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COMUNISMO CINESE

Joseph Zen arrestato a Hong Kong, anche la libertà religiosa ha le ore contate

Ad Hong Kong le autorità hanno arrestato il cardinale Joseph Zen. La notizia ha sconvolto la Chiesa, il Vaticano ha espresso preoccupazione per la sorte del vescovo emerito di Hong Kong. Il cardinale, 90 anni da poco compiuti, è stato liberato su cauzione. In ogni caso, resta aperto il procedimento contro di lui. Dopo la libertà politica e quella di espressione, ad Hong Kong, sempre più indistinguibile dal resto della Cina, sta scomparendo anche la libertà di religione. È l’ultima tappa di un percorso già segnato ed accelerato nel 2019.

Libertà religiosa 12_05_2022
Joseph Zen

Ad Hong Kong le autorità hanno arrestato il cardinale Joseph Zen. La notizia ha sconvolto la Chiesa, il Vaticano ha espresso preoccupazione per la sorte del vescovo emerito di Hong Kong. Il cardinale, 90 anni da poco compiuti, è stato liberato su cauzione. In ogni caso, resta aperto il procedimento contro di lui. Dopo la libertà politica e quella di espressione, ad Hong Kong, sempre più indistinguibile dal resto della Cina, sta scomparendo anche la libertà di religione. È l’ultima tappa di un percorso già segnato ed accelerato nel 2019.

Joseph Zen è da sempre la voce critica di Hong Kong sia sull'accordo segreto fra Cina e Vaticano, sia sul regime comunista cinese. Si è esposto in prima persona in difesa dei manifestanti democratici, nel corso della rivoluzione “degli ombrelli” (2014) e poi delle manifestazioni di massa contro la legge sull’estradizione del 2019. Il regime di Pechino lo aveva preso nel mirino, con articoli denigratori sulla stampa ufficiale. L’arresto è motivato dalla presunta violazione della nuova Legge per la sicurezza nazionale, imposta a Hong Kong da Pechino, proprio a seguito delle manifestazioni del 2019. L’accusa rivolta a Joseph Zen è quella di sospetta collusione con “forze straniere”: era uno dei cinque amministratori del Fondo 612, con cui erano stati aiutati i manifestanti democratici nel pagamento delle spese legali o sanitarie che dovevano affrontare. Con Zen sono stati fermati dalla polizia due altri amministratori: la cantante Denise Ho Wan-sze, e l’ex parlamentare dell’opposizione Margaret Ng Ngoi-yee. Il giorno prima si era proceduto all’arresto di un quarto amministratore, il professor Hui Po Keung, fermato all’aeroporto internazionale mentre stava per imbarcarsi su un volo diretto in Germania

“La Santa Sede ha appreso con preoccupazione la notizia dell’arresto del Cardinale Zen e segue con estrema attenzione l’evolversi della situazione”, è il comunicato scritto rilasciato da Matteo Bruni, direttore della Stampa della Santa Sede. Anche gli Stati Uniti hanno espresso la loro protesta, nel giorno dell'arresto, chiedendo il rilascio di "coloro che sono stati arrestati e accusati, ingiustamente, come il cardinale Joseph Zen".

L’arresto e la successiva liberazione su cauzione del cardinal Zen, segna l’inizio del “regno” di John Lee, nuovo capo dell’esecutivo di Hong Kong, insediatosi da appena due giorni. Nel 2019 era a capo della polizia ed ha gestito direttamente la repressione delle manifestazioni di piazza. Ha anche supervisionato l’imposizione della nuova Legge per la sicurezza nazionale. John Lee e funzionari fedeli a Pechino come lui, erano esattamente il motivo per cui buona parte della popolazione di Hong Kong era scesa in piazza per protesta.

Lo spiegava proprio il cardinale Zen, nell’intervista che aveva rilasciato alla Nuova Bussola Quotidiana nel 2020: «I comunisti non capiscono cosa è una società libera e non possono tollerare che Hong Kong sia autonoma. Dovevamo essere autonomi per 50 anni, ma non siamo neppure a metà del percorso che ci hanno già tolto tutto. Con la nuova Legge sulla sicurezza nazionale, se ci arrestano possiamo essere privati dell’assistenza di un avvocato, non è permesso che i parenti vengano a trovarci in carcere, possiamo essere deportati in Cina e sparire. Esortiamo tutti ad essere prudenti e a non fornire pretesti, ma qualunque parola può essere usata contro di noi. La cosa più dolorosa è vedere tanta gente, soprattutto i giovani, che non può trattenersi più, vede che ci stanno togliendo tutto e non pensa più alla propria incolumità, al proprio futuro. E incontra la brutalità della polizia».

L’elezione di John Lee, domenica, è stata praticamente una cooptazione in cui il voto si è ridotto a un rito formale. È stato infatti scelto dal voto di un comitato di 1500 membri, accuratamente selezionati in base al loro “patriottismo”. Hong Kong non è mai stata democratica, né quando era una colonia britannica, né dopo la sua restituzione alla Cina nel 1997. Ma il percorso che stava intraprendendo verso una maggiore libertà, è stato interrotto. Ora il sistema della città autonoma è ancor più oligarchico e, quel che conta: direttamente controllato dal Partito Comunista Cinese.

Se la riforma elettorale voluta da Pechino è la dimostrazione che nell’enclave di Hong Kong non ci sono più speranze per la libertà politica, la precedente imposizione della Legge per la sicurezza nazionale ha invece segnato la fine del sistema giudiziario indipendente, con le sue garanzie e il rispetto dell’habeas corpus derivati dalla tradizione britannica. Ora i reati puniti dalla nuova legge sono definiti in modo talmente ideologico (secessione, sovversione, sabotaggio…) ed arbitrario, da segnare, di fatto, la fine dell’equo processo. La libertà di espressione ha subito un durissimo colpo con l’arresto dell’imprenditore ed editore cattolico Jimmy Lai e la chiusura di Apple Daily, punto di riferimento dell’opposizione democratica al comunismo. L’arresto di Zen è il chiaro segnale che anche la libertà di religione ha le ore contate.

«Noi abbiamo la dottrina sociale della Chiesa, per fortuna, che ci dice di essere buoni cittadini, ma sulla base della giustizia e dell’amore – dichiarava il porporato alla Nuova Bussola Quotidiana quando esprimeva i timori di una nuova Tienanmen, in occasione del 31mo anniversario della strage - Allora di fronte a questa situazione orribile ed apocalittica, alla vigilia quasi di un’altra Tienanmen, cosa possiamo fare? Noi ci fidiamo della bontà di Dio, noi ci mettiamo nelle sue mani, avendo il coraggio di difendere la verità e la giustizia, pregando anche per quelli che ci fanno soffrire, perché si convertano, perché capiscano che fare la giustizia e il bene è a vantaggio di tutti. Abbiamo solo questo da scegliere. Confidiamo anche nell’aiuto della Madonna Ausiliatrice».