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L'Australia si scopre vulnerabile e infiltrata dall'Iran

I servizi segreti australiani scoprono una rete di infiltrati iraniani, o locali al loro servizio, intenti a provocare incidenti antisemiti. Espulso l'ambasciatore iraniano. La Repubblica Islamica esporta la destabilizzazione anche all'altro capo del mondo.

Esteri 02_09_2025
Anthony Albanese (La Presse)

L’Australia, dopo la Francia e il Regno Unito, era stato uno dei primi paesi ad annunciare, per questo mese, il riconoscimento dello Stato di Palestina. Fra Australia e Israele, i rapporti sono molto tesi, come dimostra l’annullamento del visto di ingresso di un parlamentare israeliano, Simcha Rothman, considerato alla stregua di una minaccia per l’ordine pubblico. E per le strade di Sidney, così come delle altre città australiane, le manifestazioni pro-Pal si moltiplicano. Eppure, il primo ministro Anthony Albanese, laburista, il 26 agosto ha dovuto cacciare l’ambasciatore dell’Iran, Ahmad Sadeghi (e altri tre diplomatici della Repubblica Islamica), ritirare i propri diplomatici da Teheran e sollecitare i suoi cittadini in territorio iraniano a lasciare il paese il prima possibile. Cosa è successo? L’annuncio, inizialmente, era stato dato senza troppe spiegazioni, pareva veramente che, dopo Israele, l’Australia avesse deciso, per par condicio, di inimicarsi anche il suo peggior nemico. Quel che è emerso nel corso della settimana ha dell’incredibile.

Il servizio segreto australiano, Australian Security Intelligence Organization (Asio) ha determinato, con un alto grado di confidenza, che le Guardie Rivoluzionarie iraniane abbiano organizzato attacchi alla comunità ebraica australiana, nel bel mezzo delle proteste per Gaza, soprattutto nel periodo del conflitto fra Israele e Hezbollah in Libano (settembre-novembre 2024). Di attacchi ne sono avvenuti tanti. Tra ottobre 2023 e settembre 2024 sono stati registrati circa 2.062 incidenti, rispetto ai 495 dell'anno precedente, secondo i dati dell'Executive Council of Australian Jewry (Ecaj). La maggior parte sono opera di autoctoni. Ma una minoranza di questi incidenti è stata provocata dagli iraniani, usando personale reclutato localmente. Per ora il servizio segreto australiano è riuscito a documentarne due con certezza: l’incendio di un ristorante kosher a Sidney (1 milione di dollari australiani di danni) il 20 ottobre 2024 e l’incendio di una sinagoga di Melbourne, nel dicembre successivo. Ma sono solo la punta di un iceberg, perché l’Iran avrebbe sobillato l’antisemitismo in vari modi, non solo con atti vandalici gravi.

La vicenda ha dell’incredibile, appunto, perché è fin difficile realizzare che l’opera di destabilizzazione dell’Iran arrivi fino all’altro capo del mondo. Ma le Guardie Rivoluzionarie sono effettivamente attive ovunque, dal Sud America all’Australia. Hanno agito, in questo caso, attraverso un emigrato iraniano e altri agenti locali, inconsapevoli del mandante di Teheran. Non è stato facile ricostruire la rete, ma nonostante la tensione fra il governo laburista australiano e l’esecutivo Netanyahu, il Mossad ha collaborato con l’Asio, fornendo informazioni chiave.

Incredibili sono anche i particolari di queste azioni di sabotaggio, a volte maldestre al punto da sembrare uscite direttamente dalla sceneggiatura di un film pulp. Le intercettazioni ci mostrano questo agente locale, un iraniano giunto in Australia come rifugiato nel 2005, che nelle chat segrete di Signal si fa chiamare con lo pseudonimo di “James Bond”, mentre interagisce con due scagnozzi pagati migliaia di dollari per dare alle fiamme il ristorante ebraico kosher Lewis' Continental Kitchen di Sidney. E quelli falliscono miseramente una prima volta, attaccando un bar che non c’entra nulla e facendosi scoprire. Poi il mandante ne recluta altri due che sbagliano anche loro, provando ad appiccare un incendio a un’altra birreria. Infine, solo al terzo tentativo, solo il secondo vandalo della seconda coppia, l’unico rimasto a piede libero, riesce a dar fuoco al ristorante ebraico, provocando danni da un milione di dollari australiani. La seconda vittima, in poco più di un mese, è stata la sinagoga Adass Israel di Melbourne, nel dicembre 2024. Anche in quell’attacco è stata ricostruita con certezza la matrice iraniana. Ma quanti altri degli oltre duemila attacchi antisemiti sono partiti per ordine di Teheran?

L’espulsione dell’ambasciatore iraniano è un fatto storico: per l’Australia si tratta di una prima rottura di relazioni diplomatiche dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Il che permette di comprendere la gravità di quanto è emerso dall’indagine dei servizi segreti. «Si è trattato di atti di aggressione straordinari e pericolosi, orchestrati da una nazione straniera sul suolo australiano – ha dichiarato il premier Albanese - Si è trattato di tentativi di minare la coesione sociale e di seminare discordia nella nostra comunità».

E non si tratterebbe di una novità: la penetrazione degli agenti iraniani in Australia, per provocare incidenti antisemiti, è iniziata da almeno un decennio. Lo si deduce da un’intervista rilasciata in questi giorni dalla politologa australiana Kylie Moore-Gilbert, incarcerata ad Evin (lo stesso in cui era stata internata la giornalista Cecilia Sala) dal 2018 al 2020 con accuse di “spionaggio”. Nell’intervista ha ricordato un interrogatorio durante la quale il suo aguzzino, con in mano l’elenco di tutti gli obiettivi ebraici (sinagoghe, negozi, ristoranti, ecc…) di Melbourne, «Voleva sapere se ne avessi visitato qualcuno e, in tal caso, cosa contenesse». «A quel punto, non avevo più alcun interesse a collaborare con i miei rapitori, che mi avevano condannata a 10 anni di prigione con l’assurda accusa di spionaggio e stavano cercando di ricattarmi per convincermi a lavorare per loro».

Il mese scorso, ben 14 paesi, tra cui Gran Bretagna, Stati Uniti e Francia, hanno condannato quella che hanno definito un’ondata di omicidi, rapimenti e aggressioni da parte dei servizi segreti iraniani.