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L'EDITORIALE

La lezione di Lampedusa

Quanto è avvenuto in questi giorni a Lampedusa dimostra che con l’immigrazione non si può giocare. C’è in ballo la vita e il destino di tantissime persone: gli immigrati stessi, ma anche la popolazione che li accoglie sul proprio territorio.

Editoriali 22_09_2011

Quanto è avvenuto in questi giorni a Lampedusa dimostra che con l’immigrazione non si può giocare. C’è in ballo la vita e il destino di tantissime persone: gli immigrati stessi, ma anche la popolazione che li accoglie sul proprio territorio. Gli scontri di questi giorni, con i lampedusani esasperati che hanno ingaggiato una battaglia urbana con centinaia di tunisini fuori controllo, spiega meglio di qualsiasi discorso cosa può succedere quando il flusso non è regolamentato e le procedure di identificazione non sono rapide quanto dovrebbero.

E va ricordato che la popolazione di Lampedusa solo pochi mesi fa aveva fatto molto per accogliere in modo degno gli immigrati che arrivavano con i barconi da una Tunisia in rivolta. Ma l’incapacità o l’impossibilità di bloccare gli afflussi, unita allo stravolgimento della vita quotidiana – ormai da mesi – della popolazione locale, ha trasformato l’iniziale accoglienza e generosità in un sordo rancore, verso gli “ospiti” ma anche verso le autorità che non risolvono il problema.

Allora va ribadito con chiarezza che il pieno rispetto della dignità umana del migrante non coincide con il “fate entrare tutti”. Così anzi si ottiene l’effetto opposto.
In particolare dobbiamo chiarire ancora una volta che va distinto con nettezza il soccorso - il dovere di proteggere e di salvare una vita umana - dalla concessione del permesso di risiedere nel paese di accoglienza.

Chiunque si trovi in mare, alla deriva, va salvato senza indugi. Ma questo non si può tradurre in un automatico permesso a restare in Italia o nella concessione dell’asilo politico, come qualcuno vorrebbe. Peraltro, per regolare quest’ultimo aspetto ci sono delle normative internazionali cui attenersi. E rimpatriare chi non ha diritto a restare in Italia – come per i tunisini protagonisti della rivolta a Lampedusa - è un atto di giustizia, non una violazione dei diritti umani.
Piuttosto, vista la straordinarietà della situazione è anche fondamentale accelerare le operazioni di screening, di identificazione e di riconoscimento della posizione dei singoli immigrati, per rendere la permanenza in questi centri entro limiti temporali accettabili.