazione.

Questo sta avvenendo, ci dispiace doverlo ripetere, con l’avallo di molti pastori che sembrano dimentichi, almeno nei fatti, dell’importanza che hanno le processioni per la vita della Chiesa e come testimonianza pubblica di fede, a beneficio degli stessi non credenti. Storicamente, le processioni sono state uno dei mezzi privilegiati per chiedere a Dio la fine di un’epidemia. E gli esempi - da san Gregorio Magno a Roma alla processione delle reliquie di santa Rosalia a Palermo, dalla “Peste di San Carlo” alla Madonna della Salute a Venezia - non si contano. Che fossero di impetrazione, penitenziali o di lode e ringraziamento al Cielo, da sempre (al di là delle storture umane presenti in ogni ambito) sono state il segno di una fede semplice e vera, come quella dei piccoli di cui parla il Vangelo. E a chi le svaluta bisognerebbe ricordare che il loro fondamento è biblico. Nell’Antico Testamento vediamo il popolo ebraico che porta in solenne processione l’Arca dell’Alleanza. Ed è Gesù stesso, all’origine della Nuova Alleanza, ad entrare messianicamente a Gerusalemme, in processione.

Ieri è iniziata la novena alla Madonna del Carmelo. Chiediamole di intercedere anche per la grazia delle processioni, a maggior gloria di Dio.
 

* AGGIORNAMENTO del 13 luglio 2021:
Oggi l'Ufficio Nazionale per le Comunicazioni Sociali della Cei ha confermato via email alla Nuova Bussola che "ai sensi dell'art. 12 c.2 del DPCM 2 marzo 2021, la lettera del Ministero dell'Interno datata 11 giugno 2020 è tuttora in vigore". Dunque, a livello nazionale, stante quanto detto sopra, nulla vieta di fare le processioni.