Kiev sempre più in crisi, Mosca rifiuta il negoziato
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Malgrado le smentite di Zelensky e i silenzi dell'Europa, le truppe russe hanno stretto d'assedio Pokrovsk e Kupyansk, roccaforti di Donetsk e Kharkiv, mentre le diserzioni e la fuga dagli arruolamenti stanno svuotando l'esercito ucraino.
Come è già accaduto alla vigilia delle più brucianti sconfitte militari ucraine, da Bakhmut a Ugledar, da Avdiivka a Chasov Yar, le notizie dai campi di battaglia ucraini sono quasi del tutto scomparse dai media italiani e europei. I russi avanzano su tutti i fronti e il tema, spinoso, imbarazza un’Europa rimasta sola a sostenere Kiev (dopo che gli Stati Uniti hanno deciso di limitarsi a venderci armi di loro produzione da fornire agli ucraini); peraltro in modo inadeguato, come confermano i dati del Kiel institute tedesco che certificano un crollo degli aiuti militari all’Ucraina del 57 per cento in estate e del 40 per cento negli ultimi due mesi rispetto allo scorso anno.
Ieri il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha ringraziato il cancelliere tedesco Friedrich Merz per l’arrivo in Ucraina di alcuni missili Patriot forniti da Berlino. Zelensky ha evidenziato su X che «da tempo stavamo preparando questo rafforzamento della nostra difesa aerea» ma si tratta di poche armi, la cui efficacia è stata peraltro smentita dagli ultimi dati.
Un’analisi del giornale statunitense National Interest ha riferito che i missili balistici russi Iskander-M dotati di contromisure elettroniche e capacità di manovra stanno mettendo in seria difficoltà le difese aeree ucraine basate sui sistemi statunitensi Patriot, riducendone drasticamente l'efficacia con abbattimenti scesi dal 34 al 6 per cento dei missili lanciati dai russi.
Gli attacchi "a saturazione" russi con ondate di droni e le nuove capacità dei missili, stanno sovraccaricando le difese ucraine devastando tutto l’apparato energetico (energia elettrica e gas) con l’obiettivo di paralizzare l’industria militare di Kiev, i cui stabilimenti vengono bersagliati ogni notte e colpendo basi e depositi militari oltre a caserme di truppe ucraine e volontari (per i russi “mercenari”) stranieri.
Successi russi bilanciati marginalmente dagli attacchi dei droni di Kiev alle raffinerie russe che vengono ormai protette da batterie antiaeree e dove presto verranno schierati reparti di riservisti dotati di mitragliatrici per abbattere i droni.
Ieri i droni ucraini hanno colpito un molo del terminal petrolifero di Tuapse, nella Russia meridionale, incendiando una petroliera mentre quel 20 per cento della regione di Donetsk ancora in mano agli ucraini è rimasta completamente al buio in seguito agli attacchi russi. Lo ha reso noto il capo dell'amministrazione militare regionale ucraina, Vadym Filashkin affermando che «l'intera regione di Donetsk è senza corrente elettrica».
Come dicevamo in apertura, la situazione al fronte si fa sempre più grave per gli ucraini. L’ordine di resistere ad oltranza nei capisaldi del Donbass sotto assedio ha impedito il ritiro di molte brigate ormai decimate che oggi si trovano circondate di fatto a Pokrovsk e Kupyansk, roccaforti rispettivamente nelle regioni di Donetsk e Kharkiv.
Zelensky nega il disastro incombente, come del resto ha sempre fatto in passato, ed è giunto a negare che a Pokrovsk le sue truppe siano ormai circondate. «Non c'è alcun accerchiamento dei nostri combattenti a Pokrovsk, la situazione è difficile, ma sotto controllo», ha detto Zelensky smentendo le notizie diffuse da Mosca circa l’accerchiamento delle forze ucraine a Pokrovsk e Kupyansk.
Eppure per smentire Zelensky non è necessario neppure utilizzare le mappe militari diffuse dai blogger russi ma bastano quelle dell’Istituto per lo Studio della Guerra (ISW), centro studi statunitense di tendenza neocon e apertamente schierato con l’Ucraina.
La mappa dell’ISW che riportiamo qui a lato parla chiaro. Tutte le forze ucraine schierate nel settore di Pokrovsk-Mirnograd sono bloccate in un “imbuto” con un tratto di meno di due chilometri rimasto aperto ma posto sotto il tiro costante dei droni, dell’artiglieria e delle bombe d’aereo russe.
Anche a Kupyansk la situazione è grave: ieri i russi hanno detto di aver respinto un tentativo ucraino di rompere l’accerchiamento e ormai gran parte della città è in mano ai russi che sono penetrati anche nelle roccaforti di Lyman, Seversk e Kostantinyvka.
Alla carenza di armi e munizioni si aggiunge la crescente penuria di truppe che pone l’esercito ucraino vicino al collasso secondo molti osservatori. La caduta delle roccaforti citate potrebbe infatti determinare un crollo dell’intero fronte, tenuto conto che le diserzioni sono ai massimi livelli dall’inizio della guerra (almeno 290mila) e gli arruolamenti di quanti si nascondono per non venire arruolati sono ormai in gran parte forzati, con gruppi di reclutatori che si aggirano per le città alla ricerca dei renitenti.
Una realtà più volte negata dal governo di Kiev anche se documentata da numerosi video girati da civili che si organizzano per opporsi con la forza ai team di reclutatori, come è accaduto recentemente a Odessa.
Le sempre più precarie condizioni delle forze armate di Kiev spiegano del resto la frenesia con cui l’Europa cerca di imporre ai russi, con ulteriori sanzioni, un cessate il fuoco che blocchi le ostilità sull’attuale linea del fronte. Opzione respinta da Mosca che intende sfruttare l’ampio vantaggio militare di cui gode.
The Economist ha fatto i conti definendo «conveniente» per l’Europa continuare ad armare Kiev fino al 2029 con una spesa stimata in circa 390 miliardi di dollari, quasi il doppio dei 206 miliardi che l'Europa ha fornito dal 2022 a oggi. Il giornale economico si limita a esporre valutazioni finanziarie ma nessuno stanziamento potrà mai coprire la mancanza di truppe addestrate e l’indisponibilità degli ucraini a continuare ad arruolarsi per combattere una guerra che secondo molti osservatori è già da tempo perduta.
Nessuno si illude infatti che gli ucraini possano riconquistare i territori perduti ed è evidente che non potranno nemmeno impedire ai russi di conquistarne altri. Mosca non sembra avere fretta, consapevole che il tempo indebolirà ulteriormente le forze di Kiev e metterà sotto pressione i leader europei e in particolare francesi, tedeschi e britannici, che si ostinano a sostenere la “guerra fino all’ultimo ucraino”.
Dal canto suo il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, ha detto ieri che «un incontro tra Putin e Trump è possibile, ma al momento non ce n'è bisogno», confermando che in assenza di una disponibilità di Kiev ad accettare le condizioni di pace russe, Mosca è determinata a continuare la guerra posticipando anche il dialogo con gli Stati Uniti.

